FILM DA RIVEDERE/ 4. Dal “fumettoso” The avengers all’animato Pirati! Briganti da strapazzo

- Antonio Autieri

Si conclude la carrellata di ANTONIO AUTIERI sui migliori film della stagione appena conclusa, che val la pena di rivedere. Alcuni anche nel corso del Meeting di Rimini di quest'anno

Pirati_Briganti_StrapazzoR439 Una scena di Pirati! Briganti da strapazzo

Continua la nostra carrellata tra i migliori film della stagione appena conclusa. Da recuperare nelle rassegne e arene, in dvd, nei cineforum in autunno. In questa quarta puntata vi proponiamo gli ultimi dieci film consigliati. Ripartiamo da due buone commedie italiane. Con Posti in piedi in Paradiso Carlo Verdone si era posto l’ambiziosa sfida di divertire parlando di uomini in crisi (economica e non): i tre protagonisti – Verdone stesso insieme al misurato Pierfrancesco Favino e allo scatenato Marco Giallini – sono tre uomini separati che non riescono a sopravvivere tra spese per alimenti alle ex mogli e ai figli e costi della vita; per questo si adattano, da perfetti sconosciuti, a vivere insieme per dividersi l’affitto. Sarà un disastro… E quando irrompe una dottoressa carina ma sciroccata (una perfetta Micaela Ramazzotti) le cose si ingarbugliano ancor di più. I bicchieri di Verdone sono sempre mezzi pieni: ma – come nel precedente Io, loro e Lara – pur tra vari difetti (per esempio, un finale bello ma un po’ tirato via) si ride e ci si intenerisce sui figli che aiutano i padri a non soccombere. Ma il meglio è un gruppo di attori ben affiatato e ben diretto. Anche se dopo tanti anni di carriera sarebbe lecito aspettarsi dall’attore e regista romano la commedia perfetta che forse non ci sarà mai.

Al contrario, all’esordio Alessandro Genovesi – che viene dal teatro e che firmò la sceneggiatura di Happy Family di Gabriele Salvatores – confeziona con La peggior settimana della mia vita, una commedia più rifinita, con gag puntuali a ripetizioni e un cast corale di altissimo livello: Fabio De Luigi, Cristiana Capotondi, Alessandro Siani, Antonio Catania (il migliore), Monica Guerritore e altri di contorno. La storia è ripresa da una fortunata serie tv britannica, e l’umorismo è davvero di derivazione inglese: una coppia affronta i preparativi del matrimonio, ma in quella lunga settimana ne succedono di tutti i colori, per la goffaggine dello sposo che sconta oltretutto l’astio dei futuri suoceri. Risate assicurate, di quelle che non fanno vergognare come per troppi film comici, e una professionalità superiore alla media per il cinema italiano. A fine novembre arriva il sequel (Il peggior Natale della mia vita): speriamo bene.

Se si parla di professionalità non si può che tornare a Hollywood. Il quarto episodio di una serie un po’ acciaccata, Mission impossible: Protocollo fantasma, faceva temere: possibile che le gesta di Ethan Hunt interessassero ancora? Oltretutto Tom Cruise ha un’immagine parecchio appannata, tra ruolo di primo piano in Scientology, amori finiti male e flop inaspettati. Eppure azione, ritmo, interpreti, regia (Brad Bird, proveniente dall’animazione Pixar: sono suoi Gli incredibili e Ratatouille) e anche storia funzionano a dovere; e il pubblico ha abbastanza apprezzato. A Cruise si affiancano l’energico Jeremy Renner e l’attore brillante Simon Pegg, la squadra è credibile nel suo insieme, la tensione non manca mai e alcune sequenze – su tutte quella del grattacielo – sono davvero mozzafiato; certo, soprattutto al cinema. Rivederlo in tv non farà lo stesso effetto.

