“ISLAM INCOMPATIBILE CON LA COSTITUZIONE”?/ Non buttiamo via 10 anni di laicità
Matteo Salvini, in protesta contro la costruzione di un centro islamico a Umbertide, ha detto di avere forti dubbi che l'islam sia compatibile con la Costituzione. SAULLE PANIZZA
Era l’aprile 2007, poco più di 10 anni fa, dunque, quando un decreto del ministero dell’Interno dichiarava di ispirarsi alla Carta dei valori della cittadinanza e dell’integrazione, parte integrante del documento, e di voler orientare ai principi in essa affermati le relazioni con le comunità degli immigrati e religiose, nella prospettiva dell’integrazione e della coesione sociale.
Nella sezione della Carta dedicata alla laicità e alla libertà religiosa, si sottolineava, tra l’altro, la laicità dell’Italia, fondata sul riconoscimento della piena libertà religiosa individuale e collettiva. Riaffermando il senso dei principi costituzionali in materia, si proclamava l’eguale libertà davanti alla legge di tutte le confessioni religiose, la garanzia dei principi di libertà e dei diritti della persona (che non possono essere violati nel nome di alcuna religione), la libertà religiosa e di coscienza, la libertà di culto e di adempiere alle prescrizioni religiose purché non contrastino con le norme penali e con i diritti degli altri.
Era giusto un anno fa, a inizio febbraio 2017, quando il ministero dell’Interno recepiva il Patto nazionale per un Islam italiano, espressione di una comunità aperta, integrata e aderente ai valori e principi dell’ordinamento statale, sottoscritto dai rappresentanti di dieci importanti organizzazioni islamiche.
Con il Patto tali organizzazioni si impegnavano a: favorire lo sviluppo e la crescita del dialogo (1); proseguire nell’azione di contrasto dei fenomeni di radicalismo religioso (2); promuovere un processo di organizzazione giuridica delle associazioni islamiche in armonia con i principi dell’ordinamento giuridico dello Stato (3); promuovere la formazione di imam e guide religiose che possano anche assumere il ruolo di efficaci mediatori per assicurare la piena attuazione dei principi civili di convivenza, laicità dello Stato, legalità, parità dei diritti tra uomo e donna, in un contesto caratterizzato dal pluralismo confessionale e culturale (4); proseguire nell’organizzazione di eventi pubblici che attestino l’efficacia del dialogo interculturale (5); favorire le condizioni prodromiche all’avvio di negoziati volti al raggiungimento di intese ai sensi dell’art. 8, comma 3, della Costituzione (6); proseguire nell’impegno di garantire che i luoghi di preghiera e di culto mantengano standard decorosi e rispettosi delle norme vigenti (in materia di sicurezza e di edilizia) e che tali sedi possano essere accessibili a visitatori non musulmani (7); facilitare i contatti e le relazioni delle istituzioni e della società civile con le associazioni islamiche, rendendo pubblici nomi e recapiti di imam, guide religiose e personalità in grado di svolgere efficacemente un ruolo di mediazione tra la loro comunità e la realtà sociale e civile circostante (8); adoperarsi concretamente affinché il sermone del venerdì sia svolto o tradotto in italiano (9); assicurare massima trasparenza nella gestione e documentazione dei finanziamenti, ricevuti, dall’Italia o dall’estero, da destinare alla costruzione e alla gestione di moschee e luoghi di preghiera (10).
Erano poche ore fa e — per alcuni almeno — le vicende di Macerata sembravano dover rimettere tutto in discussione.
E’, si dirà, la forza dei fatti, della cronaca, della politica. Ma è soprattutto, forse, la qualità della campagna elettorale alle nostre latitudini.
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