SARDEGNA/ Anche l’Italia ha la sua marea nera?

- La Redazione

Una perdita di olio combustibile al largo di Porto Torres rischia di trasformarsi in disastro ambientale

spiaggiaportotorres_R400 Spiaggie colpite dall'olio combustibile vicino a Porto Torres, foto Ansa

Porto Torres, 11 gennaio 2011: decine di migliaia litri di combustibile finiti in mare. Sono fuoriusciti dai depositi portuali della E.On, uno dei maggiori gruppi energetici mondiali. Ma nessuno o quasi ne ha parlato. E adesso si rischia un autentico disastro ambientale…

I dati reali relativi al disastro ambientale di Porto Torres sono difficilmente verificabili. Le notizie che giungono dalla Sardegna sono ancora oggi, a circa tre settimane dall’incidente, ancora frammentarie e poco approfondite. Quello che si sa è che lo scorso 11 gennaio una quantità che potrebbe andare da un minimo di 10mila litri fino a un massimo di 30mila di olio combustibile sono finiti in mare. L’incidente è avvenuto quando le tubature che trasportavano petrolio da una petroliera, la Esmeralda, ferma alla banchina del porto, hanno improvvisamente ceduto causando la dispersione del liquido.

Che in un primo momento era finito a terra, ma rapidamente è caduto in acqua. La gravità della situazione è stata ampliata dal fatto che la falla non era visibile a occhio umano: improvvisamente i tecnici che stavano seguendo le operazioni hanno però notato che l’acqua blu del mare diventava nera. Disastro ecologico, dunque, ma perché praticamente nessuno ne ha dato notizia? Dopo alcuni giorni dall’avvenuto incidente, viene convocato un vertice alla sede del settore Ambiente della provincia di Sassari.

Partecipano i responsabili della Provincia, quelli dei comuni di Sassari, Porto Torres, Sorso, la capitaneria di Porto Torres, l’Arpa e i dirigenti E.ON. Questi ultimi si dichiarano pronti a intervenire e promettono di fare tutto il possibile per ripulire la zona colpita al massimo nel giro di una settimana. Ecco perché le autorità si tranquillizzano e la notizia rimane defilata in ambito locale.

Cominciano però a montare le polemiche: la E.On viene accusata dalla stampa locale di usare "gruppi a olio combustibile troppo vecchi", "tenuti in marcia a colpa di deroghe". Insomma, un impianto a rischio quello della E.On, da quanto sembra emergere? Ci si pone anche la domanda se l’allarme degli operatori dell’azienda sia stato dato in tempo o troppo tardi rispetto al petrolio finito in acqua. Una settimana dopo l’incidente non solo la situazione non è stata risolta come promesso, ma appare anzi peggiorata.

Il Capo del Compartimento Marittimo di La Maddalena lancia l’allarme e dichiara lo stato di emergenza. Secondo quanto riporta Il fatto Quotidiano in quei giorni, il monitoraggio eseguito da alcuni tecnici dell’Ispra dice che "il grosso delle piccole chiazze di catrame sono già spiaggiate, mentre le ricognizioni sui fondali devono ancora continuare per avere una idea certa del livello di danno.

 

Intanto, riporta sempre il quotidiano, si sono mossi i volontari che avrebbero recuperato da soli circa sei tonnellate di materiale inquinante. Il responsabile del Servizio emergenza ambientale dell’Ispra, Luigi Alcaro, dichiara che "il prodotto, essendo molto pesante, è potenzialmente rischioso per l’ambiente marino".

Interviene anche l’Ente nazionale protezione animali: "Ci chiediamo quanti litri di petrolio siano ancora in mare, quanti abbiano soffocato la poseidonia, una pianta acquatica che provvede all’ossigenazione dell’acqua, e quanti animali marini siano morti in un’area tanto importante per la biodiversità e in particolare per i cetacei". Il problema maggiore, infatti, non è solo il danno comunque grave: è che gli stabilimenti della E.On si trovano a ridosso di un’area naturale protetta, spiagge bellissime ma anche un santuario dei cetacei. Su Facebook nasce un gruppo spontaneo, "Disastro ambientale a Porto Torres e Platamona: vogliamo risposte!".