Altrettanto spettacolare, ma con un successo nettamente superiore è risultato The Avengers di Joss Whedon. Il film sui supereroi della Marvel (che lo ha prodotto) uniti per combattere il terribile Loki è stato uno dei più trionfali della stagione: tanta azione, ma anche umorismo e personaggi ben caratterizzati, a cominciare da Iron Man – l’eroe meno noto in Italia, ma reso popolare dai due film precedenti su di lui e dalla caratterizzazione di Robert Downey Jr. – e da Hulk, finalmente reso al meglio da Mark Ruffalo che ha cancellato le prove non del tutto convincenti di Eric Bana e Edward Norton. Ma molto bene anche Samuel L. Jackson alias Nick Fury, la coppia di eroi tormentanti formata da Scarlett Johannsson e Jeremy Renner (la Vedova nera e Occhio di Falco), mentre Chris Evans/Capitan America e Chris Hemsworth/Thor ci lasciano sempre un po’ perplessi. Ma l’insieme è di alto livello: tra i “film-fumetto” è senz’altro di serie A.

Restiamo negli Stati Uniti, ma cambiamo genere. Di The Help si diceva un anno fa che avrebbe sbancato gli Oscar, dopo un successo estivo a sorpresa negli Usa. Profezia che non si è realizzata, anche se la storia tutta al femminile nell’America profonda degli anni ’50 sembrava ideale per le preziose statuette (ma non si prevedeva il fenomeno The Artist): si parla di razzismo, con donne nere che fanno le cameriere al servizio di donne bianche snob; ma una giovane (l’emergente Emma Stone) romperà il muro dei segreti e delle umiliazioni regalando con un libro un’occasione di riscatto a donne che avevano perso ogni speranza. La storia non è originalissima e, fuori dal contesto americano che ha vissuto con intensità quei drammi, dice forse poco; non c’è molto genio cinematografico a sostenere l’opera dell’esordiente Tate Taylor (più attivo come attore, in ruoli secondari), ma il film si fa apprezzare per un gruppo di attrici strepitose: oltre alle nere Octavia Spencer (che ha vinto l’Oscar come non protagonista) e Viola Davis, sono da ricordare la sempre brava Jessica Chastain (apprezzata in The Tree of Life) e la sua quasi sosia Bryce Dallas Howard, mai così brava nei panni della razzista più detestabile.

Di taglio produttivo più piccolo, quasi un incrocio tra Hollywood e il cinema americano più indipendente, è invece 50 e 50 di Jonathan Levine, storia vera dello sceneggiatore del film Will Reiser: un giovane (il bravo Joseph Gordon-Levitt, apprezzato in 500 giorni insieme) scopre una rara forma di tumore che gli lascia solo il 50% delle possibilità di sopravvivere. Mentre iniziano le pesanti cure, cambiano priorità e rapporti: la fidanzata non regge, l’amico sempre sopra le righe (che sembra un imbecille insensibile) non lo molla mai, la madre soffre e il padre con l’Alzheimer forse anche lui a modo suo, la giovane psicologa diventa una presenza importante. Quel che colpisce nel film, soprattutto, è la scelta di non trasformare la vicenda nel solito film sulla malattia, strappalacrime e ricattatorio. Ma di far entrare la vita vera, con un sorprendente mix di dramma e commedia, e perfino con molti momenti comici soprattutto grazie all’amico grossolano (non a caso interpretato dal comico Seth Rogen, che ha prodotto il film e che ha vissuto anche lui quella storia: fu davvero il miglior amico del malato). In questo modo ci si commuove davvero, nei momenti giusti, senza sentirsi portati a farlo da un mano scaltra ed esperta, ma da chi vuole raccontare con sincerità una storia. Da riscoprire.

Si passa in Gran Bretagna con La talpa, nuova versione del romanzo di John Le Carrè (già portato in tv negli anni ’70 grazie a un celebre sceneggiato della BBC). Una spy story classica, ma con tratti di modernità nella narrazione del regista svedese Tomas Alfredson. Siamo negli anni della guerra fredda, con i servizi segreti britannici in guerra con i “rossi” sovietici, ma anche aspramente rivali degli amici “americani”. Il KGB ha infiltrato una talpa nel servizio di sua Maestà la Regina: al tranquillo George Smiley, ormai in pensione, è richiesto di scoprire chi passa informazioni preziose ai nemici, che costano sconfitte e vite umane. Complesso ma avvincente, duro ma anche romantico nell’indagare debolezze e sofferenze umane, La talpa è un grande film che si avvale di un cast strepitoso: al protagonista Gary Oldman, che dopo una carriera da “cattivo” sopra le righe dà il suo meglio in una parte volutamente sottotono (ma quanto dolore per i tradimenti subiti…), si accompagnano Colin Firth, Mark String, John Hurt, Toby Jones, Ciaran Hinds, Tom Hardy e tanti altri. Giganti che meriterebbero da soli la visione. Ma tutto il film vale e nasconde preziosi tesori di indagine sull’umano a chi saprà stare al gioco. Per chi ama il genere “spy”, poi, è addirittura imperdibile.

