GIORGIO MORANDI / Il pittore bolognese e la sua ultima fase aperta all’estero (oggi, 20 luglio 2015)

- La Redazione

Giorgio Morandi, il logo di Google ne ricorda 125 anni dalla nascita del grande pittore bolognese. Le forme e i colori di paesaggi e oggetti consueti usati come passaggio per la metafisica

giorgio_morandi_doodle Il logo di Google dedicato a Giorgio Morandi

Nonostante non fosse la prerogativa dell’umile e italianissimo Giorgio Morandi, l’estero ha rappresentato sostanzialmente per intero l’ultima fase produttiva del pittore bolognese prima della sua morte dopo un anno di malattia, il 18 giugno del 1964. Negli ultimi anni della sua carriera Morandi ha goduto dell’interesse dei più esclusivi ambienti internazionali, che mai prima nelle sue precedenti opere. Addirittura alcune suoi lavori vengono rappresentate in prestigiose rassegne del Nord Europa e negli Stati Uniti. L’arte del pittore e artista bolognese era davvero stimata, come mostra questo lungo elenco: Palais des Beaux -Arts di Bruxelles nel 1949, Gemeentemuseum dell’Aja e New Burlington galleries di Londra nel 1954, Kunstmuseum di Winterthur nel 1956, World House Gallery di New York l’anno dopo e nel 1960, Siegen nel 1962 dove tra l’altro vince il Premio Rubens. A consacrazione di tale stima critica, giunge nel 1957 il primo premio per la pittura conferitogli alla quarta Biennale di San Paolo del Brasile, dove nel 1953 aveva ricevuto il primo premio per l’incisione.

Giorgio Morandi era nato a Bologna il 20 luglio 1890, città nella quale ha sempre vissuto – da celibe con tre sorelle nubili – in un appartamento di via Fondazza 38. Casa che lasciava solo in estate per trasferirsi nella vicina Grizzana. La sua vita è stata dedicata alla pittura e all’incisione e proprio su questa materia insegnò all’Accademia. Morandi era un artista solitario, protagonista della sua pittura era la natura morta. Come scrive Pigi Colognesi su “ilsussidiario.net”, non c’è bisogno di essere esperti d’arte per capire la potenza provocatoria che la pittura di Morandi produce ancora oggi: “Proviamo a immaginare il pittore che si mette al lavoro al mattino nella sua stanza trasformata in studio e si accinge per l’ennesima volta a dipingere una natura morta. Gli oggetti sono lì, sono i soliti o magari uno nuovo che è venuto in mente il giorno prima, sono tazze e bottiglie, portafiori e ciotole, scatole e brocche”. Si tratta, prima di tutto, di disporli in un certo modo piuttosto che in un altro, raggrupparli o separarli come in un’architettura: “Bisogna ora – spiega Colognesi – guardarli attentamente, scoprire le reciproche connessioni e il comune rapporto con la luce che in qualche modo li fa essere. Poi Morandi comincia a dipingere, cercando di esplicitare qualcosa del misterioso rapporto che intercorre tra la coscienza personale, che si avvede degli oggetti, e la loro realtà lì davanti”. Si tratta di “un muto dialogo dove deve prevalere il reciproco rispetto: il pittore non piò impunemente rovesciare sugli oggetti i propri pensieri o stati d’animo; né, d’altra parte, l’oggetto può imporglisi impressionandolo come se fosse un puro meccanismo recettore. La pazienza di tale dialogo può arrivare al culmine: quando l’oggetto produce lo stupore dovuto al suo puro esistere e tale stupore riverberarsi nella coscienza che il soggetto ha di se stesso”.