L’opinione pubblica sarda è in subbuglio, ma intanto le notizie del disastro non arrivanno o quasi nel continente. Intervengono i responsabili della E.On. "Non c’è mai stata una sottovalutazione dell’incidente" dicono. "Tutte le autorità sono state avvisate non appena si è avuta la percezione dello svernamento e le prime azioni antinquinamento sono iniziate immediatamente" dice Marco Bertolino direttore della centrale Fiume Santo coinvolta nell’incidente.

 

"Tutte le misure preventive erano attive. Purtroppo l’evento è accaduto alle 16 e l’insorgere dell’oscurità e le condizioni del mare mosso hanno consentito di limitare ma non di bloccare completamente l’evolversi della situazione". Intanto, a venti giorni dall’incidente, l’inquinamento comincia a minacciare anche l’Isola della Maddalena, autentico paradiso naturale della Sardegna. Minacciato sarebbe anche il Parco Nazionale dell’Asinara. Adesso si sono mosse anche le autorità giudiziarie. Il responsabile dell’impianto E.On di Fiume Santo è finito nel registro degli indagati.

L’oleodotto stesso è stato posto sotto sequestro così come la banchina dove era attraccata la petroliera. Nei prossimi giorni si faranno perizie e indagini per chiarire la dinamica dell’incidente. La marea nera intanto continua a muoversi, è stato segnalato catrame anche sulla spiaggia La Pelosa a Stintino. Interviene anche il ministro per l’Ambiente Prestigiacomo, assicurando di far ripulire entro un mese tute le spiagge coinvolte nell’emergenza. Le associazioni ambientaliste però lamentano la tutt’ora gravissima situazione.

Perché, chiedono, la E.On ha aspettato più di dieci giorni ad ammettere il disastro e organizzare le squadre per ripulire le zone contaminate? Perché l’offerta di aiuto delle associazioni ambientaliste è stata ignorata? Perché lil ministero dell’Ambiente non ha dichiarato lo stato di emergenza? Il problema grave è che qui si tratta di olio combustibile, diverso dalla benzina o il diesel. Questi ultimi sono "materiali volatili" ed evaporano facilmente.
 

L’olio combustibile invece persiste nell’acqua: bisogna allora effettuare una bonifica il più puntuale possibile. La risposta della E.On è per adesso come dice un comunicato ufficiale, "l’aver ingaggiato due aziende specializzate e i migliori mezzi e attrezzature disponibili". Ha inoltre acquistato "due macchine di ultima generazione per gli interventi sugli arenili".

Intanto il ministero dell’Ambiente ha inviato proprio in queste ultime ore una nota a cura del minsitro Prestigiacomo: "L’incidente ad oggi si può dire sostanzialmente risolto senza che, allo stato delle conoscenze, si possa parlare di disastro ambientale” dice la nota ministeriale. Secondo Prestigiacomo dalle verifiche dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ”non risultano più presenti sui litorali ispezionabili da terra, grumi di olio combustibile solidificato”.

Inoltre, precisa il ministro, è in corso da parte dell’Ispra ”una valutazione del danno ambientale”. Anche in mare, dice Prestigiacomo richiamando ”pattugliamenti navali e aerei”, non sono ”più presenti tracce di inquinamento”. E hanno avuto ”esito negativo” i controlli effettuati sugli attrezzi di pesca e sul pescato locale. Sulla terraferma proseguono le attivita’ di recupero del materiale, la pulizia degli arenili, e delle scogliere che sara’ ”ultimata in breve” e ”prima della bella stagione”. Oggi, conclude Prestigiacomo, ”credo che la Sardegna non abbia bisogno di ingiustificati allarmi” anche perché si e’ trattato di ”un piccolo sversamento senza conseguenze per il mare e il paesaggio”.





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