IL CASO/ Borghi: italiani più ricchi dei tedeschi? Un trucco per “speculare” meglio

- int. Claudio Borghi Aquilini

Non siamo più ricchi dei tedeschi. E una sorta di patrimoniale, spiega CLAUDIO BORGHI AQUILINI, l’abbiamo già subita; i proventi hanno rimpinguato le casse della Germania

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Prima sembrava che i tedeschi ci disprezzassero trattandoci da poveracci. Ora pare che ci odino perché siamo ricchi. Per lo meno, è questo l’atteggiamento dell’autorevole Der Spiegel. Per il quale l’assunto di fondo consiste nel fatto che i paesi del sud Europa sono pieni di quattrini. Quindi, che si salvino da soli. Come Cipro. Gli italiani, in particolare, vantano un patrimonio – ricorda il settimanale tedesco – di 173.500 euro a testa. Il triplo dei tedeschi. E allora, tanto per cominciare, che la smettano di piangere miseria e i propri imprenditori suicidi. Anzi, per lo Spiegel, l’Italia può uscire dalla crisi e abbattere il suo immane debito «aggredendo la ricchezza dei suoi cittadini». Se le cose stiano esattamente in questi termini lo abbiamo chiesto a Claudio Borghi Aquilini, professore di Economia degli intermediari finanziari presso l’Università Cattolica di Milano.

Sono condivisibili le conclusioni dello Spiegel?

Da questa ricerca risulta che gli spagnoli e i ciprioti sono le popolazioni più ricche dell’universo. E’ evidente, tuttavia, che le analisi sono condotte in maniera del tutto discrezionale. Prendiamo gli spagnoli: fatto 100 il valore di un immobile di proprietà del cittadino medio che, in realtà, vale 20 perché non si tiene conto della bolla immobiliare e del valore effettivo, ecco che la statistica risulta facilmente “truccata”. Non solo: lo spagnolo medio che possiede una casa che, in realtà vale 20, ha pure un mutuo equivalente a 80. Quindi, in realtà, la sua ricchezza è -60. Come se non bastasse, magari, è pure disoccupato, mentre l’economia del suo Paese è senza alcuna prospettiva. Eppure, per la statistica dello Spiegel, risulta a 100.

Parliamo dell’Italia.

Questi calcoli vengono effettuati tenendo conto del valore delle case di proprietà. Ma la ricchezza relativa al possedimento di abitazioni è del tutto illusoria e virtuale. Una casa di proprietà, ad esempio, se coincide con la propria abitazione – come nella maggior parte dei casi – non è fonte di reddito. Contestualmente, ipotizzare che lo diventi laddove fosse venduta, non ha statisticamente alcun senso. Perché la media ideata dallo Spiegel fosse valida, sarebbe stato necessario assumere che tutti gli italiani vendessero la propria abitazione. Ma, a quel punto, non ci sarebbe più alcun acquirente.

Quindi, è vero o no che i tedeschi sono più poveri di noi?

Assolutamente no. Poniamo il caso di un tedesco medio che, effettivamente, da un lato, vive in affitto; dall’altro, tuttavia, ha un lavoro qualificato iper-sicuro, un fondo pensione che lo garantisce da qui all’eternità, uno stipendio decisamente più alto della media dei cittadini europei, e una serie di servizi eccellenti di cui può godere senza dover sborsare ulteriori soldi oltre alle tasse. Ebbene: il fondo pensione, il reddito, il sistema di welfare e servizi di cui usufruisce non sono calcolati nella statistica.

 

Eppure, i tedeschi ci suggeriscono di aggredire la nostra ricchezza per abbattere il nostro debito pubblico.

La patrimoniale l’abbiamo già subita, e si chiama Imu. La sua introduzione è stata giustificata dalla necessità di reperire risorse per sistemare i conti pubblici. Ma quei soldi sono stati utilizzati per contribuire al salvataggio della Grecia (fatta fallire per decisione politica della Germania). La quale, tuttavia, non è stata salvata. Semplicemente, è stato immesso del denaro nelle sue banche. Affinché potessero ripagare i propri debiti. E, guarda caso, i creditori erano tedeschi. In sostanza, i soldi della nostra Imu sono finiti in Germania.

 

Tutto ciò accade mentre in Germania si celebra il congresso fondativo del primo partito anti-euro tedesco

La Germania, dall’entrata nell’euro, è il Paese che ci ha guadagnato di più. Il passaggio alla moneta unica è stato varato in un momento in cui il Paese vantava un surplus commerciale che, per effetto del nuovo corso, ha continuato a mantenere senza essere costretta a rivalutare, mentre gli altri paesi non potevano svalutare. Il gap, che in un sistema normale si sarebbe riequilibrato, ha continuato ad allargarsi. Certo, l’euro comporta anche la necessità di dover destinare dei soldi ad altri paesi. Il partito nasce, tendenzialmente, contro questa ipotesi, contro l’idea di doverci rimettere. Gli attacchi ai paesi del sud, quindi, nascono con l’intenzione di indirizzare il malcontento verso altri colpevoli. 

 

(Paolo Nessi)





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