IL CASO/ “Noi di Dieffe, assolti dopo 9 anni”

- La Redazione

ALBERTO RAFFAELLI commenta la sentenza in appello con la quale è stato assolto dall'accusa di truffa nei confronti della Regione Veneto insieme a Federico Pendin e Fabio Di Nuzzo

giustizia_tribunale_leggeR439 Immagini di repertorio (Infophoto)

Caro direttore, nel processo d’appello, giovedì 22 gennaio, il Tribunale di Venezia ha assolto Federico Pendin, Fabio Di Nuzzo e Alberto Raffaelli, della coop Dieffe, dall’accusa di truffa nei confronti della Regione Veneto perché “il fatto non sussiste”. Quattro anni di indagini preliminari a cui sono seguiti cinque anni in cui sono stati celebrati quattro processi, 32 persone indagate, 19 rinviate a giudizio, 233 persone interrogate, 64 udienze in Tribunale di Padova e poi di Venezia, 70 agenti della guardia di finanza impegnati in sequestri e perquisizioni, fascicoli processuali per 28 mila pagine, 16 milioni di finanziamenti passati al setaccio, 64.000 ore di formazione verificate, decine e decine di articoli di giornale, associazioni e movimenti, perfino il Santo di Padova. 

Al termine di questo percorso, che ha comportato non poche sofferenze per le persone coinvolte e le loro famiglie, è giunta una completa assoluzione con la formula più ampia perché: “il fatto non sussiste”. Ci sono invece dei fatti che sussistono. E sono questi fatti che ci preme sottolineare.

1. In mezzo a tutte queste difficoltà la cooperativa Dieffe ha continuato a lavorare, ha continuato ad avviare al lavoro migliaia di giovani e di adulti lungo i percorsi di formazione professionale che gestisce in tutte le province del Veneto. Ciò è stato possibile grazie alla fiducia mai venuta meno dei collaboratori che operano all’interno della cooperativa, delle istituzioni, delle famiglie degli allievi, degli istituti di credito e delle aziende del territorio.

2. C’è stato bisogno di un lavoro paziente e puntuale, continuo e leale da parte degli imputati e degli avvocati che li hanno assistiti (con grande passione e professionalità) per ricondurre le accuse dentro termini normativi e non ideologici. C’è voluta tanta pazienza per non cadere nella tentazione di “fare il processo sui giornali” e non dentro il percorso del diritto. C’è voluta tanta fiducia nel fatto che alla fine la verità delle cose si sarebbe fatta strada. C’è stato bisogno di tanto coraggio per superare lo scetticismo e per rinunciare a reperire nelle pieghe procedurali scorciatoie come la prescrizione.

3. Dopo questa sentenza la nostra cooperativa può continuare a vivere ed a svolgere il proprio lavoro. In questi nove anni la Dieffe ha acquisito la nuova sede di Noventa Padovana, ha potenziato le risorse educative e tecnologiche, ha ampliato l’offerta formativa. I giornali e le tv hanno parlato sempre meno di processi e sempre più di nuovi istituti superiori di eccellenza, di birrifici artigianali, di lezioni con i tablet. Oggi la Dieffe può continuare a formare le persone perché possano introdursi da protagoniste nel mondo del lavoro. Senza presunzione, evitando ogni vittimismo, con la coscienza semplice e certa dei rischi e della straordinaria bellezza che c’è in ogni serio tentativo educativo sia esso famiglia, scuola, o altro.

4. Crediamo infine che tutta questa vicenda sia per chi lavora ed opera nel contesto sociale odierno, un piccolo segno di speranza

(Alberto Raffaelli)





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