INCONTRI/ Giovani imprenditori a caccia di gustosi tesori nascosti

- Paolo Massobrio

Nel giorno della felicità "per decreto", PAOLO MASSOBRIO va alla riscoperta della tenerezza del custodire. Che passa anche attraverso il gusto del bello e del buono

gastronomia_bonardi439 La gastronomia Bonardi, di Milano

Una settimana speciale, questa che sta per finire, dove la neve è arrivata alla vigilia della Primavera, che si celebra oggi (e non s’era mai visto). Agli amici e soci del Club Papillon, ogni tre mesi, regalo il diario degli incontri che faccio (il giornale si chiama La Circolare) ma questa volta sento il bisogno di raccontare subito tutto. Incominciando dalla scorsa domenica con la neve a Berbenno di Valtellina e mangiare gli sciatt e i pizzoccheri nell’agriturismo La Singèla (tel. 3483054746). Mi ha colpito, fra i banchetti dei produttori che esponevano alla festa di san Giuseppe, Marco, figlio di Giancarlo Speziale, grande esperto di formaggi che ha deciso di fare questo mestiere: selezionare i migliori caci della Valtellina e portarli alle fiere. A Golosaria a Casale Monferrato ha avuto un successo strepitoso e quando l’ho incontrato con i suoi caci ho pensato che uno così, se fosse adottato da qualche GAS (gruppi di acquisto solidale), metterebbe in moto un percorso virtuoso alla faccia di questa crisi che vuole deprimerci a tutti i costi. Ma non è finita: la sera di lunedì, dopo essere stato a Piacenza a presentare l’app Il Golosario-Piacentino (è gratuita su apple store da pochi giorni, mentre su samsung store, da oggi, c’è l’app il Golosario negozi) e dopo aver fatto un salto a Colorno per fare gli auguri a Gualtiero Marchesi che il 19 marzo ha compiuto 83 anni, sono stato invitato a Redecesio di Segrate a una cena con una settantina di giovani imprenditori. E fra questi, giovane nello spirito, c’era anche Mario Luzzato Fegiz, il grande critico musicale del Corriere della Sera. Mi hanno invitato per raccontare la storia di Papillon, ma quella sera, in realtà, sono stato io che ho imparato moltissimo. Ad esempio da Marta Ghidoli, una giovanissima ragazza che ha inventato una sua linea di pasticceria con canditi raffinatissimi e che oggi collabora con la pasticceria Michelangelo di Milano (piazza Ferravilla, 3 – tel. 02730300). Ma c’era anche un ragazzo, giovanissimo, che seleziona prodotti e ci ha fatto assaggiare i salumi d’oca della Cascina Madonnina di Pregnana Milanese a filiera corta (incredibilmente buoni). Entrambi fanno dei mestieri che aiutano altri mestieri (i produttori di materie prime) e che stanno andando in controtendenza rispetto alla crisi. Anche Domenico Di Zillo, 25 anni fa, ha iniziato a fare il selezionatore di prodotti, e oggi lavora con le migliori boutique del gusto. C’era anche lui quella sera, per farci assaggiare il Bettelmatt o i formaggi di un produttore di Treviso, Antonio della Casearia Carpenedo di Camalò di Povegliano (via Santandrà, 17 – tel. 0422872178). Non so poi se qualcuno conosce quel minuscolo e ricco negozio di viale Umbria a Milano (è al n. 27). E’ la gastronomia Bonardi (nella foto) dove la sera del 19 marzo ho preso dalle mani di Piero il cappello del prete, un pezzo di carne tenerissima, per festeggiare con la mia famiglia la festa del papà. 

Be’, questi sono tutti incontri con gente indomita che crede nella qualità e nelle relazioni. Ma soprattutto crede nella felicità. E ieri, curiosamente, ho appreso che era la giornata della felicità, per via di un’iniziativa dell’Onu, che ha pure stilato un decalogo. Come se la felicità ce la potessimo dare da noi e, con uno schiocco di dita, improvvisamente vederla. Il decalogo, in verità, sembra unos critto del nipote astemio e inappetente di Lapalisse, dove non appare un cenno al cibo e al vino (basterebbe invece quel Gutturnio di Civardi di Ziano Piacentino che ho assaggiato lunedì sera…). In realtà la felicità è qualcosa che ha a che fare con delle corrispondenze, come una cosa buona e bella che subito ti rimanda a qualcosa di Altro (che poi è il solo che può rispondere a questa sete continua). Ne sono convinto non solo perché l’ho provato, ancora, proprio questa settimana, ma anche perché il Papa, nella magistrale omelia del giorno di San Giuseppe, ha detto una cosa carica di tenerezza: la custodia. La custodia che dobbiamo avere per ciò che ci sta intorno: amici, famigliari, cose buone e belle comprese. La sera prima, a Redecesio, alla fine della chiacchierata è intervenuto anche un parente di don Giussani, che ha voluto dirci, dopo quella bella serata di incontri e di assaggi, una frase del Gius che per fortuna mi sono appuntato, giacchè spiega tutto quello che ho visto e che ho raccontato poc’anzi: “L’essenza del tempo è festiva: per la presenza di un compagno con il quale ogni avventura è possibile”.







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