PRIMAVERA/ Il calcio in Italia non è uno sport per vecchi. Oppure no?

- La Redazione

FRANCESCO DAVIDE ZAZA ci parla della riforma sportiva che sta per produrre un vero e proprio cambiamento all’interno del nostro sistema calcistico. Una vera rivoluzione spesso ignorata

Rubin_R400-1 Gianluca Rubin, capitano della Juventus (Infophoto)

Non è passata nemmeno una settimana dalla vittoria, in finale contro la Roma di Alberto De Rossi, della giovane Juventus di Marco Baroni, eppure nuovamente si sta scadendo nei soliti commenti accusatori, battaglieri, ma (ahimè) mai realisti e tanto meno costruttivi. In questi giorni, infatti, facendo zapping tra le varie trasmissioni sportive o navigando sui vari blog dedicati al “mondo del pallone”, mi sono sorpreso (a dir la verità non più di tanto) di come il solito motivetto ritorni ad echeggiare: “Bisogna puntare sui giovani!”,“Il problema italiano sono le strutture!” o meglio ancora : “Beati quei ragazzi ancora giovani che si divertono. Non sanno cosa gli aspetta  una volta cresciuti”. Insomma, un sentimentalismo e un ripetersi di commenti che va avanti da troppo tempo, peggio ancora se nel frattempo viene  ignorata una riforma sportiva che sta per produrre un vero e proprio cambiamento all’interno del nostro sistema calcistico.
Infatti, dalla prossima stagione, 2012-13, tutte le società di Lega Pro (la ex serie C) godranno di contributi in caso di ingaggio (anche in prestito) di giocatori provenienti dalla rosa Primavera di una squadra di serie A o B. In sintesi è questo ciò che ha prodotto la giurisprudenza sportiva cercando di andare incontro alle esigenze dei club più importanti d’Italia, ai giovani sempre più desiderosi di impattarsi con il calcio d’alto livello e alle società semi-professionistiche, le quali in periodo di crisi hanno bisogno più di chiunque altro di nuova liquidità in cassa per continuare la propria attività.
Le possibili conseguenze di questo “nuovo percorso” dei giovani talenti del calcio italiano possono essere varie: ad esempio, considerato il periodo di crisi attuale, ben presto i campionati di Lega Pro diventeranno i palcoscenici dove sempre più numerosi ragazzi “dovranno farsi le ossa” prima di ritornare nel club di proprietà. In questa fase, inoltre, per i giovani sarà una vera e propria prova del nove: per circa un paio di anni (nel la prossima stagione toccherà  ai ragazzi del ’91 e del ’92) gli under 21 saranno numerosi nella terza serie, così da impattarsi con nuovi ritmi e pressioni, che alla fine del percorso registreranno il valore dei diversi ragazzi. La Pro di fatto si trasformerà in una lega di passaggio e i vari calciatori semi-professionisti, che finora hanno affollato le diverse piazze della vecchia serie C, saranno dimezzati. In molti finiranno nella leghe dilettanti. Un altro beneficio va di certo ritrovato nella gestione del suddetto patrimonio da parte delle squadre di serie A e B. 

Attualmente queste si trovano di fronte ad una complessa politica di rinvigorimento della prima squadra. Basti pensare a quanto sia difficile ammirare l’affermazione di un giovane del vivaio nel proprio team. Sempre più facile è invece ritrovare sparsi per le più sperdute città italiane ragazzi in cerca di “esperienza”, presto interrotta da società poco pazienti.
Seguendo questa svolta, le società maggiori sono incoraggiate nel “vincolare” i propri gioiellini con contratti modesti (basterebbero 3 anni), così da valutare in tutta calma le loro prospettive. Una conseguenza a catena di tutto questo potrebbe essere anche la preoccupazione nel filtrare al meglio le nuove leve da parte dei club e migliorare di gran lunga il livello di tutto il sistema.
Il modello che si delinea nei prossimi anni potrebbe tranquillamente vincere su quello spagnolo: con le varie squadre riserve (Barcelona B per il Barca e Castilla per il Real) inserite nei campionati inferiori, ma senza lo stimolo dei punti in classifica.
Ci sono, dunque, tutti i presupposti per l’avvio dalla prossima stagione di un’autentica “rivoluzione silenziosa” del calcio all’italiana.
Concludo con due brevi riflessioni: innanzitutto la mia speranza è di non aver “gettato il cuore al di là dell’ostacolo” e ritrovarmi tra qualche anno a rileggere quest’articolo e accorgermi di quanto mi ero illuso.
Sulle ali dell’ottimismo riporto una citazione di Rostand, che auspico diventi propria del nostro calcio: “Bisogna credere alla luce nonostante la notte. Bisogna forzare l’aurora a nascere, credendoci”.

(Francesco Davide Zaza)





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