Concludiamo questa carrellata con tre film di animazione. Il più “vecchio” è Kung fu Panda 2, uscito in Italia esattamente un anno fa (fine agosto 2011). Dopo il fortunato primo episodio, il panda Po è ormai sicuro dei suoi poteri. Ma ha ancora da imparare dal Mastro Shifu, quella “pace interiore” che gli sembra incomprensibile. Soprattutto, scopre le sue origini di trovatello: e scoprire “chi è veramente” sembra difficile quasi quanto sconfiggere il perfido pavone Lord Shen che, grazie alla polvere da sparo, vuole conquistare l’intera Cina… Per Po e i suoi amici, i fidati Cinque Cicloni Tigre, Vipera, Scimmia, Gru e Mantide, sembra certa la sconfitta. Mentre Lord Shen sembra anche a conoscenza della sorte dei genitori naturali di Po… Se nel primo film il tema era il talento nascosto in un personaggio insospettabile e il rapporto originale col maestro (che a sua volta doveva vincere i suoi pregiudizi), stavolta si parla di responsabilità, amicizia (che bello il rapporto tra Po e la Tigre), ma soprattutto di adozione, abbandono, identità, paternità; e in un modo molto più bello e sincero che nel mediocre e confuso Il gatto con gli stivali. Quel che era accettato senza discussioni – il Panda figlio di un’oca… – stavolta apre al mistero doloroso che sta all’inizio della vita di Po: i suoi genitori lo hanno abbandonato? Da qui la domanda: chi sono veramente? L’azione, davvero vorticosa, a volte può risultare un po’ eccessiva (soprattutto per gli spettatori più piccoli), ma stavolta le gag sono ancora più abbondanti e irresistibili. E il finale è proprio commovente, per grandi e per bambini.

Ritmo vorticoso anche in Le avventure di Tin Tin di Steven Spielberg, ma qui l’animazione è molto particolare (e può anche spiazzare), essendo la trasformazione con la tecnica del motion capture delle azioni di attori in carne e ossa. Con un’operazione affascinante che coniuga passato e presente, Spielberg porta sul grande schermo il ragazzino protagonista dei fumetti del belga Hergé guardando un po’ anche al suo Indiana Jones. Eroismi, scenari esotici, ritmo frenetico, caratteristi memorabili (gli agenti Dupont e Dupont, il simpatico capitano Haddock) per un classico film d’azione e di avventura, ideale per ragazzi: un target di pubblico sempre meno curato dal cinema (che errore!). per chi lo avesse perso: sarà in programma mercoledì 22 agosto al Meeting di Rimini.

Infine, Pirati! Briganti da strapazzo, film della britannica Aardman Animation diretto da Peter Lord e Jeff Newitt. Il goffo Capitan Pirata cerca inutilmente di vincere il premio di pirata dell’anno, ma i rivali sono molto più attrezzati di lui. Solo la sua ciurma, affezionata e disordinata, crede in lui e lo spinge e recuperare autostima. Avventure e disavventure in serie, incontri curiosi (un improbabile e divertente Charles Darwin, una Regina Vittoria sanguinaria a caccia di pirati), umorismo dissacrante, ma mai volgare, tanti colpi di scena e una comicità in alcuni momenti trascinante: anche questo in programma nella rassegna cinematografica del Meeting di Rimini, venerdì 24 agosto, Pirati – Briganti da strapazzo è un film di animazione che possono apprezzare anche i bambini piccoli (cosa non scontata, di questi tempi…) e adatto a tutta la famiglia. Una storia molto positiva, che esalta l’avventura come chiave per la scoperta di sé, del proprio valore, ma che soprattutto sottolinea che la vera ricchezza è avere una “ciurma” di amici capaci di accettarti per come sei. E che tenendo conto dei tuoi limiti, ti spingono alla conquista del mondo.

 

(4 – fine)





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