BERLUSCONI/ Taormina: la sua candidatura non riguarda i processi in corso, ecco perché

- int. Carlo Taormina

Ruby non si presenta in tribunale e Ilda Boccassini si dice convinta che Berlusconi stia solo facendo il possibile per ritardare la sentenza. CARLO TAORMINA ci spiega cosa sta accadendo

taormina_carlo_r439 Taormina

E’ di nuovo scontro tra i giudici e la difesa di Berlusconi. Karima el Mahroug, in arte Ruby, non si è presentata in aula nel giorno della sua testimonianza nel processo che vede coinvolto l’ex premier, accusato di concussione e prostituzione minorile. Secondo il pm Ilda Boccassini Berlusconi sta semplicemente facendo il possibile per ritardare i tempi della sentenza e condurre così la prossima campagna elettorale senza aver incassato una nuova condanna. Al di là di questo, sono comunque in molti a credere che la sua decisione di ricandidarsi sia dettata, più che dall’amor di patria e da un reale senso di responsabilità, dalla volontà di evitare le conseguenze dei suoi guai giudiziari. IlSussidiario.net ha chiesto un commento a Carlo Taormina, ex sottosegretario agli Interni e noto avvocato, anche dello stesso Berlusconi fino al 2008.

Avvocato Taormina, cosa cambierebbe per Berlusconi se un’eventuale condanna al processo Ruby dovesse arrivare prima o dopo le elezioni?

A mio giudizio non cambierebbe molto. Non dimentichiamo che Berlusconi ha già da poco ricevuto una condanna a 4 anni di reclusione, quindi gli effetti negativi sulla sua candidatura potranno comunque farsi sentire, anche se credo che non sarà così.

Come mai?

Perché dal momento in cui ha annunciato la sua discesa in campo, oltre alle diverse critiche, la stragrande maggioranza del movimento liberale italiano ha dimostrato molta soddisfazione. Possiamo dunque immaginare che cosa potrà rappresentare una sentenza dopo la campagna elettorale, magari addirittura dopo una vittoria dello stesso Berlusconi.

Non crede quindi che Berlusconi abbia scelto di ricandidarsi per sfuggire ai processi in corso?

No, credo proprio che si stia semplicemente rimisurando proprio perché la forza della sua anima liberale è troppo forte. Abbiamo sempre espresso critiche nei confronti di Berlusconi e probabilmente continueremo a farlo: io per primo sono stato tra i più fermi critici del suo modo di fare politica, ma sono stato anche un suo sostenitore dal punto di vista della cultura politica liberale.

Però è stato sempre lei a criticarlo proprio su questo aspetto.

E’ vero, da me ha ricevuto la critica di aver in qualche modo tradito proprio quest’anima, ma in questo momento, di fronte al pericolo rappresentato da Bersani, quest’ascia va sotterrata. Credo infatti che si debba fare fronte comune per fare in modo che questa sinistra venga bloccata, specialmente con l’ingresso di Vendola che farebbe ripercorrere al Paese la strada del primo governo Prodi.   

Cosa pensa di quanto accaduto nel processo Ruby?

Non conosco le ragioni per le quali la testimone non sia presentata in Aula, quindi dovrà essere il pubblico ministero a stabilire se le motivazioni addotte sono fondate o meno. Piuttosto che fare questo tipo di valutazioni sul futuro del processo, però, è necessario capire se sia esistito un impedimento rilevante e, nel caso, questo dovrà essere evidenziato.

Se questo impedimento non esistesse?

Si decade dalla facoltà di sentire il testimone. Gli strumenti dibattimentali sono chiari e il pm ha tutti gli strumenti per impedire che la mancata presenza del testimone possa costituire una fonte di allungamento dei tempi processuali.

Come giudica la reazione della Boccassini?

E’ ovvio che in un momento come quello attuale si incomincino ad “affilare” le armi della politica. Il problema è che quando la Boccassini esprime valutazioni di questo tipo, in relazione all’attuale campagna elettorale, credo sia lei a mettere in pista per prima l’argomento politico, comportandosi sì da istituzione, ma con un taglio politico.

Quanto crede potrà influire invece il decreto incandidabilità?

Questo è un altro tema con cui bisognerà misurarsi secondo quelle che sono le previsioni costituzionali del nostro Paese. Il decreto legislativo si basa esclusivamente sulle sentenze di condanna definitive e, sotto questo profilo, non andrebbe incontro a problemi di costituzionalità.

Sotto quale allora?

Sotto quello della ragionevolezza, un principio che la Costituzione disciplina all’articolo 3. Nel decreto si prendono in considerazione come fonte di incandidabilità tutti i reati, compresi quelli gravi come la corruzione, il terrorismo, la concussione e così via: ma quando poi l’incandidabilità viene estesa a tutte le condanne superiori a 4 anni per qualsiasi altro reato, allora c’è qualcosa che non va.

Come mai?

Perché circa l’80% dei reati viene punito con una pena che parte proprio dai 4 anni di reclusione. Per fare un esempio molto attuale, anche la diffamazione a mezzo stampa è punita con una pena fino a 6 anni di reclusione, quindi per una condanna di questo tipo un cittadino potrebbe dover rinunciare alla candidatura. Francamente credo che questo aspetto rappresenti un problema di costituzionalità che dovrà essere affrontato il prima possibile.

 

(Claudio Perlini)





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