UNGARETTI/ Quasimodo? Un pagliaccio, fascista e pappagallo – La lettera del poeta all’amico francese Jean Lescure
Ungaretti definì Salvatore quasimodo un pagliaccio, un pappagallo e un fascista. Ungaretti definì così Quasimodo, che a suo avviso gli aveva sottratto il Nobel, in una lettera inviata a all’amico francese Jean Lescure
Ungaretti definì Salvatore quasimodo un pagliaccio, un pappagallo e un fascista. Ungaretti definì così Quasimodo, che a suo avviso gli aveva sottratto il Nobel, in una lettera inviata a all’amico francese Jean Lescure
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Salvatore Quasimodo, un pagliaccio, un pappagallo, un fascista. Così fu definito da Giuseppe Ungaretti dopo la vittoria del Premio Nobel. Secondo Ungaretti, il nobel spettava a lui. Il durissimo attacco proviene da una lettera del 4 novembre del ’59 che Ungaretti inviò al francese Jean Lescure, amico fidato che più volte tentò di fargli ottenere il Nobel. Ungaretti, nella lettera, accusa Quasimodo di esser diventato antifascista per semplice opportunismo: «Ha collaborato per vent’anni alle riviste fasciste di più stretta osservanza, alle quali nessun poeta collaborava». Il poeta – la cui missiva è contenuta nel volume Giuseppe Ungaretti – Jean Lescure. Carteggio (1951-1966) – rinfaccia al collega anche di scritto un inno per i martiri fascisti, “Coro di morti della rivoluzione” (1933). Poemi sulla Resistenza, invece, ricorda Ungaretti, furono scritti «dopo la fine della Resistenza, molto tempo dopo, perché era la moda».
Ungaretti, nella missiva, non si era limitato ad attaccare Quasimodo, ma, scrivendo della Commissione che attribuisce il Nobel, arrivò a definirli «quattro poeti ridicoli. Gli altri sono uomini di scienza e il più cretino dei quattro è il segretario permanente».
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