RICETTE D’INVERNO/ La zuppa valdostana fatta con il “pane di poveri”

- Paolo Massobrio

Un po’ in tutta Italia, spiega PAOLO MASSOBRIO, si sta riaffermando la cultura del pane fatto come una volta e della lotta agli sprechi alimentari tipici della nostra tradizione

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Buono come il pane, si dice di una persona innocua, talvolta generosa, che non ha mai fatto male a nessuno. Ma il pane, oggi, è davvero buono? Ci sono luci e ombre sulla faccenda, giacché siamo passati da un’invasione di pane indistinto all’arrivo di panetterie virtuose, che tornano alle lunghe lievitazioni, con la ricerca di farine speciali e dimenticate per far tornare sulle nostre tavole il pane buono. E il pane buono è quello di una volta, che sembra più buono anche il giorno dopo e nei giorni a seguire. Il Banco Popolare di Verona, capofila di un gruppo di banche nel Nord Italia, in questi giorni sta organizzando una serie di incontri per presentare un libro del sottoscritto sul pane Di pane in pane, realizzato per i tipi di Sagep di Genova. Ed ogni location, da Verona, a Novara, a Lodi, è ambientata in un convento di origini antiche. Bellissimo quello di San Nazzaro alla Costa a Novara, di impronta francescana, con due chiostri comunicanti dove il racconto del pane, necessariamente, ha aperto la riflessione sullo spreco: si spreca il pane, nell’era moderna; perché non è buono la sera del giorno di acquisto, ma soprattutto perché non c’è più la cultura del recupero degli avanzi, madre della cucina italiana che faceva di ogni necessità virtù. Col pane avanzato si fanno ricette in ogni parte d’Italia: dalla pappa al pomodoro ai capunsei della tradizione mantovana. Oppure si gratta il pane duro per impanare le carni, i pesci oppure le verdure da soffriggere in buon olio extravergine di oliva. Il nostro libro per la famiglia, Adesso, 365 giorni da vivere con gusto è infarcito di queste ricette, che vogliono invitare a una cultura del non spreco, nell’era dove tutto è diventato effimero: anche la spesa e quel terzo di essa che viene gettato via. Ricordiamocelo alla vigilia della Colletta Alimentare, un gesto che non si esaurisce con una spesa, ma attiva un pensiero, un comportamento virtuoso, per se e per gli altri.

In questo mese, pubblichiamo una ricetta, che riguarda una zuppa di origine valdostana, che non è la seupa valpellinentze, piatto De.Co. del comune di Valpelline, ma una zuppa col cosiddetto pane dei poveri (le castagne) e le patate. Ed è gustosissima, magari abbinata a quello che un tempo veniva definito il pane liquido, ovvero la birra.

 Ecco la ricetta della minestra valdostana con castagne secche, orzo e verdure

(Dosi per persone: 4 – difficoltà: bassa – preparazione: 20’ – cottura: 90’)
 • 100 g di castagne secche sbucciate
 • 200 g di patate
 • 140 g di orzo perlato
 • 2 coste di sedano
 • 250 g di verza o di bietole
 • 1 porro

 • 2 carote

 • 1 osso di manzo (preferibilmente delle coste)
 • 1 noce di burro
 • sale
Fate ammorbidire le castagne per una notte in acqua fredda. Sbucciate le patate e tagliatele a cubetti. Tagliate pure a cubetti il sedano e le carote. Dividete il porro in quarti nel senso della lunghezza e affettatelo  sottile. Tagliate la verza o le bietole a striscioline corte. Mettete tutte le verdure e le castagne in una pentola, aggiungete l’osso, versate circa 2 litri di acqua e cuocete per circa un’ora. Unite l’orzo, salate e cuocete ancora per circa 25 minuti, finché sarà cotto. Se la minestra fosse troppo densa aggiungete un poco di acqua bollente. A cottura ultimata condite con una noce di burro.
 E’ una zuppa corroborante, piacevole in questi giorni di freddo che sono il preludio all’arrivo del generale inverno. Provatela!







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