Caso Ruby, Fede, Mora e Minetti: chiesto il rinvio a giudizio

- La Redazione

Per Emilio Fede, Lele Mora, e Nicole Minetti, nell’ambito del caso Ruby, è stato chiesto il rinvio a giudizio con l’accusa di induzione e favoreggiamento della prostituzione.

PalazzoGiustiziaMilanoR400 Foto Imagoeconomica

Per Emilio Fede, Lele Mora, e Nicole Minetti, nell’ambito del caso Ruby, è stato chiesto il rinvio a giudizio con l’accusa di induzione e favoreggiamento della prostituzione. La richiesta firmata dal procuratore della Repubblica di Milano Edmondo Bruti Liberati è stata inoltrata al gup Maria Grazia Domanico. I reati di induzione e favoreggiamento della prostituzione di maggiorenni sarebbero stati commessi, si legge in un comunicato, «a Milano ed altrove dagli inizi del 2009 fino al gennaio 2011», mentre quelli di induzione e favoreggiamento della prostituzione minorile «in Milano e altrove dal settembre 2009 fino al maggio 2010». Ora spetterà al Gup decidere, dopo la richiesta consistente in 36 pagine contenenti i capi di accusa e le prove raccolte.

Secondo la procura, la giovane marocchina al centro dello scandalo, sarebbe stata adescata dal direttore del Tg4, dal manager dei vip e dal consigliere della regione Lombardia, nel settembre 2009. Allora aveva 16 anni, e aveva appena partecipato ad un concorso di bellezza in Sicilia del quale Emilio Fede era uno dei giurati. La ragazza avrebbe ricevuto denaro in cambio di atti sessuali con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, a sua volta sotto processo per prostituzione minorile e concussione, nell’ambito dello stesso caso. Il trio, sempre secondo l’accusa, oltre a Ruby, avrebbe reclutato per le feste ad Arcore 33 giovani ragazze. Nel frattempo, a proposito dell’attribuzione erronea a Emilio Fede di una telefonata fatta da Ruby a – in realtà – Lele Mora, Bruti Liberati, parla di «un errore di trascrizione in una copia di lavoro informale che è stata comunque depositata». Il Procuratore ha spiegato che «gli atti formali sono esatti, è una stampata di lavoro informale del tabulato che contiene un errore», e ha aggiunto: «Prima di attribuire atteggiamenti fraudolenti alla procura, bastava leggersi completamente gli atti depositati». Una settimana fa, Fede e i suoi avvocati avevano denunciato l’errore dell’attribuzione e definito l’errore degli inquirenti «gravissimo», forse «fraudolento». Nadia Alecci e Gaetano Pecorella, legali di Emilio Fede, non si accontentano della spiegazione del Procuratore, e rilanciano, dicendosi niente affatto «sorpresi che i pubblici ministeri non siano tornati sui propri passi rinnegando un’indagine mediaticamente per loro così importante, ma sono invece stupiti e fortemente rammaricati del fatto che gli stessi non abbiano ritenuto di prendere in alcuna considerazione la richiesta di indagini contenuta nella memoria depositata il 28 aprile».

Secondo i legali, «l’impianto accusatorio è totalmente infondato» e «negli stessi atti vi è la prova del non coinvolgimento di Emilio Fede in nessuna delle vicende di cui è chiamato a rispondere: il giudice per l’udienza preliminare, di conseguenza, non potrà che proscioglierlo da ogni accusa». Nicole Minetti, dal canto suo, si trincera, per il momento, dietro un secco non comment:  «Non dico nulla, non ne parlo. O almeno non adesso», ha dichirato interpellata dall’Agi. 





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