Caporetto/ Centenario della disfatta: le conseguenze, il Piave e la vendetta contro gli Asburgo

- Niccolò Magnani

La disfatta di Caporetto cento anni fa: 24 ottobre 1917-2017, ultime notizie e storia. La sconfitta di  Kobarid, il tradimento di Cadorna e l'inutile strage nella Prima Guerra Mondiale

grandeguerra_caporetto_1_padovagrandeguerra.it La disfatta di Caporetto

Una disfatta che ha portato ad una vittoria: è sempre stato così in Italia, dalla guerra allo sport, passando per la politica e la stessa società. Caporetto è un po’ il simbolo di ogni debacle italica, ma è anche ciò che ha anticipato di un anno la vittoria finale arrivata con una riscossa tale che proprio quell’umiliazione e sopruso subiti durante Caporetto ha potuto rovesciare le sorti del conflitto a favore dell’Intesa. La ritirata dopo la battaglia durò dal 24 ottobre fino al 19 novembre: in quei giorni ci furono numerosi disordini, episodi drammatici con la popolazione che in alcuni punti rifiutava l’arrivo dei soldati italiani, chiamandoli traditori e inetti. Come spiega Il Post nel focus sugli ultimi giorni della Prima Guerra Mondiale, «alcuni reparti, però, continuarono a combattere in maniera accanita. Cadorna fu in grado di creare una linea temporanea sul fiume Tagliamento, prima di ritirarsi ancora più a occidente. Austriaci e tedeschi non ebbero la forza di completare la loro vittoria distruggendo completamente l’esercito italiano, che alla fine riuscì a stabilirsi sul fiume Piave, costruendo una linea difensiva che gli austriaci non sarebbero mai riusciti a sfondare». Dopo la disfatta e la resistenza successiva, Cadorna è stato cacciato dal suo comando e l’ha sostituito Armando Diaz: nel giro di pochi mesi l’esercito italiano si riprese lo spazio perduto e arrivò alla conquista finale del 4 novembre 1918, ricordata ancora oggi come Festa Nazionale.

“L’INUTILE STRAGE”

Papa Benedetto XV ebbe il coraggio di dire quanto nessuno voleva sentirsi dire: la prima guerra Mondiale è stata un’inutile strage. Lo ha detto qualche mese prima di Caporetto e a maggior ragione lo ha riaffermato anche dopo quei tragici giorni al confine con l’impero austriaco dei nostri soldati. Con una lettera mandata a tutti i capi dei popoli belligeranti, il Pontefice scriveva così il 1 agosto 1917: «Lo stesso spirito di equità e di giustizia dovrà dirigere l’esame di tutte le altre questioni territoriali e politiche, nominatamente quelle relative all’assetto dell’Armenia, degli Stati Balcanici e dei paesi formanti parte dell’antico Regno di Polonia, al quale in particolare le sue nobili tradizioni storiche e le sofferenze sopportate, specialmente durante l’attuale guerra, debbono giustamente conciliare le simpatie delle nazioni». E poi ancora, richiamando quella frase rimasta scolpita nella memoria storica del secolo passato: «Sono queste le precipue basi sulle quali crediamo debba posare il futuro assetto dei popoli. Esse sono tali da rendere impossibile il ripetersi di simili conflitti e preparano la soluzione della questione economica, così importante per l’avvenire e pel benessere materiale di tutti gli stati belligeranti. Nel presentarle pertanto a Voi, che reggete in questa tragica ora le sorti dei popoli belligeranti, siamo animati dalla cara e soave speranza di vederle accettate e di giungere così quanto prima alla cessazione di questa lotta tremenda, la quale, ogni giorno più, apparisce inutile strage». L’invito finale è coraggioso, temerario e veemente: «Tutti riconoscono, d’altra parte, che è salvo, nell’uno e nell’altro campo, l’onore delle armi; ascoltate dunque là Nostra preghiera, accogliete l’invito paterno che vi rivolgiamo in nome del Redentore divino, Principe della pace. Riflettete alla vostra gravissima responsabilità dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini; dalle vostre risoluzioni dipendono la quiete e la gioia di innumerevoli famiglie, la vita di migliaia di giovani, la felicità stessa dei popoli».

CADORNA “SALVATO” DA PADRE PIO?

Come hanno raccontato alcuni storici negli Anni Cinquanta, anni dopo la sconfitta di Caporetto e il disastro cui sono stati sottoposti i soldati e il popolo italiano, un episodio curioso e molto particolare è emerso sulla figura di Luigi Cadorna, il generale che con la sua mala gestione ha contribuito alla debacle storica contro l’esercito austro-tedesco. Pare infatti che il generale, accortosi di quanto avvenuto e di quanto generato, aveva deciso di togliersi la vita: si era addirittura ritirato nel suo alloggio con la pistola puntata alla tempia. Ma lì avvenne qualcosa di particolare, strano e misterioso: fu fermato da una voce che gli diceva: «Suvvia, generale, non vorrete mica compiere questa sciocchezza?». In quel momento il generale della disfatta di Caporetto si vide davanti un frate, vestito col classico saio e senza l’uniforme da cappellano. Non si sparò ritirò il suo progetto di suicidio e anni dopo si rese conto – recatosi a San Giovanni Rotondo in incognito perché incuriosito dai racconti su San Pio da Pietrelcina riconobbe con choc e sorpresa che proprio Padre Pio era quel frate comparso dal nulla mentre stava per togliersi la vita (fonte La Stampa). Rimane una leggenda visto che il colonnello nipote del Generale raccontò, «Mio padre Raffaele andò a Pietrelcina per parlare con Padre Pio e fare luce sull’episodio. Tornò dicendo che non c’era niente di vero. Del resto, tutte le testimonianze in quei terribili momenti di Caporetto ricordano un Cadorna lucido, freddo e con nervi saldissimi. Conoscendo l’uomo, la sua fede e la sua incrollabile forza d’animo mi pare estremamente improbabile che avesse pensato al suicidio».

