GEOFINANZA/ Quell’asta che tiene l’Europa col fiato sospeso

- Mauro Bottarelli

Giovedì mattina il Tesoro spagnolo tornerà sul mercato per collocare Bonos a 2 e 10 anni: potrebbe essere davvero lo spartiacque della crisi europea. MAURO BOTTARELLI ci spiega perché

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Giornata interlocutoria ma piena di segnali interessanti, quella di ieri suoi mercati. Partendo, però, da un presupposto: l’evento catalizzatore della settimana è fissato per giovedì mattina, quando il Tesoro spagnolo tornerà sul mercato per collocare Bonos a 2 e 10 anni, evento che già ieri ha fatto fibrillare gli investitori e mandato spread e cds iberici alle stelle in mattinata. «Siamo fiduciosi che la Spagna saprà far fronte alla situazione e rispondere alle sfide che ha davanti a sé», ha affermato il presidente della Commissione europea, Josè Manuel Barroso, in una conferenza stampa a Bruxelles: «Stiamo lavorando molto attivamente con le autorità spagnole e siamo fiduciosi, per la determinazione della Spagna nell’affrontare tutte le difficoltà del momento». Tradotto: o Draghi si inventa qualcosa o tempo un mese Madrid arriverà con il capello in mano stile Portogallo.

A confermarlo ci ha pensato a stretto giro di posta proprio il premier spagnolo, Mariano Rajoy, a detta del quale «il governo spagnolo e il suo programma di riforme si sono meritati il sostegno delle istituzioni europee e internazionali». D’altronde, non ci vuole Nostradamus per prevedere guai grossi in vista per Madrid: i prestiti della Banca centrale europea alle banche spagnole a marzo sono saliti a 316,3 miliardi di euro, un dato quasi raddoppiato rispetto ai 169,8 miliardi di febbraio. Trattasi di canna del gas o, se preferite, di dipendenza totale da Francoforte. Ecco spiegato perché, nonostante l’Isda ci avesse messo tutto l’impegno del mondo per distruggere il mercato dei cds attraverso il suo gioco delle tre carte con lo swap greco, ieri il costo per assicurarsi dal rischio di default della Spagna attraverso i credit default swaps ha toccato il nuovo record storico di 521 punti sulla piattaforma Cma.

Ma c’è poco da ridere, a livello di contagio: in deciso rialzo anche i cds sull’Italia a 443 punti, ai massimi da tre mesi. Paradossalmente, cds alti significano spread contenuti nel breve: se infatti il nostro spread sul Bund ieri aveva preso 17 punti base nella prima fase di contrattazione, salendo dal 379 dell’apertura al picco di 396, è stato proprio l’attivismo sul mercato dei cds a ricomprimerlo un po’ nell’area mediana – pur sempre allarmante – dei 385 punti base, per poi scendere ancora, mentre le Borse beneficiavano del dato Usa sulle vendite al dettaglio. Insomma, non faccio partire la sell-off obbligazionaria per due motivi: primo, attendo l’asta di giovedì. Secondo, compro cds a copertura del rischio. Per ora, però, perché le 48 ore che ci dividono dall’asta madrilena potrebbero essere poche per studiare contromosse, a fronte di mercati che già hanno strategie molto chiare verso Italia e Spagna.

JP Morgan, ad esempio, si è data paletti fissi per l’evoluzione della crisi spagnola: se il rendimento del decennale toccherà quota 6,50% – questione di ore con questo andazzo, ieri il rendimento del Bonos a 10 anni ha chiuso a 6,07% – la Bce potrebbe decidere una riattivazione degli acquisti sul mercato secondario attraverso il programma Smp, mentre toccata quota 7,50% di rendimento si darà vita alla terza asta Ltro a 3 anni nel mese di maggio-giugno. E qui, sorgono i primi dubbi: non è che a fronte dell’intransigenza tedesca, qualcuno suoi mercati – vedi banche europee – sta mandando in orbita gli yields spagnoli proprio per ottenere nuova liquidità dalla Bce?

Insomma, il consensus sui mercati è chiaro: senza altri soldi di Francoforte, la Spagna finisce in fretta come la Grecia. Draghi dal canto suo deve fare i conti con la Bundesbank – non pensiate che l’attacco contro la Banca centrale tedesca scagliato domenica dal ministro Passera ospite da Lucia Annunziata sia stato casuale – e necessita di una situazione di emergenza per poter agire. Una cosa è certa, lo snodo è di quelli che devono far paura. Le indicazioni sul brevissimo periodo di molte banche d’investimento parlano chiaro: restare short sui periferici con uno stop sul decennale spagnolo a 5,75% e un target a 6,25% o 450 di spread, punto oltre il quale chiudere lo short proprio per “timore” di una risposta politica e monetaria. Inoltre, partire dal presupposto che le banche spagnole hanno poco margine di intervento sul mercato obbligazionario senza nuovo capitale della Bce e vanno incontro a redemptions che vincoleranno gli impieghi: unite a questo il fatto che il fondo Efsf non sarà utilizzato per acquisti di bonds e che la stessa Bce non potrà usare facilmente il Smp ed ecco giunti alla raccomandazione finale, ovvero chiudere l’overweight Italia contro la Spagna dopo l’asta di giovedì.