Per il celebre pittore bolognese moltissimi, anche in questi giorni che si celebrano i 125 anni dalla sua nascita, lo ricordano come fautore delle nature morte metafisiche, del suo lirismo personalissimo e della semplicità molto legata all’arte moderna e contemporanea. Ma ben pochi ne ricordano il suo giovanile periodo futurista, seppur con fattori del tutto personali: è degli anni 1913-1914 il suo interesse per la poetica futurista, nutrito dalla vicinanza sia si Osvaldo Licini sia di Giacomo Vesprignani. Attraverso di loro, Morandi entra in contatto con Marinetti, Boccioni e Russolo, le vere anime del futurismo italiano. Si ha tra l’altro, come ricorda il sito specifico sulla figura del grande pittore bolognese, notizia della sua presenza alle serate futuriste di Modena del ’13 e di Bologna stessa nel 1914, l’anno in cui tra l’altro Morandi cominciai ad esporre e viene inizialmente scambiato con un futurista a tuttotondo. Nel marzo del ’14 all’Hotel Baglioni di Bologna espone in una mostra a cinque con Licini, Bacchelli, Vespignani e Pozzati: viene vista subito come una mostra secessionista futurista, che si stacca dall’arte di consuetudine di quegli anni: nel corso della sua carriera Morandi si evolverà ma in questi primi tempi si possono segnalare dei tratti futuristi a soggetti che rimangono comunque sempre aderenti alla realtà del soggetto (per questo motivo non fu mai futurista fino in fondo). Ecco una delle opere esposte da Morandi durante quella prima mostra bolognese, si chiama “Ritratto della sorella”.

Oggi si celebra il 125esimo anniversario dalla nascita di un grande pittore bolognese, Giorgio Morandi, famoso per le sue nature morte. Negli anni Novanta la città gli ha dedicato un museo, che raccoglie diverse opere donate dalla sorella di Giorgio Morandi, Maria Teresa. Ma non solo Bologna ricorda l’artista. Vengono organizzate in tutto il mondo mostre a lui dedicate, in più, in Italia, le sue opere sono conservate in gallerie d’arte come, ad esempio, alla GAM di Torino, alla Pinacoteca di Brera di Milano e alla Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma. Come suggerisce Pigi Colognesi dalle colonne de “Ilsussidiario.net” bisognerebbe guardare la celebre foto dell’artista che guarda bottiglie e vasi, “soggetto quasi esclusivo alla sua pittura”. Seppure può sembrare banale dipingere una bottiglia, “non è assolutamente banale, però, che quella bottiglia ci sia e stia lì sul tavolo, offerta al mio sguardo. L’umile accettazione del suo esserci, del dato inesorabile che essa rappresenta di fronte a me è origine di ogni certezza”, conclude Colognesi.

Una tecnica particolare conosciuta fin dai tempi antichi e impiegata all’origine per decorare le armi, usata poi dal Parmigianino e da Duhrer nell’epoca moderna: stiamo parlando della tecnica dell’acquaforte con la quale uno dei più interessanti artisti del Novecento è diventato ancora più famoso e celebre anche fuori dai confini italiani: oggi si festeggiano i 125 anni dalla nascita di Giorgio Morandi, pittore che ha fatto di questa tecnica uno dei suoi capisaldi, anche se meno conosciuta. L’acquaforte è un uso calcografico consistente nel corrodere una lastra di metallo (zinco, rame) con un acido, per ricavarne immagini da trasporre su un supporto per mezzo di colori. La stampa avviene al torchio calcografico su carte poco colate e inumidite prima, cospargendo di inchiostro grasso con un tampone di pelle la lastra e scaldandola un poco per favorire la penetrazione della tinta nei solchi e la sua cessione alla carta,previa pulitura della parti che dovranno risultate bianche sul foglio stampato. Ecco una delle opere più famose di Morandi in acquaforte “La natura morta con il cestino del pane”.

Era il 18 giugno 1964 quando morì a Bologna uno dei più grandi e discussi pittori e artisti italiani del Novecento. Spesso siamo abituati a vedere riconoscimenti per gli artisti anni dopo le loro opere in vita, spesso non considerate o peggio ostacolate; di solito perciò, la distanza mette come sempre d’accordo anche gli scettici che sembrano volatilizzarsi lasciando spazio ad un’ampia “sacralizzazione” dell’artista e dei suoi contenuti. Ecco, nel caso di Giorgio Morandi (di cui oggi Google ricorda i 125 anni dalla nascita dell’autore bolognese con un Doodle dedicato) avvenne in maniera diversa dal solito copione: era già famoso in patria, grazie alla stampa e ai media che nel dopoguerra diffusero la figura di Morandi come una delle più intriganti perché molto semplice: sul quotidiano torinese de La Stampa il giorno dopo la sua morte, viene celebrato l’allora 74enne artista per le sue linee pure e liriche che ne facevano un esponente originale e di spicco dell’arte moderna. L’articolo sottolinea fin dall’inizio l’umiltà di esistenza e arte condivisa dell’artista bolognese, in questo modo: «La sua opera era contesa, a prezzi altissimi, da collezionisti di tutto il mondo: l’artista però non aveva mutato in nulla l’umile semplicità della sua esistenza […] Dopo aver sfiorato in giovinezza il futurismo e il cubismo, seguiva la sua strada originale: la mirabile purezza delle nature morte e i crepuscolari paesaggi, la limpida perfezione delle acqueforti». Insomma, stupiva tutti questo semplice ma grande pittore del Novecento: il mondo culturale italiano degli anni ’60 lo teneva infatti in gran conto. Ecco un’esempio din quadro paesaggistico crepuscolare, uno degli esempi trattati nell’articolo di commiato e che hanno reso Morandi famoso in tutto il mondo: clicca qui per vedere l’immagine. 

