Arezzo, 30enne accusa patrigno “stordita e violentata”/ Video cellulare lo incastra: tecnicamente non è stupro

- Emanuela Longo

Arezzo, 30enne accusa patrigno "stordita e violentata": in un video del cellulare la trappola che proverebbe lo stupro ma tecnicamente non può essere definito tale.

violenza_donne_pixabay Immagine di repertorio (Pixabay)

Sesso, droga e videotapes sono gli ingredienti di questa assurda storia che arriva da Arezzo, anticipata dal quotidiano La Nazione e destinata a fare scalpore. Una giovane donna di 30 anni ha denunciato il patrigno 47enne accusandolo di averla violentata sessualmente, abusando di lei dopo averle fatto assumere a sua insaputa un farmaco in grado di renderla incosciente. Dopo gli iniziali dubbi però, la giovane avrebbe deciso di denunciare l’uomo consegnando ai carabinieri oltre ad un racconto dettagliatissimo anche un ricco materiale di filmati e messaggi Whatsapp che andrebbero a confermare cinque, forse sei episodi di abusi avvenuti tra luglio ed agosto. Tutta ha inizio dopo la decisione della donna di sospendere l’assunzione di un farmaco prescrittole dal medico ma che le provoca effetti fastidiosi tra cui una sorta di stato di coma temporaneo. Nonostante questo però, la trentenne avrebbe continuato ad avere gli stati di incoscienza come se qualcuno le somministrasse il farmaco a sua insaputa. A ciò si aggiunge quella terribile sensazione, al risveglio, di essere stata abusata. I sospetti della donna ricadono subito sul patrigno che proprio nel medesimo periodo frequenta molto spesso la sua abitazione, con l’intento, a suo dire, di starle vicino. Dopo essersi confidata con il compagno e padre dei suoi tre figli, i due decidono di mettere in atto una trappola al fine di fare luce sull’assurda vicenda.

“VIOLENTATA DAL PATRIGNO”: LA TRAPPOLA

Con la complicità del marito la trentenne sostituisce il farmaco con della semplice acqua, quindi finge si essere caduta nel solito stato di incoscienza dopo aver piazzato lo smartphone in modalità video con la telecamera puntata su di lei. E così la trappola va a segno: il patrigno, convinto di poter sfogare i suoi istinti sulla donna apparentemente stordita, si accinge ad abusare di lei, mentre il cellulare registra tutto. Una volta appurati i dubbi, la donna decide di allontanare il patrigno dalla sua vita presentando una dettagliatissima querela contro di lui. Di contro, quest’ultimo inizia a perseguitarla e minacciarla fino a riempirla di messaggi Whatsapp che suonano però come vere confessioni: “Ok, ho sbagliato, ma l’ho fatto non mettermi il cappio al collo”. L’uomo, oltre ad essere stato processato per direttissima in quanto sorpreso con diverse decine di grammi di sostanze stupefacenti, ha ricevuto il divieto di avvicinamento a meno di centro metri dalla figliastra ma non è finito in manette poiché quanto ripreso dallo smartphone non sarebbe un vero e proprio stupro, almeno tecnicamente. Questo perché la donna non era realmente incosciente e non avrebbe fatto esplicitamente nulla per opporsi alle intenzioni moleste di lui. Se confermate, però, sarebbero da ritenersi violenze sessuali quelle avvenute in precedenza a scapito della trentenne poiché avvenuto realmente in stato di incoscienza. Le indagini degli inquirenti, intanto, proseguono e presto potrebbero esserci nuovi inquietanti colpi di scena.





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