Si specula sul brevissimo, in attesa però dell’evento politico e finanziario che cambierà il quadro e che non tarderà a palesarsi. Siamo poi certi che una riattivazione del programma Smp servirà a qualcosa oppure aggraverà solo la situazione? Pensiamo a quanto accaduto con la Grecia, ovvero il fatto che la Bce non ha subito haircuts sulle proprie detenzioni di debito ellenico, imponendo una perdita massiva alle istituzioni private proprio perché in correlazione con gli enormi acquisti fatta dalle Bce e che non vengono tagliati: insomma, la Bce si è strafogata a tavola e ha fatto dividere il conto agli altri commensali più parchi affinché la cifra raggiungesse l’abbattimento della ratio debito/Pil greca al 120%.

Con la Spagna sarà lo stesso, se non peggio, in caso si arrivi alla ristrutturazione. Visto che, da un lato la non partecipazione della Bce all’haircut renderebbe di fatto nullo l’effetto del programma Smp e dall’altro, solo una volontà di ampliamento dello stato patrimoniale dell’Eurotower fino a contenere l’intero stock di debito spagnolo potrebbe davvero bloccare le tensioni. Possibile? Nemmeno per idea, almeno a mio modo di vedere. Il problema, poi, è aggravato dal fatto che la liquidità della Bce pesa ormai per l’8,6% degli assets dell’intero sistema bancario spagnolo, una percentuale molto vicina al 10% di Grecia, Irlanda e Portogallo! La guerra, quindi, rischia di diventare nel breve tutta speculativa e nel medio periodo, tutta politica (Dio ce ne scampi).

Non a caso, domenica durante un comizio elettorale, Nicolas Sarkozy si è lanciato all’inseguimento del suo principale rivale alle presidenziali, il socialista Francois Hollande, affermando che se rieletto intende «riaprire il dibattito» sul ruolo della Bce e sulla possibilità che operi politiche più attive a sostegno della crescita economica. Ieri, il portavoce del governo tedesco, Steffen Seibert, ha rimandato al mittente la richiesta, affermando che Germania e Francia condividono la necessità di puntare alla crescita dell’Unione monetaria: «Siamo d’accordo sugli obiettivi. Durante una serie di conferenze stampa, Merkel e Sarkozy hanno affermato il loro attaccamento all’indipendenza della Bce». Come dire, il Rubicone di una Bce in stile Fed non potrà essere varcato.

Attenti all’asta di giovedì, potrebbe essere davvero lo spartiacque della crisi europea. Un paio di cose, poi, non me le toglie dalla testa nessuno: primo, a mio avviso ieri pomeriggio la Bce ha comprato Btp e Bonos sul mercato secondario, troppo netto il ritracciamento degli spread anche al netto dei cds in impennata e troppo repentina la risalita dopo pochi minuti di entusiasmo per poi chiudere a 388 punti base. Secondo, a fronte di quanto sta accadendo, ieri l’euro/dollaro a mio avviso era un po’ altino: un bel patto segreto tra banche centrali è in vista o già in lavorazione?

 

P.S. Date un’occhiata a questo grafico: sono le esigenze di capitale delle principali banche europee, un dato che ci dice come – al netto delle aste Ltro – serva un aumento della capitalizzazione media del mercato equity attuale del 30% (120 miliardi di euro solo per i principali istituti per raggiungere livelli accetabili di credit risk e poter tornare sul mercato a finanziarsi).

 

 

Eh già, le aste a 3 anni della Bce non hanno portato capitale, solo liquidità e hanno fatto in modo che i banchieri, per l’ennesima volta, nascondessero la testa sotto la sabbia e rimandassero quegli aumenti di capitale tanto necessari quanto sgraditi a board e azionisti. Come vedete dalla tabella elaborata da Barclays, le banche italiane non sono proprio messe benissimo. E oggi, tanto per gradire, la Bce porterà con sé una bella call sui margini dei prestiti: stante il crollo dei prezzi dei bonds italiani e spagnoli stipati di fresco nei bilanci delle banche iberiche e del Belpaese, potrebbe essere davvero una notizia poco simpatica.





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