PAPA IN COLOMBIA/ Storie di vendetta e perdono sotto il Cristo a pezzi di Bojarà

- Cristiana Caricato

Oggi, in Colombia, durante il viaggio apostolico di papa Francesco, è stato il giorno dedicato alla riconciliazione. I cuori possono cambiare e la storia con loro. CRISTIANA CARICATO

papa_francesco_colombia_2_lapresse_2017 Papa Francesco in Colombia (LaPresse)

BOGOTA’ — Il capannone bollente dentro il parco Las Malocas è affollato di umanità. Il ritmo horopo accompagna il respiro di 6mila persone e fa da contrappunto al sentimento cupo che aleggia tra i corpi sudati, posati, in attesa, su sedie di plastica. E’ dolore, sofferenza sorda, del genere che ti rimane appiccicato addosso dopo anni. Gli occhi che incroci hanno visto il proprio marito morire, un figlio trascinato via da squadristi armati e inghiottito dal nulla, la ferocia bastarda del branco che violava corpi e vite. Sono uomini e donne. Vittime, ma anche carnefici. 

Sono insieme nel pomeriggio infuocato di Villavicencio, un’ottantina di chilometri a sud di Bogotá, per pregare e invocare la pace. Con loro, fra loro, Papa Francesco, arrivato nella lussureggiante e afosissima regione di Meta per celebrare la giornata della riconciliazione nazionale. E’ negli llanos, le pianure tropicali umidissime e fertili, terra di indigeni, contadini e allevatori. 

Ha celebrato la Messa in mattinata, tra ex guerriglieri e paramilitari, per beatificare un vescovo e un sacerdote, massacrati lungo i 70 anni di follia che hanno insanguinato il paese. Il primo, mons. Jesús Emilio Jaramillo Monsalve, pastore di Arauca, sequestrato, torturato e giustiziato nel 1989 da guerriglieri dell’Esercito di liberazione nazionale, il gruppo di matrice marxista che ancora non ha trovato un’intesa con il governo. L’altro, padre Pedro Maria Ramirez Ramos, linciato nella piazza di Armero, il giorno dopo l’assassinio di Gaitan, il candidato liberale il cui omicidio, il 9 aprile del 1948, aprì la stagione che in Colombia è passata sinistramente alla storia come “El Bogotazo”, “la Violenza”. 

Il Papa aveva raccontato di vite spezzate dall’odio invitando alla riconciliazione, ma è solo dentro il capannone colorato di las Malocas, davanti a quel popolo che porta sulla propria carne le impronte della sanguinosa storia recente, che comprende l’enormità della sua richiesta e allo stesso tempo l’assoluta ragionevolezza. Ascolta concentrato quattro testimoni della violenza nella Colombia dello scontro tra governo e guerriglia. Parlano Juan Carlos e Deisy, arruolati da Farc e paramilitari, poi Luz e Pastora Mira. La prima nella guerra ha perso una gamba, la seconda due figli. Ma tutti sono diversamente vittime. Nello spazio della celebrazione si abbracciano e il gesto silenzioso diventa il passo, atteso, verso la riconciliazione, quella vera che non può che partire dal perdono. Francesco si commuove e fa quello che ha sempre pensato di fare. Piangere e abbracciare il popolo martoriato della Colombia. Pregare per lui e con lui. Sotto il crocifisso mutilato di Bojarà, testimone silenzioso del massacro di 149 persone in una parrocchia, il Papa parla dell’amore di Cristo che è più forte della morte e della violenza, quell’amore che solo può insegnare la potenza del perdono. E’ la lezione di Pastora Mira che sventola la camicia indossata da sua figlia, desaparecida, passata all’altro figlio, torturato e ucciso. Lei ha saputo curare uno degli assassini di Jorge Anibal, il suo ragazzo, carne della sua carne. Ha spezzato la catena di odio che genera morte, portando il suo dolore ai piedi del crocifisso. “C’è speranza anche per chi ha fatto del male, non tutto è perduto” assicura il Papa, la sfida è credere che chi ha procurato sofferenza possa cambiare. Non impediamo che la giustizia e la misericordia si incontrino in un abbraccio, supplica Francesco, imparando ad accettare la verità, compagna insuperabile, elemento necessario alla pace. Come padre e fratello alla fine innalza la preghiera al Cristo senza gambe né braccia di Bojarà: “fa che ci impegniamo a restaurare il tuo corpo/che siamo i tuoi piedi per andare incontro al fratello bisognoso/ tue braccia per abbracciare chi ha perso la propria dignità/ tue mani per benedire e consolare chi piange nella solitudine/ Fa che siamo testimoni della tua infinita misericordia

E il cielo sembra aver ascoltato se il comandante in capo delle Farc, Rodrigo Londono Echeverri, nome di battaglia Timochenko, oggi neopresidente del nuovo partito politico nato dopo l’accordo con il governo, in una lettera aperta al Santo Padre, chiede perdono per le lacrime e il dolore causato al popolo della Colombia.





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