FINANZA/ 2. Swap greco, una “truffa” per evitare il default

- Mauro Bottarelli

Oggi è un giorno fondamentale per lo swap sul debito pubblico greco, snodo chiave per il salvataggio di Atene. MAURO BOTTARELLI ci spiega perché dubitare delle cifre ufficiali

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«Le autorità greche comunicheranno l’esito dello swap quando si chiuderà l’offerta, cioè domani (oggi per chi legge, ndr) alle 21»: lo ha comunicato un portavoce della Commissione Ue, spiegando che l’Ue «aspetta di vedere i risultati finali prima di commentare». Aspettiamo anche noi, ansiosi, pur convinti fin d’ora di un dato inoppugnabile: lo swap andrà in porto solo truccando i numeri, perché la percentuale di partecipanti è ben al di sotto del 75%, ma non si può far terminare la sciarada greca con l’epilogo che merita, il default. No, bisogna andare avanti ancora per un po’, per tutelare le banche, il mercato dei credit default swaps, i derivati in genere, ma soprattutto il mercato obbligazionario sovrano dell’eurozona, ovvero il maledetto debito.

D’altronde, «un default incontrollato della Grecia può costare all’economia internazionale oltre mille miliardi di euro e potrebbero servire aiuti internazionali a Italia e Spagna». È la stima – ad capocchiam, come dicono i latini – che la Federazione internazionale delle banche, Iif, indica in un rapporto di febbraio reso noto però martedì pomeriggio: per l’Iif, che rappresenta i creditori privati della Grecia, «è complicato sommare tutte le eventuali passività con precisione, anche se è difficile pensare come non possano superare i mille miliardi». Strano timing, però, quello scelto dai banchieri per rendere noto il loro report da pelle d’oca: due giorni prima della data finale dello swap. Come mai? Semplice, a oggi, infatti, lo swap non si avvicina nemmeno lontanamente alla percentuale di consensi necessari e quindi appare a forte rischio (è scritto nero su bianco sulla proposta ufficiale redatta dal governo greco, sotto il 75% viene annullata ogni operazione).

La Grecia è in default, lo dicono i numeri: dei partecipanti volontari, dei titoli bancari, degli indici – il BE500 paneuropeo martedì ha perso il 2,8%, peggior risultato da metà novembre – ma soprattutto dei derivati che si stanno vendendo e comprando come se non ci fosse un domani, tutti legati all’insolvenza di Atene. Il perché è presto detto e risponde al nome di Bingham Group. Il perché lo capirete tra poco. Un portavoce dell’Iif, infatti, ha confermato che il gruppo di banche che ha confermato il suo sì allo swap rappresenta «un ammontare sostanziale» dei 206 miliardi di bonds greci detenuti dal settore privato, mentre alcuni analisti pensano che queste istituzioni rappresentino circa il 50% del debito totale. Ieri, poi, nel primo pomeriggio sono giunti i dati ufficiali dell’Iif che quantificavano questo «ammontare sostanziale»: trenta grossi creditori privati della Grecia hanno detto sì allo swap sul debito, un blocco di posizione pari al 39% del totale dei creditori privati di Atene! Di questi 30 gruppi, 12 fanno parte dell’Iif! Detta così, con la proverbiale faccia di tolla dell’IIF, sembrerebbe fatta per lorsignori: mah sì, dai, ancora qualche banca a cui far capire che è meglio non mettere i bastoni tra le ruote, et voilà, la quota del 75% di adesioni necessario a completare lo swap sarà raggiunta, senza bisogno che il governo greco applichi le clausole retroattive di class action su tutte le obbligazioni, come minacciato lunedì e ribadito con forza ieri dal ministro delle Finanze, Evangelos Venizelos, (e come anticipato lunedì mattina dal Sussidiario.net), atto che costituirebbe un evento di credito (cesserebbe infatti il principio di volontarietà) e farebbe scattare le clausole di pagamento dei cds.

Peccato che i dati reali, pubblicati da Bloomberg e confermati di fatto dalla percentuale del 39% fornita dall’Iif, ci dicano che gli analisti avrebbero applicato una piccola sovrastima – il 150% – alla percentuale di debito detenuto dalle 12 istituzioni dell’Iif che hanno detto sì allo swap, visto che a oggi queste rappresentano circa il 20% del debito greco in mano ai privati! Insomma, dei detentori dell’80% del debito greco rimanente (extra-Iif) solo un altro 20% circa avrebbe detto sì allo swap (tra cui anche fondi pensione gestiti dalla Banca centrale di Atene, detentori di bonds per 17 miliardi, tanto per farvi capire quanto siano alla canna del gas), ma resta un 60% che non solo non ha ancora accettato l’accordo, ma non si sa nemmeno chi sia: di certo, hanno in mano sufficiente carta da parati ellenica da creare una posizione di blocco e resistenza allo swap, spedendo Atene in default e incassando i premi dei cds.

