FACEBOOK/ Perché si può vedere Davide ucciso, ma non una madre che allatta?

- Mauro Leonardi

La cugina di Davide Bifolco, il ragazzo di 17 anni ucciso a Napoli, ha pubblicato su facebook la foto del cadavere. Il social non batte ciglio, ma ha due pesi e due misure. MAURO LEONARDI

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Faccio parte di varie comunità. La mia famiglia, la gente con cui lavoro, il mio condominio, la mia parrocchia, i miei amici, i genitori delle scuole dove i miei amici mettono i figli, il mio blog, facebook, twitter, e qualcos’altro. Ogni comunità ha le sue regole, molto diverse e a volte molto opinabili, ma cerco di starci dentro perché, in fin dei conti, sono le mie comunità. E poi, anche le regole più distanti da me hanno dei perché, delle logiche, che io capisco anche se a volte con difficoltà. Ora, una delle mie comunità mi sta mancando un po’ troppo di logica nei criteri che si è data, e io non so se ce la faccio. 

È facebook. È un problema non nuovo e riguarda le foto. A me sta bene che facebook non accetti la pornografia, ci mancherebbe. Ma l’immagine della fotografa Anastasia Chernyavsky, nuda con i suoi nudi bambini, non è pornografica, eppure viene bannata. E va bene, mi dico: sono criteri. Poi mi accade di avere amicizie tra gente che incentiva l’allattamento al seno, e che mi raccontano di quanto siano in difficoltà con facebook perché una donna nera che allatta un bimbo bianco o una donna bianca con un seno colmo di latte e un bimbo che sorride, per il social di Palo Alto sono fuori standard e quindi bannate o addirittura censurate con un cartello enorme che copre i capezzoli dicendo “contenuto sessuale”. Dicono che non capiscono perché facebook sia più rigido di Papa Francesco che dice alle donne che possono allattare anche in Udienza – lì, a san Pietro -: dicono così e io non so che rispondere. 

Soprattutto perché, mentre gli studi legali di facebook sono implacabili con la boccuccia di un bimbo che si nutre alla madre, hanno manica larghissima con le innumerevoli forme procaci ed inviti allusivi che hanno l’ipocrisia di mettere il centimetro di tessuto nel limite esatto del corpo femminile che gli studios dei vari Grisham di turno hanno individuato come assolutamente non valicabile. 

Ma poi succede ieri che la cugina di Davide Bifolco, il ragazzino di 17 anni ammazzato l’altro giorno a Napoli, pubblichi sulla sua pagina di facebook la foto del cadavere del parente – torace nudo, foro del colpo di pistola vicinissimo al cuore – e che il social non batta ciglio. Era già accaduto quest’estate con l’onorevole Maurizio Gasparri che aveva postato una foto orrenda. Le mie amicizie l’avevano segnalata in quanto contenente immagini violente e facebook aveva risposto che “la presenza di violenza esplicita nella foto non viola gli standard della comunità”. Ora, la foto era molto peggio di quella del povero Davide.

Si vedeva un cadavere decapitato in una pozza di sangue contornato da uomini urlanti e festeggianti che tenevano la testa mozzata in mano. Uno di loro aveva un piede sul cadavere come si faceva con i leoni abbattuti nei safari primo novecento. Primo novecento, dico, perché oggi le leghe animaliste e antivivisezione insorgerebbero. È una foto che sembra di sentire il puzzo del sangue e le mosche che arrivano.

E ora io sto valutando seriamente se abbandonare facebook e invitare i miei amici a farlo. Se avessero tolto la foto con violenza esplicita, le domande sulle altre me le sarei trangugiate perché so troppo bene che per gli uomini la donna e il suo corpo sono ancora e sempre il corpo del reato. E nonostante Gesù Cristo abbia detto che peccato non è “guardare” ma l’eventuale desiderio cattivo che sta nel cuore (“chiunque guarda una donna per desiderarla, ha gia commesso adulterio con lei nel suo cuore” – Mt 5,28) alla resa dei conti, noi occidentali, della libertà e dell’amore che Lui ci dona non ci fidiamo, e abbiamo bisogno di darci degli standard oggettivi, delle regole, che ci facciano stare tranquilli anche se in prigione. 

Però, se gli standard di facebook non credono che un cadavere con ecchimosi o una testa mozzata grondante sangue, non siano più osceni di un allattamento, io non ci sto più. Troppe domande senza risposta. Io, che neppure capisco la fobia per il sesso − la fobia, non il pudore, che è tutt’altro rispetto alla fobia −, figuriamoci se capisco quella dell’allattamento: però, almeno, aggiungete la fobia per le decapitazioni e per i fori da proiettile nei cadaveri. Così, mi sa proprio che non ce la faccio a rimanere. A volte, per trovare la bellezza della verità bisogna uscire dall’etica standard. Cristo ci ha donato amore, non un’etica, e tantomeno standard. E poi la parola etica nella foto della testa mozzata non c’è in un solo pixel. Quale parametro di sicurezza e piacevole convivenza, soddisfa quella foto? Eppure quella foto è stata giudicata eticamente soddisfacente. Infatti non è stata rimossa. Cos’ha un capezzolo di più scorretto rispetto a questo? Dove abbiamo lasciato lo sguardo non standard? Dove è la nostra anima non standard? Come la ricopriamo la distanza tra un seno e il latte, tra un capezzolo e il suo legittimo proprietario, il bimbo che lo guarda?







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