IL CASO/ Perché l’Italia prende “a calci” le banche popolari anti-crisi?

- Giuseppe De Lucia Lumeno

A Parigi si è tenuto il 32° Incontro internazionale della cooperazione. Un settore importante, che però nel nostro Paese non sembra essere valorizzato, come spiega GIUSEPPE DE LUCIA LUMENO

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Mentre le banche popolari italiane sono impegnate in un’opera assidua di sostegno dell’economia reale, indebolita da quattro anni di recessione, e, contemporaneamente, nella difesa dall’ennesimo attacco proveniente dall’Antitrust, che ripropone una riforma tendente a snaturarne la peculiare disciplina, a Parigi sotto gli auspici del governo francese si è celebrato il 32° Incontro internazionale della cooperazione organizzato dal Groupe Credit Cooperatif.

Nella cornice della storica Maison de la Mutualité, che ha ospitato delegazioni provenienti da tutto il mondo, Jean Luis Bancel, Presidente del Credit Cooperatif, ha fatto gli onori di casa centrando la giornata sul tema “Le Cooperative: imprese per un’altra globalizzazione”. Nell’introdurre i lavori, Bancel ha affermato quanto le cooperative – attive in una molteplicità di settori che vanno dall’agricoltura, ai servizi alla persona, al credito, basando l’attività sui loro valori fondanti – hanno dimostrato di costituire un modello di business solido e sostenibile anche nei momenti più difficili di una crisi di gravità eccezionale. Tuttavia, lo sviluppo in questi anni difficili è stato rilevante: più di un miliardo di persone sono socie di imprese cooperative in oltre 96 paesi.

I dati più recenti pubblicati dall’Ica, l’Alleanza internazionale delle cooperative, mostrano che, a livello mondiale, più di 300 grandi cooperative provenienti da tutti i paesi e settori, credito compreso, rappresentano un valore aggiunto di oltre 1.100 miliardi di dollari, un importo equivalente al Pil della nona potenza al mondo, il Canada. Condizione di questo sviluppo, è stato ricordato più volte, è quel perimetro vitale di libertà senza il quale quella molteplicità di iniziative e attività che sorgono direttamente in forma spontanea dalle comunità non possono realizzarsi.

E, proprio, partendo dall’esigenza primaria della libertà, il rappresentante del governo francese, Pascal Canfin, ministro allo sviluppo, ha ribadito l’impegno del governo francese ad assicurare concretamente, a tutte le formule di cooperazione, quelle condizioni essenziali per potersi sviluppare e prosperare per il bene comune. In chiusura della manifestazione, una menzione particolare, da parte del presidente dell’Ica e del Credit Cooperatif, è andata al credito popolare italiano, parte rilevante della cooperazione bancaria europea e, a pieno titolo, parte integrante di quella mondiale.

Negli stessi giorni, le popolari italiane sono state nuovamente attaccate dall’Antitrust attraverso il documento annuale ai fini della legge sulla concorrenza. Partendo da una visione astratta della concorrenza si arriva a fare un chiaro riferimento strumentale allo scopo mutualistico, dimenticando che proprio grazie all’attuale disciplina e specificità le banche popolari hanno svolto un’insostituibile funzione anticiclica nei confronti dei territori e delle comunità.

Ma c’è un altro aspetto che qualifica in modo più evidente la connotazione mutualistica delle popolari che, rispetto a quanto si pensi, è andata rafforzandosi proprio durante la crisi attraverso uno sviluppo rilevante della loro capacità d’inclusione finanziaria: la crescita del numero dei rapporti con la clientela, famiglie e imprese, che ha superato quest’anno quota 13 milioni – un milione in più rispetto al 2008 – costituisce il segno, evidente, di un legame fra banche popolari ed economia reale che è andato consolidandosi e che dovrebbe essere valorizzato, come accade oltre confine, anziché svilito da una concezione che vuole costringere la realtà dentro lo stampo di una teoria astratta, in cui tutto risulta omologato a un modello unico di attività economica.







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