ALITALIA/ Compleanno meno amaro grazie ai tre “soci” di Colaninno

- Andrea Giuricin

Il 2009, il primo anno di attività della nuova Alitalia, è stato duro per la compagnia di Colaninno. Ma tre fattori hanno permesso di limitare i danni di un’annata negativa

Alitalia_ColaninnoR375_03feb09 Roberto Colaninno

Un anno è passato dall’avventura della nuova Alitalia. Al fine di comprendere al meglio l’andamento della compagnia aerea nazionale, nata dalle ceneri del vecchio operatore statale fusosi con AirOne, è bene contestualizzare l’analisi.

 

L’anno scorso è stato il più difficile per il mondo aeronautico che ha subito la peggiore crisi di tutta la sua storia. La IATA, l’associazione che raggruppa quasi tutte le compagnie aeree mondiali, ha previsto perdite superiori ai 10 miliardi di euro per il 2009 e prevede solo un leggero miglioramento per il 2010. La crisi economica ha impattato duramente su quasi tutti i vettori aerei che hanno visto ridursi anche del 30% i ricavi per passeggero trasportato.

In questo anno di crisi globale non tutti gli operatori hanno sofferto in maniera uguale. Le compagnie più competitive ed efficienti sono addirittura riuscite a fare dei profitti e ad aumentare il numero di passeggeri trasportati.

L’anno della crisi è stato caratterizzato da tre fenomeni importanti. Il primo è la caduta del numero di passeggeri che ha caratterizzato tutto il primo semestre e una contemporanea diminuzione dello yield. Il secondo fenomeno che ha caratterizzato il 2009 è certamente la caduta del prezzo del petrolio. Senza questa diminuzione dei costi legati al carburante, molte altre compagnie sarebbero fallite oltre a quelle che hanno dovuto portare i libri in tribunale. Ultimo, ma non meno importante, fenomeno è stato la modificazione del mercato: le alleanze globali sono diventate sempre più strette, i vettori tradizionali si sono fusi – come nel caso British Airways e Iberia – sotto la pressione competitiva delle compagnie low cost.

Il mercato italiano si è contratto di circa 4 milioni di passeggeri rispetto al 2008, arrivando a registrare poco più di 102 milioni di passeggeri. La quota di mercato delle compagnie low cost è cresciuta e Ryanair ed Easyjet hanno conquistato rispettivamente circa il 18% e il 9% di tutto il mercato italiano.

In questo panorama molto difficile, dove solo un prezzo del petrolio in discesa ha aiutato i bilanci delle compagnie, Alitalia si è ritrovata ad affrontare il suo primo anno di vita. Nei primi due mesi, la compagnia guidata da Rocco Sabelli, ha rischiato davvero molto. Il load factor era inferiore al 50% e solo una politica tariffaria molto aggressiva ha permesso di riconquistare in parte la clientela.

I dati complessivi di riempimento degli aeromobili saranno certamente inferiore di 10 punti percentuali rispetto alle compagnie tradizionali e di 15 punti percentuali rispetto agli operatori low cost più importanti. Questa differenza è una delle cause di un primo anno difficile per l’operatore, che vedrà delle perdite operative superiori a 300 milioni di euro. Questo dato del load factor deriva in gran parte da un primo semestre molto difficile, con uno start-up estremamente complicato.

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Il ricavo medio per passeggero di Alitalia sarà probabilmente inferiore di circa il 15% alle previsioni, a causa di un mercato in forte contrazione. I dati di bilancio della compagnia italiana saranno un po’ peggiori rispetto alle previsioni, ma non troppo. Come è stato possibile?

 

Vi sono certamente due fattori esterni e uno interno che hanno influenzato delle perdite “limitate” a circa 300 milioni di euro. In primo luogo la compagnia ha potuto comprare le scorte di carburante nel momento in cui il prezzo del petrolio era ai minimi. Questo ha permesso un risparmio per diverse decine di milioni di euro, proprio nel momento in cui le altre compagnie scontavano i prezzi esorbitanti del petrolio raggiunti nel 2008. Questo vantaggio competitivo verrà meno nel 2010 e dunque Alitalia troverà maggiori difficoltà nel competere.

 

Il secondo vantaggio competitivo è di natura regolatoria. La legge 166 del 2008 ha permesso al vettore italiano di mantenere una posizione monopolistica sul mercato domestico. Questo non si è tradotto automaticamente in un incremento di prezzo dei biglietti domestici, ma probabilmente in una stabilizzazione dei ricavi.

 

Questo dato è estremamente negativo per i viaggiatori italiani nel momento in cui si confronta con l’andamento del prezzo medio del biglietto nel mercato, il quale ha visto una caduta di circa il 20%. Alitalia ha potuto probabilmente mantenere i prezzi stabili pur in un contesto di crisi. Questa “colpa” non è certo attribuibile alla compagnia aerea, che ha l’obbligo di minimizzare le perdite, ma al legislatore che ha permesso di sfavorire tutti i passeggeri del mercato domestico.

 

Un terzo elemento che ha permesso ad Alitalia di “limitare” le perdite a circa 300 milioni di euro è interno e deriva da una razionalizzazione dell’azienda, che ha visto nella privatizzazione un passo verso una maggiore efficienza. Certo i livelli di costo delle compagnie low cost sono distanti, ma un costo per posto chilometro offerto di circa 7 centesimi è un risultato positivo, vista anche la rifocalizzazione sul mercato domestico.

 

Alitalia ha avuto un primo anno molto difficile, con delle perdite poco superiori alle aspettative. Certo il 2010 non sarà facile e il futuro della compagnia di bandiera dipenderà quasi interamente dall’andamento del mercato.





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