LA DISFATTA DI CAPORETTO 100 ANNI FA

Sono passati cento anni da una battaglia che ancora oggi nel nostro immaginario linguistico è sinonimo di debacle, rovinosa sconfitta, catastrofe totale: Caporetto, un piccole comune oggi sloveno di nome Kobarid, fu l’emblema della sconfitta italiana durante la Prima Guerra Mondiale nel lontano 24 ottobre 2017 contro l’esercito austro-ungarico. La battaglia durò fino al 19 novembre 1917 e fu una strage purtroppo annunciata: sarebbe bastato forse una gestione più accorta dei nostri vertici militari, di lì a qualche mese l’Austria e l’impero tedesco crollò definitivamente nel primo conflitto mondiale (con l’ingresso decisivo degli Stati Uniti) dopo anni di trincea e di “inutile strage” come la definì l’allora Papa Benedetto XV. Erano le due di notte, diluviava, e l’artiglieria austro-tedesca riuscì a sfondare e portare l’inizio della disfatta per l’esercito italiano impreparato, mal gestito, mal equipaggiato e tradito dal proprio stesso generale.

Caporetto, oltre a essere stata una pesantissima sconfitta, causò migliaia di morti, decine di migliaia di feriti, oltre a una quantità incredibile di prigionieri e sfollati: dalle baionette alle mitragliatrici, dalle bombe alla corsa dei soldati, il “blitzkrieg” tedesco che tanto orrore generò nella Seconda Guerra Mondiale di Hitler nacque qui. «La ritirata, la pesante occupazione del Friuli e del Veneto e la violenza sulle donne, l’esodo della popolazione locale, il grave problema dei prigionieri italiani lasciati a morire nei lager dell’impero, il rientro in patria dei superstiti e l’ostruzionismo nei loro confronti, il doloroso recupero delle salme», si legge nelle cronache storiche del Corriere della Sera. Il fronte si sgretolò, la breccia si aprì dopo tre giorni di combattimento sui monti oggi in Slovenia e la ritirata arrivò poi fino al Piave, protagonista poi mesi dopo dell’incredibile riscossa italiana che nacque proprio da questo sconfitta: da allora ad oggi, in cento anni l’Italia è ancora “abituata” alle Caporetto in ogni campo, dove dobbiamo prima essere annientati e destabilizzati prima di reagire con orgoglio e onore.

IL TRADIMENTO DEL “GRANDE” CADORNA

La colpa della sconfitta? «Di dieci reggimenti arresisi senza combattere e dunque ai soldati che hanno mollato; la mancata resistenza di reparti della 2ª Armata vilmente ritiratisi senza combattere e ignominiosamente arresisi al nemico ha permesso alle forze austro-germaniche di rompere la nostra ala sinistra sulla fronte Giulia». Questo è il messaggio lanciato nell’iroso bollettino di Stato Maggiore del Generale Luigi Cadorna, inviato all’allora Ministro della Guerra del regno italico. Una menzogna, un tradimento di chi ha mandato centinaia di migliaia di giovani impreparati e mal gestiti allo sbaraglio, salvo poi “pararsi” la poltrona accusando gli stessi soldati di tradimento. Nella sola battaglia di Caporetto si contarono 11.600 italiani morti, 30 mila feriti, 350 mila sbandati, 300 mila prigionieri e 400 mila profughi: e poi l’onta dei tribunali militari per chi rimase vivo, portato davanti alla corte per le parole di tradimento clamorose del generale Cadorna (poi sostituito da Diaz, per fortuna, con la conclusione almeno vincente della I^GM).

«Impreparazione logistica nel formare retrovie e mancanza di ordini precisi dal comando (che arrivarono sostanzialmente solo il 28 ottobre). Un tenente parlò di “qualche fucilata al massimo” e che i suoi soldati poi erano stati aggirati dagli austriaci, un capitano di fronte ai suoi soldati spiegò che “egli e i suoi uomini rimasero senza ordini, in balia di loro stessi”», si legge nelle testimonianze di soldati e capi militari nel saggio edito da Il Mulino “Caporetto”. Il “tradimento” più che per cattiveria arrivò per mala gestione di un generale militare che non riuscì a completare il proprio lavoro: anni dopo raccontarono che voleva togliersi la vita per quanto commesso, ma fu “fermato” da un frate che si rivelò poi essere Padre Pio (come raccontò lo stesso Generale nelle sue biografie). Rimase la disfatta e migliaia di italiani uccisi: e pensare che per anni hanno dedicato Stazioni e piazze al grande Cadorna, in qualche modo “dimenticando” quanto avvenuto durante Caporetto…





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