IL CASO/ 1. Quel “cattivo” diritto della Cassazione che fa torto a genitori e figli

- Luisa Santolini

La sentenza della Cassazione sull’adozione da parte dei single, avverte LUISA SANTOLINI, dimentica la centralità del bambino, promuove un falso diritto e vuol dettar legge al legislatore

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Dire che la sentenza della Cassazione sull’adozione da parte dei single lascia sconcertati, è dire poco. Vediamo perché.
Mettiamo subito in chiaro la questione che più interessa e che è centrale nel dibattito in questione: non esiste il diritto alla maternità (o alla paternità che dir si voglia). Esistono i diritti della maternità, troppo spesso disattesi o ignorati, ma non si ha diritto ad un figlio, nè tanto meno ad un figlio sano (altra questione che non riguarda questo caso  ma che torna alla ribalta molto spesso).

Quando era in discussione la Legge 149 del Marzo 2001, giusto 10 anni fa, la maggiore fatica che abbiamo fatto allora  è stata quella di convincere i parlamentari che una Legge sulle adozioni mai e poi mai avrebbe dovuto essere adultocentrica, ma doveva essere pensata solo per il bene dei minori e per garantire loro un padre e  una madre. In altre parole sono i bambini che hanno diritto ad una famiglia e non gli adulti che hanno diritto ad un figlio per soddisfare i loro bisogni o i loro desideri. La Legge sulle adozioni accolse la logica di mettere al centro i minori e fu una Legge salutata da maggioranza ed opposizione con molta soddisfazione. Ora si vuole mettere in discussione la sua ratio di fondo, tornando a logiche che certo non  si pongono dalla parte dei minori.

Inoltre diciamo chiaramente che  i minori non solo hanno diritto ad una famiglia e non viceversa, ma hanno diritto alle due figure materna e paterna, che garantiscono  uno sviluppo equilibrato e sereno proprio per la possibilità offerta loro di confrontarsi con persone profondamente diverse ma complementari. Stuoli di esperti, psicologi, giuristi, sociologi ci hanno spiegato quanto sia importante questo aspetto nelle adozioni e non vale l’obiezione che ci sono bimbi orfani o figli di genitori separati che vivono benissimo. Un conto è fare i conti con un evento negativo non previsto o non voluto e un conto è prevedere per legge una situazione non certo ottimale per i bambini che hanno diritto a tutte le nostre attenzioni e premure. Nei casi di una figura genitoriale assente, questa può essere sempre richiamata e ricordata (nel bene e nel male) mentre è devastante partire dall’ idea che l’altro o l’altra non ci saranno mai perché espunti d’autorità dall’orizzonte del bambino. La logica del male minore non può e non deve essere la guida del legislatore quando si parla di figli e su questo non si possono fare cedimenti.

E veniamo ad altri due aspetti che mi sembrano importanti: come fa la Cassazione ad affermare che “i tempi sono maturi” per avviare una modifica della legge sulle adozioni? La natura umana, piaccia o non piaccia, è quello che è e non va secondo le mode o gli auspici dei nostri magistrati; essa non è un fatto culturale che varia nel tempo e se questo può valere per altri aspetti della nostra vita, soprattutto se si tratta di migliorare il rispetto e la dignità della persona umana, non vale certo per il diritto naturale ad una famiglia che resta invariato e non ha alcun bisogno di aspettare tempi nuovi e più propizi.

Quando ero giovane e studiavo a scuola l’ordinamento dello Stato e la Costituzione, mi hanno insegnato che in Italia il potere legislativo, esecutivo e giudiziario sono ben distinti e indipendenti; il primo fa le leggi, il secondo le applica, il terzo le fa rispettare. Da qualche tempo l’attività giudiziaria tende a far modificare le leggi, tende a interpretarle con sentenze creative che fanno discutere e dividono l’opinione pubblica, tende a forzare la mano ai legislatori per fare strada ad una certa mentalità liberista e ad una visione della società in cui conta solo l’individuo nella sua solitudine e nella sua bulimia di diritti inesistenti. E questo è preoccupante. Vorrei ricordare che la Corte di Cassazione in particolare non giudica sul fatto ma sul diritto, cioè  non riesamina le prove, bensì può solo verificare che sia stata correttamente applicata la legge e che il processo nei gradi precedenti si sia svolto secondo le regole. 

E’ vero che quello che la Corte affronta è un caso del tutto particolare, ma con un “escamotage” giuridico come dicono i giornali “apre un varco” e questa è appunto una forzatura. La questione è troppo delicata per affidarla alle sentenze, anche alla luce della Convenzione dei diritti del fanciullo di New York del 1989 che all’art. 3 afferma che gli Stati “in tutte le decisioni relative ai fanciulli (…) l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente”. Teniamolo presente.
 





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