Questi soggetti, la gran parte hedge funds, si sono riuniti sotto una sigla, il Bingham Group appunto (nome dello studio legale newyorchese che sta preparando le cause e organizzando le posizioni di detenzione per bloccare lo swap), forti di buona parte dei circa 20 miliardi di debito greco denominato in diritto britannico, sono pronti a bloccare tutto e trasportare Atene di fronte all’Alta Corte di Londra. E fanno non bene, benissimo vista la truffa che Ue, Bce e Iif stanno tentando di perpetrare al mercato, con la complicità dell’Isda, che non ha ritenuto lo swap farsa di Atene un evento di credito. Come è possibile arrivare al 75% o al 90%, quando a poche ore dallo swap, per stessa ammissione dei partecipanti, la percentuale di sì era appena del 39%??? Solo truffando sui numeri, punto. Di più, è di ieri la notizia che all’interno del Bingham Group si è creato un nuovo nocciolo duro di creditori intenzionati a resistere, quelli che detengono debito greco denominato in franchi svizzeri per un controvalore di 708 milioni di dollari, con rendimento al 2,125% e scadenza 2013. Ma non solo. Addirittura cinque fondi pensioni ellenici, tra cui quello dei giornalisti e della polizia che possiedono circa due miliardi di euro in titoli pubblici greci, pari a circa l’1% del valore nominale, hanno detto no alla ristrutturazione del debito pubblico ellenico.

Ma continuiamo con le cifre, visto che il Sussidiario ne ha in abbondanza. Ecco che scopriamo che il nozionale lordo di cds greci sul mercato è pari a 70 miliardi di dollari e non di 5,3 come dichiarato dall’Isda, l’ente regolatore del mercato dei derivati che la scorsa settimana ha valutato come non evento di credito lo swap, negando l’attivazione delle clausole dei cds: quanti di questi sono sotto forma di pacchetti Ggb (bond greco+cds), non a caso volati a inizio settimana al prezzo record di 98,5 e detenuti in quantità industriale da hedge funds che hanno tutto da guadagnare a non partecipare allo swap? Anzi, che faranno di tutto affinché lo swap non abbia proprio corso. Quanti fondi è riuscito a consorziare il Bingham Group?

Lo scopriremo domani mattina, nel frattempo un bond greco a un anno paga il 1114% di rendimento e viaggia a un prezzo di circa 20 centesimi (contro i 25-26 teorici in base alle condizioni dell’accordo di concambio), segnale che un nuovo default è già prezzato entro un anno. E alla vigilia dello swap, tanto per confermare il clima di ottimismo, nuovi record anche per i rendimenti dei titoli di Stato a due anni, schizzati per la prima volta sopra il 250% (252,61%) e a 10 anni, che hanno superato la soglia del 40% (40,5%). Domani, forse, scopriremo la loro verità. Più o meno ufficiale. La nostra è incisa a fuoco in queste cifre, incontrovertibili. Se swap sarà, sarà grazie a una truffa orchestrata da Atene, Ue, Bce, Iif e Isda, perché al netto delle sei principali banche greche e dei fondi pensione, se anche questi non avessero nel frattempo venduto i loro bonds, unendo le loro detenzioni a quelle dei soggetti Iif si raggiungerebbe a malapena il 68% di partecipanti. Se sarà swap, sarà truffa: e state certi, il mercato – quello vero – gliela farà pagare a caro prezzo.

 

P.S. Da GoldCore apprendiamo che i regolatori tedeschi, attraverso il Comitato parlamentare sul budget, hanno intenzione di mettere sotto revisione i controlli e la gestione delle riserve aurifere del Paese (3,396,3 tonnellate, pari al 73,7% delle riserve monetarie estere tedesche) da parte della Bundesbank, soprattutto riguardo l’oro conservato a Francoforte, Parigi, Londra e alla Federal Reserve Bank di New York. Reazione ai timori sul debito e allo stato patrimoniale da hedge funds sottocapitalizzato della Bce? O forse solo la quasi certezza che l’eurozona collasserà, portando perdite per la Bundesbank pari a mezzo triliardo di euro, una volta a mezzo il budget annuale della Germania? In quel caso, le riserve d’oro serviranno a supportare la moneta, che sia essa un nuovo euro e un nuovo marco. Vuoi vedere che a Berlino danno più retta a Ron Paul di quanto facciano gli statunitensi?

 

P.S. 2: Alle 17 di ieri, tre ore dopo l’annuncio dell’Iif, ecco un altro colpo di scena: stando a Bloomberg, era già salita al 58% la quota di bonds ellenici che verrà scambiata nell’operazione di swap, grazie al sì della gran parte dei fondi pensione greci (17 miliardi di detenzione). Miracoli ellenici. Anche con le altre banche greche che dicono sì, ricordate, non si supera il 68%: tutto il resto, è truffa.







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