YARA GAMBIRASIO / Il parroco di Brembate di Sopra: sconcertato da certi giornalisti

- La Redazione

Don Corinno scrive una lettera all’Eco di Bergamo: anche in Malawi hanno pregato per Yara

Yara_maglia_italiaR400 Yara Gambirasio (Foto Ansa)

“Caro direttore, sono il parroco di Brembate di Sopra. Non sono fatto per scrivere. Tutt’al più lo faccio per il bollettino parrocchiale della mia parrocchia…”.

Così inizia la lettera che Don Corinno Scotti, parroco di Brembate di Sopra – il paese dove da quasi due settimane è scomparsa la piccola Yara Gambirasio – ha inviato alla redazione dell’Eco di Bergamo ieri e che oggi è pubblicata sulle pagine del quotidiano diretto da Ettore Ongis.

Il prete esprime “sconcerto per il comportamento di certi giornalisti, soprattutto della televisione”. Banali, stupidi. “C’è stato un giorno di settimana scorsa in cui c’erano giornalisti di cinque canali tv nei dintorni della chiesa e facevano domande, a dir poco, insulse”.

L’invadenza dei media è quasi insopportabile. “Il fatto che giorno e notte, nella strada a fondo chiuso dove abitano i genitori di Yara, sia necessario che una pattuglia della polizia locale stia di guardia per preservare l’intimità della famiglia, la dice lunga. E non per tenere lontano i curiosi, ma le telecamere e i giornalisti”.

Pensare che, riferisce don Corinno, i genitori di Yara sono gente semplice, che lascia la porta di casa sempre aperta. E che a Brembate non ci sono curiosi, ma amici pronti a far sentire la loro solidarietà alla famiglia della 13enne scomparsa nel nulla.

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“Chi va in quella casa entra con l’angoscia, preoccupato di quanto debba dire loro, e ne esce rasserenato. Proprio così. Papà Fulvio non parla di Yara per non mettere a disagio nessuno. Ed è commovente sapere che la mamma due volte al giorno porta un thermos di caffè ai vigili che stazionano davanti alla casa”.

 

Per fortuna non tutti i giornalisti sono così però. Il parroco di Brembate ci racconta un aneddoto. “Settimana scorsa alla messa delle diciotto c’era una signora. Dopo la funzione chiede di parlarmi: ‘Sono una giornalista della RAI’. Mi sono irrigidito e le ho risposto che non volevo dire niente. Lei è scoppiata in lacrime: ‘No, non voglio sapere nulla. Solo mi lasci piangere’. E per tre quarti d’ora ho ascoltato i drammi che ogni giorno deve conoscere e la sua sofferenza per Yara. Abbiamo pregato e pianto insieme”.

 

Il dramma di Yara è una dura prova anche per chi ha una fede incrollabile in Dio. “Io ho anche rinfacciato al Signore il suo silenzio: ‘Se non ascolti noi, che pure siamo tuoi figli, ascolta almeno le preghiere dei bambini, del vescovo, delle suore di clausura, delle mamme di Brembate Sopra’”.

 

Ma, alla fine, è proprio nella preghiera che dobbiamo ostinarci a invocare l’aiuto divino. “In Malawi, dove c’è una suora nostra compaesana, centinaia di bambini hanno pregato per Yara”. Un’immagine bella in una brutta, bruttissima storia.







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