La passione di Giorgio Morandi per la pittura e le arti fu evidente fin dalla giovane età, e infatti si iscrisse all’Accademia di Belle Arti. Esordisce come pittore, cominciando ad esporre in pubblico, dopo la Prima Guerra Mondiale, nella quale combatté per un breve periodo. A quel tempo era vicino ai futuristi e la sua pittura era piuttosto metafisica, ed era già apprezzata nell’ambiente. Ben presto però Morandi si accostò al movimento artistico dei Valori Plastici, tornando a dare matericità ai suoi quadri. Realizzava ritratti e paesaggi, ed eccelleva nella tecnica dell’incisione. La prima mostra che ebbe risonanza a livello internazionale a cui partecipò Giorgio Morandi si tenne nel 1914 presso l’Hotel Baglioni di Bologna, nelle giornate del 21 e 22 di marzo, insieme ad altri grandi artisti del tempo che erano anche suoi grandi amici: Osvaldo Licini, Severo Pozzati, Giacomo Vespignani e Mario Bacchelli. Questa mostra venne definita secessionista, perché segnava una netta frattura con il passato. Soprattutto, fu quella che mostrò lo stile che avrebbe contraddistinto negli anni successivi, e fino alla sua morte, la produzione di Morandi. Infatti qui appaiono le sue prime nature morte, che sono i soggetti per il quale è più universalmente noto. Morandi usava ritrarre oggetti comuni, come bottiglie o brocche, recuperandone la materialità e la spazialità. In breve, la fama di artista di Giorgio Morandi crebbe a livello internazionale, tanto che le sue opere vennero esposte in tute le principali capitali europee, da Parigi a Londra a Bruxelles. Ma la sua notorietà sbarcò anche oltre oceano, con esposizioni in Brasile e a New York. Oggi le sue opere si possono vedere esposte in alcune delle più importanti gallerie e dei più importanti musei del mondo.

Per l’artista emiliano di cui ricorre oggi il 125esimo compleanno, vita e opere sono sempre stati in strettissima simbiosi, tanto che poi la sua dimora-studio-fucina di idee dove Giorgio Morandi ha vissuto e lavorato dal 1910 al 1964 a Bologna, è diventata l’attuale Museo Morandi a lui evidentemente dedicato. Il museo ha aperto i battenti il 17 ottobre 2009 in Fondazza 36, Bologna: i vasi, le bottiglie, le conchiglie e i modelli di studio hanno ritrovato il loro posto nell’atelier e nel ripostiglio, ricostruiti alla perfezione per apparire così come erano ai tempi in cui viveva il grande artista bolognese. Assieme al mobilio e alla collezione di opere di arte antica appartenute a Morandi, i curatori del museo hanno voluto far rivivere parte della cospicua donazione che Carlo Zucchini, garante della casa museo, ha generosamente donato alla città. L’atelier prevede un bel percorso, costruito attraverso un’accurata selezione di fotografie, libri e documenti di vario genere dove vengono raccontate i principali momenti di vita del maestro, i rapporti con la famiglia e ovviamente la formazione artistica con annessi incontri avuti con le personalità del mondo artistica italiano e internazionale della sua epoca. L’offerta è numerosa, vi sono anche una biblioteca con più di 600 volumi, installazioni video e una sala polivalente dedicati a mostre e incontri di carattere artistico-culturale per accrescere sempre di più la conoscenza del grande Morandi.

