NON E’ FRANCESCO/ La canonista: la tesi di Antonio Socci non ha valore

- La Redazione

La tesi del giornalista Antonio Socci viene definita inesistente da una canonista che ha studiato il caso della elezione di papa Bergoglio, che dunque sarebe stato eletto in modo regolare

bergoglio_papafrancesco_salutozoomR439 Papa Francesco (Infophoto)

Un libro che ha provocato innumerevoli polemiche, quello del giornalista e scrittore Antonio Socci, dal titolo “Non è Francesco”. Un libro dove tra le altre cose si avanza la tesi che l’elezione di papa Francesco non sia stata regolare da cui il titolo, che lascia supporre che Bergoglio sia diventato papa con un autentico colpo di mano e quindi l’elezione andrebbe rifatta. La tesi di Antonio Socci nasce da un problema tecnico verificatosi durante il conclave. Il 13 marzo 2013 la quarta votazione in corso viene annullata, in realtà la quinta in totale in quanto il conclave stesso era iniziato con un primo scrutinio la sera del 12 marzo. La notizia era stata data da una giornalista argentina, Elisabetta Piqué, in un suo libro: il cardinale scrutatore, scrisse la giornalista, si era accorto che c’è una scheda in più, 116 invece di 115. Un cardinale, pare, avrebbe depositato nell’urna due foglietti, uno con il nome votato e uno in bianco, per via del fatto che i due foglietti erano rimasti attaccati fra di loro. Tanto basta per far annullare la votazione. Socci nel suo libro sostiene che, secondo l’articolo 69 della costituzione apostolica Universi dominii gregis, la votazione non andava annullata ma si doveva procedere comunque. Tale votazione, dice ancora, non avrebbe portato all’elezione di Bergoglio (che invece è stato eletto alla quinta votazione): “Qualora nello spoglio dei voti gli Scrutatori trovassero due schede piegate in modo da sembrare compilate da un solo elettore, se esse portano lo stesso nome vanno conteggiate per un solo voto, se invece portano due nomi diversi, nessuno dei due voti sarà valido; tuttavia, in nessuno dei due casi viene annullata la votazione”. Socci aggiunge anche che non si sarebbe dovuto andare subito alla sesta votazione, ma farla il giorno successivo, sempre secondo la costituzione apostolica che prevede nell’articolo 63 che si facciano due votazioni al mattino e due al pomeriggio e non di più. Arriva adesso il parere della canonista Geraldina Boni docente ordinaria di Diritto canonico e di Storia del diritto canonico nella università Alma Mater Studiorum di Bologna, nonché membro del Consiglio direttivo della Consociatio Internationalis Studio Iuris Canonici Promovendo. Secondo lei è stato applicato in modo regolare l’articolo 68 della costituzione che prevede che “se il numero delle schede non corrisponde al numero degli elettori, bisogna bruciarle tutte e procedere subito ad una seconda votazione”. Ma Socci non è d’accordo: “A chi sostenesse che è stato giusto applicare l’articolo 68 perché si era nella fase del conteggio delle schede, di cui si parla proprio in quell’articolo, rispondo che le cose stanno diversamente: gli articoli 68 e 69 infatti assumono come criterio di giudizio non il quando si è trovata la scheda in più, ma il come. Se infatti assumessero il “quando” (se cioè automaticamente e letteralmente il 68 regolasse la fase del conteggio e il 69 quello dello scrutinio) avremmo due articoli che danno due soluzioni opposte per il medesimo problema (una scheda in più)”. Risponde ancora la canonista: i due articoli sono distinti e separati e il quando prevale sul come: “Anche se lo scrutatore avesse aperto quelle due schede verosimilmente per confermare l’involontario aggancio di una scheda bianca ad una votata, questo certo non costituirebbe un’irregolarità irritante né trasformerebbe la fase del conteggio in quella dello spoglio, ognuna disciplinata con proprie norme rette da specifiche rationem”. In conclusione, dice la Boni, essendo stato applicato in modo assolutamente legittimo l’articolo 68 “tale quarta votazione dal punto di vista giuridico è incontestabilmente “tamquam non esset”, non andava quindi inclusa e computata fra quelle effettive, cioè giuridicamente valide e complete, pervenute fino allo spoglio, della giornata. Cade dunque anche l’obiezione che si sarebbe superato il numero massimo di quattro votazioni al giorno”.







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