SABBIATURA/ Protesta contro i jeans: mettono a rischio la salute degli operai

- La Redazione

Un movimento spontaneo sta sfidando grandi marchi della moda come Cavalli e Dolce & Gabbana, che con un processo di schiaritura del colore metterebbero a rischio la salute dei lavoratori

jeans-sandblasting-r400 Foto Ansa

Un movimento spontaneo sta sfidando grandi marchi della moda come Cavalli e Dolce & Gabbana, che con un processo di schiaritura del colore metterebbero a rischio la salute dei lavoratori.

CAMPAGNA INTERNAZIONALE – L’iniziativa è degli attivisti della campagna internazionale “Abiti Puliti”, che chiedono di eliminare una delle fasi della lavorazione dei vestiti chiamata sabbiatura o sandblasting. Lo scrive Massimiliano Di Giorgio dell’agenzia Reuters, che cita anche un comunicato del Gruppo Cavalli in cui si afferma di non utilizzare più il processo di sabbiatura. La campagna è incominciata un anno fa ed è supportata da una petizione sottoscritta da migliaia di cittadini, nonché pubblicizzata su Facebook. Diversi marchi che producono jeans hanno rivelato di non utilizzare il sandblasting per scelta: Armani, Benetton, Gucci, Versace e molti altri.

SABBIA TOSSICA – A finire nel mirino degli attivisti è una modalità utilizzata nello schiarire il denim attraverso sabbia sparata ad alta pressione. Per il gruppo “Abiti Puliti” in questo modo si “disperde nell’aria una quantità enorme di silice, un componente presente nella sabbia altamente tossico. Rapporti medici dimostrano che gli addetti alle operazioni di sandblasting possono sviluppare una forma acuta di silicosi (malattia polmonare non curabile e potenzialmente letale) in soli 6-24 mesi di lavoro, a fronte dei 20 anni di incubazione riscontrati nel settore minerario”. Secondo la versione dei fatti del movimento di protesta, smentita però dal Gruppo Cavalli, “Dolce & Gabbana e Roberto Cavalli continuano a rifiutare il confronto con la Campagna Abiti Puliti. Un atteggiamento lontano dalla responsabilità di impresa che prevedrebbe un’immediata presa in carico del problema che riguarda migliaia di lavoratori a rischio”.

LA REPLICA DI CAVALLI – L’agenzia Reuters dichiara anche di avere contattato un portavoce di Dolce & Gabbana, che però non ha voluto commentare la vicenda. Al contrario di Cavalli che ha diffuso un comunicato stampa in cui si afferma “di non utilizzare più il processo di sabbiatura”. Tra le testimonianze raccolte dalla BBC nel corso della campagna sulle conseguenze del sandblasting per i lavoratori, quella di un 18enne che lavora in una fabbrica del Bangladesh, e che dichiara: “Ho difficoltà a respirare … Quando ritorno dal lavoro mi sento esausto. Gli occhi mi fanno male per tutta quella polvere”.

L’ASSOCIAZIONE ABITI PULITI – Quella contro il sandblasting è però solo l’ultima battaglia della campagna Abiti Puliti (Clean Clothes Campaign o semplicemente CCC), nata per migliorare le condizioni degli operai tessili di tutto il mondo. L’associazione esiste infatti dal 1989 e agisce con le finalità di un sindacato, ma con una strategia particolarmente moderna, mobilitando e sensibilizzando i consumatori e sfidando così gli interessi dei grandi marchi. Inoltre la campagna Abiti Puliti promuove la solidarietà tra i lavoratori a livello globale. Non a caso l’associazione è presente in 14 Paesi europei e mette insieme Ong e sindacati. Tra i campi in cui opera CCC, ci sono la mobilitazione dei consumatori, la cooperazione allo sviluppo, i diritti delle donne e quelli umani. In tutto 200 i gruppi presenti sul territorio che collaborano con la campagna Abiti Puliti. Tra i Paesi in cui il movimento è attivo ci sono Australia, Canada, Stati Uniti, oltre all’Italia dove il gruppo è partner del Centro Nuovo Modello di Sviluppo, Coordinamento Nord/Sud del Mondo, Fair e Manitese. E tra gli aderenti alla campagna ci sono anche altrAqualità, Assobotteghe, Ctm-Altromercato, Fondazione Culturale Responsabilità Etica, Gas Birulò, Libero Mondo e Rete Radie Resch.

 

(Pietro Vernizzi)





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