INCHIESTA PADOVA/ Svolta nel processo: non ci sono stati corsi fantasma. Parola del Pm

- La Redazione

Clamorosa svolta nel processo in corso a Padova: cade l’accusa che per anni ha infangato gli imprenditori della Compagnia delle Opere tra cui Graziano Debellini

debelliniR400 Graziano Debellini

Si è svolta ieri a Padova la quarta udienza del processo che vede sul banco degli imputati Graziano Debellini e alcune società legate alla Compagnia delle Opere accusate di aver organizzato dei “corsi truffa” con fondi dell’Unione Europea e di aver “gonfiato” la rendicontazione delle spese sostenute. Siamo ancora nella fase preliminare, le udienze del 5 e 15 dicembre sono durate pochi minuti – andando così a vuoto – a causa di irregolarità nelle notifiche da parte del Tribunale alle parti civili, ma ieri per gli avvocati della difesa è entrato in scena il Prof. Mario Bertolissi, ordinario di Diritto Costituzionale presso l’Università di Padova, che in una lunga e articolata arringa, ha smontato l’impianto processuale prima ancora che si entri nella fase dibattimentale.

«Qui nessuno ha mai contestato che i corsi siano stati fatti – ha attaccato l’Avvocato Bertolissi – stiamo parlando di corsi regolarmente svolti, di docenti, di aule, di gente che ha trovato lavoro, di corsi portati a buon fine, di follow up egregi e completi che la Regione Veneto ha sempre controllato». E su questo anche il pm Vartan Giacomelli nella sua replica ha concordato riconoscendo che «i corsi sono stati fatti e che non ho mai parlato di corsi fantasma», chiarendo anzi come la Cooperativa Dieffe sia «realtà a tutti nota sul territorio per il lavoro che svolge».

Il Professore padovano ha demolito i capi d’imputazione rimarcando come le uniche questioni in discussione siano la “delega” e i “costi indiretti”. «La cooperativa sociale Dieffe – ha evidenziato – è un’agenzia formativa accreditata a tutti i livelli che eroga migliaia di ore di formazione avvalendosi della collaborazione e della consulenza di centinaia di docenti e manager esterni. Nel tempo si è dotata quindi di un’organizzazione con una struttura necessariamente articolata. I testi di riferimento a livello comunitario e italiano in merito ai Corsi del Fondo Sociale Europeo (Reg. 1685 del 2000 e Vademecum) contemplano la possibilità per gli enti di effettuare una rendicontazione in cui siano evidenziati costi diretti e costi indiretti, dove per costi indiretti si intendono appunto quelle voci riferibili a costi spalmabili in cui si fanno rientrare le spese per organizzazione, consulenze, ecc.».

«Il problema riguarda quindi la struttura dei costi, così come avviene con i costi forfettari – ha fatto intendere Bertolissi – si decide un certo rimborso chilometrico, poi se uno fa un certo percorso con una utilitaria risparmiando o con una Ferrari è un’altra questione. Come fa e come faceva Dieffe – si è chiesto – ad avere in casa le competenze per costruire corsi che spaziano dall’ambiente alla cucina, dal turismo alla contabilità? È a tutti chiaro che bisogna avvalersi di professionalità esterne che non solo devono insegnare ai corsi, ma che soprattutto devono costruire i progetti di formazione prima ancora che siano finanziati. È qui allora che si pone il problema della delega e che l’indagine ha scavalcato andando a chiedere – si badi bene – solo ad alcuni “con chi avevano rapporti per lo svolgimento dei corsi”. E con chi dovevano averlo se non con le persone indicate da Dieffe? Forse con le società che avevano aiutato a costruire e strutturare i corsi stessi?».

Più nel merito del quadro legislativo di riferimento circa l’erogazione dei fondi europei destinati alla formazione professionale è poi intervenuta l’Avvocato Francesca Mazzonetto che ha spiegato i criteri e le modalità con cui si possono costruire le rendicontazioni, evidenziando gli errori di un’indagine «sballata» – ha detto in arringa – chiedendo poi l’assoluzione perché il fatto non sussiste.

«Vogliamo che il processo si svolga in un clima sereno – ha spiegato ancora Bertolissi ai giornalisti al termine dell’udienza – abbiamo la risposta per ogni domanda e per questo attendiamo il contraddittorio. Ma dev’essere molto chiaro che si è trattato di un’indagine sbagliata perché alle persone sono state poste domande sbagliate».

Il processo riprenderà davanti al Giudice De Nardus il 9 febbraio 2012.

 

(Nello Bologna)





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