LETTURE/ Quell’attesa che unisce Isaia e Virgilio

- Laura Cioni

Tra il profeta Isaia e Virgilio corrono circa sette secoli, ma, come spiega LAURA CIONI, alcune loro immagini poetiche quasi coincidenti dicono di un’attesa comune

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Tra il profeta Isaia e Virgilio corrono circa sette secoli, ma alcune loro immagini poetiche quasi coincidenti dicono di un’attesa comune presente nell’area del Mediterraneo, pur in culture e tempi così distanti. Poiché ogni epoca rilegge quelle precedenti in base alla propria concezione del mondo, è anche grazie all’interpretazione allegorica dell’Eneide e della quarta bucolica di Virgilioche si è consolidata nell’età medievale la fama di Virgilio profeta del cristianesimo.

 

Dall’Umanesimo in poi, nonostante i vari problemi critici ancora non risolti, è stato chiarito che l’occasione storica da cui la bucolica nasce è il sollievo della pace ritrovata con Ottaviano dopo lunghi anni di lotte civili.

Ma proprio perché lo studio critico delle fonti ha stabilito alcune certezze, si apre tutto uno spazio per le riletture, come dimostra il libro di Hermann Broch, viennese di origine ebraica, La morte di Virgilio, il quale rinchiuso nelle carceri naziste e convinto di non poterne uscire, fa dire al poeta: «Noi stiamo tra due epoche, Augusto; devi dire attesa, non vuoto. Attesa è tensione, è coscienza del compimento che sarà presto raggiunto».

Il confronto tra le fonti può chiarire alcuni elementi comuni presenti nell’area mediterranea alla quale apparteniamo, quali il senso di una oscura colpa, l’inadeguatezza dell’uomo a salvare se stesso, l’attesa del ritorno di un’epoca di pace e il sacrificio necessario perché essa si avveri.

Virgilio nella sua riflessione poetica e malinconica deve aver intuito tutto questo. Nella quarta bucolica scrive a proposito della nascita di un misterioso puer:

Ricomincia da capo la grande sequenza ciclica delle epoche,

anche la Giustizia fa ritorno, ritornano i regni di Saturno,

una nuova progenie viene fatta scendere dall’alto.

Sotto i tuoi auspici, se rimangono tracce del nostro delitto,

dissolte, libereranno le terre da una perpetua angoscia.

Egli conoscerà la vita degli dei.

Era naturale per i cristiani associare alla colpa non ben definita la nozione di peccato originale e al puer virgiliano la profezia di Isaia:

Un bambino è nato per noi,

ci è stato dato un figlio

e sarà chiamato principe della pace.

Grande sarà il suo dominio

e la pace non avrà fine.

Ogni nuova nascita è per l’intero mondo, come scrive Hannah Arendt. Gli antichi, nella loro concezione ciclica del tempo, la identificavano con il ritorno dell’età dell’oro, quando la natura produceva spontaneamente il necessario per l’uomo in una atmosfera di pace. Così la descrive Virgilio:

Spontaneamente le caprette riporteranno a casa

le mammelle gonfie di latte e gli armenti non temeranno i grandi leoni.

Scomparirà il serpente, scomparirà l’erba velenosa.

Isaia con termini molto simili esprime poeticamente l’attesa del Messia.

Il lupo abiterà insieme con l’agnello,

la pantera si sdraierà accanto al capretto:

il vitello e il leoncello pascoleranno insieme

e un fanciullo li guiderà.

Il lattante si trastullerà nella buca dell’aspide,

il bambino metterà la mano nel covo di serpenti velenosi.





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