Terza Guerra Mondiale/ Corea del Nord-Cuba: nuovo ‘asse comunista” contro l’Occidente?

- Niccolò Magnani

Terza Guerra Mondiale, ultime notizie di oggi 20 novembre 2017: Corea del Nord e Siria, il Generale Hyten contro Trump, "rifiuterei ordine illegale di lanciare attacco atomico"

donald_trump_5_lapresse_2017 Donald Trump (LaPresse)

La “provocazione” nasce spontanea vedendo i prossimi vertici e incontri tra i governi di Cuba e Corea del Nord: in piena crisi mondiale, è pronto un nuovo asse neo-comunista contro l’occidente, pronti a tutto come guerre e lanci di missili nucleari? Nelle prossime ore, come riporta Il Giornale, il ministro degli Esteri della Corea del Nord (Ru Yong-ho) raggiungerà il suo omologo cubano a L’Avana (Bruno Rodriguez Parrilla) per poter mettere nuove linfa ad una alleanza ritrovata dopo tantissimi anni dalla visita di Che Guevara a Pyongyang, in piena Guerra Fredda. Da qui ora a definire un nuovo vero asse militare comunista ovviamente di tempo ce ne passa, ma la situazione va tenuta sotto controllo visto la pericolosità e l’imprevedibilità dei due Paesi che vivono ancora in pieno regime comunista. Kim Jong-un vuole dimostrare al mondo che vi sono senza grandi timori possibili alleane diplomatiche tra i Paesi non allineati agli Stati Uniti d’America: il grosso timore alla Casa Bianca è che anche Cina e Russia possano vedere “di buon occhio” questa nuova alleanza e che possano, in nome degli antichi equilibri da piena guerra fredda, produrre futuri appoggi e non contrasti al presunto neonato asse L’Avana-Pyongyang.

GENERALE USA VS TRUMP, “NO ATTACCO ATOMICO SE ILLEGALE”

Una sorta di “tirata d’orecchi” a distanza tra il generale dell’Air Force John Hyten, capo del Comando strategico Usa e il suo presidente, Donald Trump: il tema è sempre quello, con la guerra mondiale nucleare che sottende ogni decisine e novità sul fronte Pacifico in Corea del Nord. Parlando all’Halifax International Security Forum in Canada, il generale che in linea teorica dovrebbe lanciare l’attacco nucleare degli Usa (in termini operativi) non le manda a dire a Trump e alle pressioni per mettere ancora più tensione al dittatore di Nord Corea. «Se ricevessi l’ordine di premere il bottone dal presidente ma se questo provvedimento fosse illegale, non lo eseguirei», una sorta di “ammutinamento” a distanza che suona fragoroso negli Usa sempre più divisi pro/contro Trump. «Quando si lancia un attacco del genere ci vuole necessità, la distinzione, la proporzionalità e il fatto di evitare sofferenze non necessarie». Poi prova a ricucire sempre Hyten quando spiega che «Io fornirò un consiglio al presidente, lui poi mi dirà cosa fare. E, se è illegale, sapete cosa accadrà? Io dirò: ‘Signor Presidente, è illegale’. E sapete cosa accadrà? Lui dirà: ‘Cosa sarebbe legale?’ Arriveranno le opzioni, un mix di capacità, per rispondere a qualsiasi situazione. Questo è come funzionano le cose. Non è così complicato».

SIRIA, GLI USA NON SE NE VANNO

«Credo che alcune persone pensino che noi siamo stupidi, non siamo stupidi, quando hai una responsabilità del genere, come si può pensare di non ponderare le proprie azioni?»: le parole del generale Hyten risuonano come un campanello d’allarme nella solida democrazia americana. Non tanto per una questione di “libertà di azione”, che a come si vede è consentita anche contro il proprio presidente, ma si tratta di un pochissimo collante tra la Casa Bianca e le sue stesse forze armate. In Corea del Nord come in Ucraina, così come nel Medio Oriente: ai problemi di semi-guerre mondiali sparse nel mondo, gli Usa hanno ora anche un problema interno derivato dalla distanza tra Trump e i suoi stessi capi militari. In Siria però, al momento, la convergenza di Casa Bianca e Pentagono sembra tenere e il risultato è che gli americani non sono per nulla intenzionati a lasciare il campo di battaglia dove, grazie all’alleanza con le milizie curde, hanno di fatto scacciato e schiacciato lo Stato Islamico (con l’aiuto della Russia). E proprio di Putin gli americani temono la zona di influenza su quell’area, storicamente orientata a Mosca: come spiega l’Agi, «a inizio settimana il segretario alla Difesa James Mattis ha dichiarato che gli Stati Uniti hanno intenzione di proseguire l’intervento in Siria per perseguire l’obiettivo a lungo termine degli Stati Uniti, ossia prevenire il ritorno di “un’Isis 2.0». La Russia non ci sta e anche lo stesso Assad non gradisce, ma al momento Trump e Mattis parlano la stessa lingua: durerà?





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