PIL GRECIA +0,8%/ Petrolio, turismo e banche: Atene si gioca la “ripartenza”

- int. Vittorio Da Rold

A sorpresa il Pil greco cresce nel secondo trimestre: grazie al greggio basso e ai rischi del turismo sulla sponda sud del Mediterraneo. Ma la crisi greca non è finita, dice VITTORIO DA ROLD

Grecia_Bandiera_RagazzaR439 Infophoto - immagine di repertorio

Rieccola, la Grecia. Non quella delle mille luci caduche del 2004 – vittoria agli Europei di calcio e a seguire le seconde Olimpiadi di Atene – ma neppure quella di un mese fa: folle per non essere disperata; “fully short of cash” ma ricchissima di inventiva, di coraggio politico ai limiti dell’incoscienza e dell’irresponsabilità. “Resiliente” a ogni “waterboarding” finanziario da parte dell’Europa berlino-centrica. A sorpresa, l’economia greca torna a crescere nel secondo trimestre. Le stime flash del Pil destagionalizzato hanno registrato una crescita dello 0,8% rispetto ai precedenti tre mesi e dell’1,4% su base annuale. Gli analisti si aspettavano una contrazione dello 0,8%. Il dato del primo trimestre è stato rivisto al rialzo e resta invariato su base trimestrale dopo un iniziale -0,2%. Perciò la Grecia nel primo trimestre evita la recessione: come, perché Dice Vittorio Da Rold, “Greece correspondent” per Il Sole 24 Ore: «Il turismo, che vale il 20% del Pil, va bene grazie a problemi geopolitici dei concorrenti mediterranei dell’Africa del Nord e forse quest’anno ci sarà un record di presenze superiori ai 18 milioni di turisti e perché il calo del prezzo al barile del petrolio ha ridotto il peso della bolletta energetica. A un piccolo paese bastano pochi elementi per risollevarsi. E la Grecia è piccola ma – come ha ampiamente dimostrato – dura a cedere».

Però la Germania continua a tenerla in purgatorio: il cancelliere Merkel ha rinviato l’Eurogruppo che doveva mettere una pietra sopra all’accordo su debito e aiuti…

La Germania fa melina per una questione tattica tutta interna per non dare l’impressione di dare il via libera troppo in fretta ad Alexis Tsipras. In realtà tre crisi europee (Ucraina, Grecia e migranti) tutte insieme sono troppe anche per la Germania della Merkel che martedì si reca in Brasile, un mercato importante ma in difficoltà grave. Se poi aggiungiamo la svalutazione dello yuan cinese ecco spiegato perché Berlino non ha molto spazio di manovra per continuare con politiche di austerità che ormai sono ritenute apertamente inadeguate da Francia e Italia. Le altre crisi alla finestra stanno aiutando a chiudere o almeno a rinviare quella greca.

Quindi per Atene – che sembrava sull’orlo della “soluzione finale” in salsa tedesca – siamo già al game over a favore di Tsipras?

Non penso che siamo a questo punto e credo che neppure il premier greco ne sia onestamente convinto. Nel mio libro “La Grecia ferita”, uscito in primavera, ho provato a raccontare anche le radici strettamente nazionali della lunga crisi del Paese: le responsabilità dei greci e di chi li ha governati sulla situazione nella quale si sono ritrovati. Non credo la partita greca sia finita. La ricapitalizzazione delle banche greche e la scelta di usare o meno in anticipo rispetto al 2016 la direttiva sul salvataggio bancario che prevede il bail-in, cioè la partecipazione di azionisti, obbligazionisti e depositanti non garantiti alle perdite per almeno l’8% delle passività della banca salvata, sarà un nuovo campo di scontro tra falchi e colombe in Europa. Salvare le banche greche facendo pagare i correntisti non garantiti, che in Grecia non sono – come nel 2013 a Cipro – oligarchi russi ma imprese che usano quei soldi per pagare fornitori e salariati, sarebbe un terribile sbaglio.







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