IDEE/ Piepoli: la crisi economica? Un problema di “cattiva” comunicazione

- int. Nicola Piepoli

Secondo diversi mass media la politica e il parlamento godono di sempre minor fiducia da parte dei cittadini italiani. Sembra che questa flessione sia legata alla crisi economico finanziaria che da alcuni mesi si è abbattuta sul mercato internazionale. Ma le cose stanno davvero così? Per Nicola Piepoli occorre tener d’occhio anche gli stessi canali dell’informazione

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Secondo diversi mass media la politica e il parlamento godono di sempre minor fiducia da parte dei cittadini italiani. Sembra che questa flessione sia legata alla crisi economico finanziaria che da alcuni mesi si è abbattuta sul mercato internazionale. Ma le cose stanno davvero così? Per Nicola Piepoli occorre tener d’occhio anche gli stessi canali dell’informazione

 

Dottor Piepoli, qual è il livello attuale di fiducia che gli italiani ripongono nella politica?

Non è molto elevato però non è nemmeno basso. Da parecchio tempo si assiste ad un trend piuttosto stabile che mostra come una parte degli italiani, un segmento minoritario, si interessa alla politica, e un’altra parte è per così dire “agnostica”, non si interessa minimamente delle istituzioni.

Il punto quindi non è tanto sulla presenza di un diffuso giudizio negativo, come spesso si è indotti a ritenere, quanto su un disinteresse esteso in gran parte della popolazione nei confronti della politica.   I cittadini che sono interessati alle cose della politica, alla polis, alla loro città, intesa in senso di politica generale nazionale, sono davvero pochi, si aggirano intorno al 40%. E soprattutto sono “stabili”, non ci sono movimenti né in alto né in basso.

È una situazione che si è riscontrata anche con le ultime elezioni in Abruzzo?

Ecco, l’episodio delle elezioni in Abruzzo rispecchia perfettamente quanto ho detto prima, è il paradigma della situazione che noi riscontriamo con le nostre ricerche. Là il 52-53% di coloro che hanno votato rappresenta quel 40% di cui sopra più una “fetta di margine”. Per il resto il voto espresso rappresenta l’andamento attuale del consenso di cui gode il presente governo.   

Da quanto risulta da molti sondaggi, o per lo meno da molti giornali, sembrerebbe in calo la fiducia degli italiani nei confronti del parlamento. È davvero così? 

Sì e no. Sebbene anche questo sia spesso un modo di presentare la situazione da parte dei media, solo per pochi individui la situazione appare davvero nera. Per la gran parte della gente non c’è una deriva “fascista”, non c’è chi grida «quest’aula è sorda e buia».

La maggioranza degli italiani pensa che la vera politica si sviluppa per vie parlamentari e democratiche.

Su che cos’altro vertono le speranze dei cittadini?

Verso qualcosa di simile a un salvatore, esattamente come quello che è capitato in America per Obama. Attualmente è la fortuna degli americani il fatto che sia stato eletto presidente degli Stati Uniti, attraverso vie democratiche, un vero e proprio simbolo. È un uomo nel quale il cittadino americano si sente libero di riversare tutta la propria fiducia.  

In Italia un fenomeno di tipo Obama sarebbe, in questo momento di crisi economico finanziaria, molto apprezzato. Non è il “duce”, è diverso, non è il condottiero, ma il salvatore.

Sarebbe il salvatore da questa brutale crisi in cui la gente pensa di essere immersa. Ho detto “pensa” perché su questa crisi c’è una grossa agitazione fomentata dai media. Infatti è più il pensiero massificato e collettivo a rendere reale la crisi che non i dati economici stessi per quanto oggettivamente poco confortanti. Questa situazione rende fertile il terreno per accogliere un vero e proprio messia e in futuro non mi sorprenderebbe che il sopracitato Obama rimanesse considerato per lunghi anni una figura messianica.

Come viene recepita dall’opinione pubblica la crisi economica attuale?

Direi che la crisi è percepita piuttosto male. In Italia si sta generando l’ansia della perdita del posto di lavoro e quindi dell’impoverimento, della miseria collettiva. Questo è lo spettro della più grande paura che in questo momento storico si aggira fra i nostri connazionali. La paura di perdere il lavoro è percepita dal 40% dei lavoratori italiani. E ribadisco, è un timore davvero poco fondato, ma la crisi è amplificata dai media.

Faccio un esempio: immaginiamo che per un colpo di sfortuna l’anno venturo si abbia un calo del 5% del PIL. Questo dato potrebbe essere percepito in “positivo”: abbiamo una ricchezza pari al 95% dell’anno scorso, siamo più o meno ricchi come un anno fa.

Ma la gente lo legge solo ed esclusivamente come un -5%, punto e basta. Il che, a livello percettivo, è sinonimo di rovina. Soprattutto se la stampa e la televisione, che lo leggono in una certa maniera, danno adito e ragione all’ansia generalizzata.

Ci sono istituzioni o personaggi pubblici verso i quali vengono indirizzate colpe particolari per il presente periodo storico?

 

Fondamentalmente le colpe non vengono attribuite a nessuno. La gente è passiva, non si pone il problema di trovare di chi è la colpa, ma quello di sopravvivere. Certo, chi ha speculato su un mercato virtuale e fittizio viene additato, ma rimane un’accusa generica. Quel che invece permea l’orizzonte quotidiano è lo stato d’animo del «si salvi chi può», una specie di Titanic.

È stata appena promulgata la Dignitas personae e, quasi contemporaneamente si è cominciato a parlare della possibilità che in Italia venga approvata la pillola abortiva Ru486. Qual è l’atteggiamento degli italiani nei riguardi dei temi etici?

Se per temi etici si intende quello della vita la questione è piuttosto combattuta. La domanda serpeggiante sul caso Eluana è: «una vita che non è una vita è degna di essere vissuta?».  

La gente non si pone in fondo problemi etici di per sé quanto piuttosto si pone questioni in senso laico-etico e sempre meno etico-cattolico. Ricordiamo che coloro che si dichiarano praticanti, e che quindi seguono la Chiesa, sono circa un 30%. Su una popolazione che a tutt’oggi si dichiara cattolica al 90%. Questo significa una dimensione privata dell’etica, non più dunque in relazione all’autorità ecclesiastica. E quindi anche il porsi problemi sulla vita avviene sempre a livello personale e soggettivo. Non escludo comunque che, di fronte a un futuro peggioramento di questa crisi, la popolazione torni a vedere nell’istituzione ecclesiastica un’autorità imperitura e quindi affidabile con la quale coinvolgersi in maniera più significativa.





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