GIORNALI/ Perché dà così fastidio una Compagnia di opere e di fede?
Il sociologo Salvatore Abbruzzese affronta il tema controverso del rapporto tra fede e opere nelle realtà di imprese, cooperative e associazioni che attraverso la Compagnia delle Opere rinviano all’esperienza di Cl. Un ambito da sempre sotto il fuoco di inchieste e polemiche 02 novembre 2009 Salvatore Abbruzzese(Foto)
La critica che a volte ci capita di leggere o di ascoltare alla rete di imprese, cooperative e associazioni che, attraverso la Compagnia delle Opere rinviano all’esperienza di Comunione e Liberazione riapre vecchie analisi, che, ragionando in termini di sistema, non riescono a riconoscere la rete estesa di potenzialità e di risorse che sono reperibili nella società civile, ogni qual volta che questa si imbatte in una proposta che i soggetti percepiscono adeguata alle domande ed ai desideri che si portano dentro.
Non sono al corrente della precisa galassia di opere e di imprese di cui si va raccontando. Non ho tuttavia nessuna difficoltà a prendere per buone tutte le informazioni diffuse e quindi a concludere che la “galassia Cl” - come del resto si deduce anche da una rapida navigazione sul sito della CdO - sia effettivamente una gran rete di imprese, cooperative, associazioni. Non faccio fatica a credere che molti dei responsabili di queste imprese - come spesso avviene per tutti coloro che hanno studiato in Bocconi - abbiano interessi consistenti anche in altre aziende. E non esito a concludere che sì, certamente, un simile livello di impegno, confortato da alti standard di qualità e di esperienza personale, intrecciati con la tradizione produttiva e la capacità imprenditoriale della regione più sviluppata d’Italia, possano aver maturato, dopo trent’anni di attività, reti e incroci, impegni e, in qualche caso, successi ragguardevoli, stupefacenti.
La rete estesa di attività e la sua capacità di svilupparsi non possono che stupire. Ma la domanda corretta non è di tipo giornalistico (chi la finanzia?) ma di tipo sociologico: quale principio e quale prassi la tiene in piedi, favorendone addirittura la crescita? Cosa permette di costruire una rete così vasta di attività e di iniziative tali da lasciare in penombra il ricordo del cospicuo potere della tradizionale Dc, i cui affluenti economici erano ben noti, ma la cui natura era radicalmente diversa?
L’idea che a tenere in piedi tutto questo sia opera di individui interessati solo al denaro e al potere e che per questo strumentalizzano persone o gruppi è scopertamente riduttiva e spesso c'è qualche commentatore che preferisce la scorciatoia della deriva della ragione e dell’abdicazione collettiva al senso critico, all’analisi di una realtà di mobilitazione del tessuto religioso cattolico intorno ad una proposta di mobilitazione che vuole in qualche modo verificarsi a tutti i livelli della vita sociale e non tollera quindi aree alle quali le sia negato l’accesso.
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Ciò di cui "La compagnia delle opere" viene da più parti "attaccata" è che lavora, "sta", favorisce i "suoi"....questo è vero, ma è chiaro come la luce del sole, tanto che noi tutti lo possiamo vedere e "sperimentare". "Anche rete in opera", fa lo stesso...ma non si vede. A quando, per la Fede, rischiare per e nella Chiesa, perchè con prudenza, intelligenza, "tutti possano esserci"? Maria Rita Polita
Ci hanno insegnato (senza neanche sapere che ce lo stavano insegnando) che quando non sai spiegarti qualcosa di bello e funzionale l'unica soluzione è dubitare. Sempre. Perchè ormai la società è ben consapevole che certe cose sono impossibili. L'aspetto tragico è che questo, anziché generare domande, diffonde diffidenza. Questo metodo non ci permette di conoscere le cose. E quindi di crescere. Il dubbio allontana l'uomo dalla verità. Solo il realismo, lo stare alle cose come stanno ci fa crescere. Perchè la verità è qualcosa che accade davanti agli occhi di chi cerca (e non dubita).