Giorgio Morandi fu uno dei grandi pittori del Novecento, nato a Bologna il 20 luglio di 125 anni fa, è diventato famoso in tutto il mondo per le sue nature morte: sequenze di bottiglie, vasi, brocche e recipienti vari che realizzava in olio su tela, pochi colori e linee essenziali. Le sue opere sono esposte in tutto il mondo. Come scrive Giuseppe Frangi sulle colonne de “Ilsussidiario.net”, all’artista silenzioso, “che schermiva quando i collezionisti gli firmavano assegni milionari”, è stata dedicata una mostra presso le Scuderie di Villa Panza di Biumo, a Varese. Una mostra, tenutasi nel 2008, dove sono state raccolte da Anna Bernardini e Flavio Fergonzi 40 capolavori provenienti da collezionisti storici del grande artista bolognese. “A Varese quindi si scopre un Morandi non solo grande esponente del nostro recente passato, ma come artista ancora pienamente proiettato sul nostro tempo”.

Sono trascorsi 125 anni dalla nascita del pittore bolognese Giorgio Morandi, l’artista solitario delle nature morte. Era nato a Bologna il 20 luglio 1890. Semplice la sua formazione, sin da bambino dimostra una predisposizione per l’arte, poi dal 1907 al 1913 studia all’Accademia di Bologna. Inizia con la riproduzione di opere di Cézanne, quindi il contatto con i futuristi e l’adesione della Metafisica. Giorgio Morandi nella sua stanza – studio, dipingeva e dormiva tutto asssieme, dove posava gli oggetti sui tavolacci coperti di carta da pacco. Qui aspettava che gli oggetti, semplici caraffe con il manico ad anfora, teiere o tegami, vasi o scatole prendessero forma per dipingerle. Il Longhi la definiva la “camerella incantata”. Da questo spazio prendevano vita le sue opere. Come scrive Carla Vites sulle colonne de Ilsussidiario.net, Morandi alla scomposizione preferirà sempre la costruzione: “Dove l’attacco era alla prosaicità dell’oggetto che non poteva rifiutarsi al vortice del movimento impresso da Boccioni e Balla in avanti, Morandi sempre preferirà la lentezza della forma-volume che si stacca dal fondo come per un arcano senso di non appartenenza allo spazio”.

Giorgio Morandi lo avrebbe disegnato così. Una linea di barattoli e bottiglie, serrata nelle studiate posizioni, e armonizzata da una uniformità tonale, pur nella diversità dei colori. Una tradizione moderna, di contenitori di ciò che – in polvere o liquido – è il contenuto del giorno d’oggi, e in cui è difficile distinguere l’utilità di quanto arriva dalla tradizione, visto che tutto è una fotografia d’istante che diventa idea e concetto per il futuro. Parliamo del logo di Google di oggi, a 125 anni dalla nascita del pittore bolognese Giorgio Morandi, una figura molto particolare nella cultura pittorica e non solo dell’Italia degli anni ruggenti delle ubriacature futuriste. La sua pittura, invece, è metafisica, ma una metafisica di immagini consuete, di tradizione e spinta alla modernità come solo i cortocircuiti di quegli anni potevano produrre. Nei barattoli colori e concetti, zucchero, sale, cannella come emozioni, ma misurate e racchiuse in forme moderne, consuete e così ammiccanti di futuro. Bottiglie e scatole, per le G di Google. Come Korn-Flakes e Gin, la “colazione dei campioni” di un tempo ultramoderno, proiettato nella fuga di un oltre talmente cercato da diventare consuetudine. O una bottiglia verde come vino rosso, da tavola, che ispira conversazioni in compagnia o lava solitudini in silenzio. E il cubetto rosso, forse quello che Louis Vauxcelles potrebbe – a torto – bollare come una “bizzarria cubista”, e invece racchiude la sorpresa, chissà, di qualche foglia di the. Insomma, non era un pubblicitario, certo, Giorgio Morandi, ma Google propone uno dei loghi più azzeccati nella campagna di doodle personalizzati da quando usa questa pratica. Giorgio Morandi, pittore di immagini consuete, come è consueta la metafisica del tempo comune e delle piccole cose. Soprattuto nel mondo del web, degli hiperlink, dove è chiaro che tutto richiama a qualcosa d’altro. E dove il terrore di un errore 404, un file not found, come cantato profeticamente da Jovanotti, è pari all’anello che non tiene di “I Limoni” di Montale. Anche se per Giorgio Morandi lo squarcio che ci ributta nel mezzo di una verità, che solo pochi vedono, non è una rivelazione che sconvolge, uno sbaglio di natura rivelato, ma la natura delle cose, vista e compresa dalla razionalità umana, che le connette a qualcosa che va oltre l’esperienza sensibile. E che richiamano nella loro semplicità a una metafisica realtà. (VC)





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