ARTE/ Volete comprarvi un Tiziano e non avete un soldo? Ecco come fare

- Giuseppe Frangi

Si chiama crowdfunding, al museo del Louvre sanno cos’è e lo fanno, ora anche Palazzo Madama,  a Torino, segue la stessa strada. Altro che ministero della Cultura. GIUSEPPE FRANGI

picasso_opera1R439 Un quadro di Picasso

C’è una piccola ma buona notizia sul fronte dei beni culturali: a Torino il museo di Palazzo Madama, di proprietà comunale, ha lanciato la prima campagna di crowdfunding per l’acquisizione di un prezioso servizio di porcellana appartenuto a Massimo d’Azeglio e rintracciato in modo rocambolesco, ancora eccezionalmente integro, a fine 2011. Crowdfunding significa che i fondi per l’acquisizione verranno raccolti con una pubblica sottoscrizione: l’obiettivo è modesto, 80mila euro, ma il significato dell’azione è importante.

All’estero queste azioni sono abbastanza consuete: il Louvre, per esempio, ha una sezione apposita ribattezzata “tous mécenés” (tutti mecenati) in cui lancia periodicamente campagne per l’acquisizione di tesori messi sul mercato: l’ultima, che si è conclusa settimana scorsa, riguardava due piccole statue d’avorio del XIII secolo (un san Giovanni e una personificazione della Sinagoga) che venivano a completare uno stupendo gruppo raffigurante una Deposizione dalla Croce già in possesso del Louvre: istituzione e sponsor hanno messo i due terzi. Gli 800 milioni restanti sono stati raccolti con una pubblica sottoscrizione a cui hanno aderito oltre 4mila donatori. Nel 2011 il museo parigino aveva acquisito con la stessa procedura un capolavoro di Cranach, le Tre Grazie.

A Londra, quest’anno la National Gallery (in partnership con la National Gallery of Scotland) è riuscita a tenere in Gran Bretagna due capolavori di pazzesca bellezza di Tiziano, che il proprietario, il Duca di Sutherland, aveva deciso di mettere sul mercato: Diana e Atteone e Diana e Callisto. Anche qui una pubblica sottoscrizione ha garantito 7,4 milioni di sterline sui 100 necessari, coperti dai musei stessi e da sponsor. 

È evidente che in questi casi il significato della chiamata alla pubblica raccolta va aldilà della semplice questione economica: una volta che due grandi istituzioni come quelle citate si muovono, coprire il 100 per cento della spesa non dev’essere un grande problema. Ma il valore aggiunto di queste azioni è nella mobilitazione di una comunità attorno a un bene culturale che viene così recepito come patrimonio di tutti. L’acquisizione diventa un fatto di orgoglio collettivo.

Il crowdfunding è infatti importante perché implica una visione finalmente moderna delle istituzioni culturali, costrette a uscire dal guscio dell’autoreferenzialità, a misurarsi nel rapporto con un pubblico da convincere, da conquistare, da fidelizzare. Non è un caso che a rompere il ghiaccio in Italia sia stata una struttura come il museo, quello torinese di Palazzo Madama, che in questi anni ha mostrato di saper affrontare in modo innovativo il tema del pubblico, avviando anche quella campagna di abbonamento annuale che ha riscosso un successo davvero sorprendente (gli abbonati a Torino Musei sono oggi più degli abbonati alla Juventus, per dare un termine di paragone). 

Anche Milano si è mossa con un’iniziativa dal sapore analogo per il restauro degli elementi architettonici del Duomo: una raccolta pubblica, intitolata “Adotta una guglia”, per riaccendere nei cittadini un senso di appartenenza attorno al monumento simbolo della città. 

Ci si può chiedere se lanciare azioni così in un momento di crisi profonda, in cui per un cittadino è più difficile disporre di somme da destinare a gesti di generosità, non sia un po’ un azzardo. Ma proprio questo dato di contesto può far capire a tutti quanto il patrimonio culturale possa essere un fattore di coesione, motivante e anche trainante. Esattamente il contrario di quanto una visione specialistica, autoreferenziale ed accademica (per quanto astrattamente attenta al sociale) ha sin qui fatto credere. 

Ultima sottolineatura: il crowdfunding costringe anche alla massima trasparenza. Evitando così di cadere in operazioni opache come quella di qualche anno fa e ancora al centro di infinite polemiche, che portò all’acquisizione da parte dello Stato di un Crocifisso presunto di Michelangelo e che invece tutti ormai considerano della sua cerchia. Ma che in quanto di Michelangelo venne pagato all’antiquario che ne era proprietario. Con soldi pubblici, che in questo caso significa senza rendere conto a nessuno.





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