SPY FINANZA/ Il “giorno della verità” per la Bce

- Mauro Bottarelli

Oggi si riunisce il board della Banca centrale europea, che ha intanto fatto conoscere i dettagli sugli acquisti dei corporate bond. Il commento di MAURO BOTTARELLI

Euro_SimboloR439 LaPresse

In questi giorni, com’è giusto che sia, tutta l’attenzione è concentrata sui tragici fatti di Nizza e della Turchia, ma occorre mantenere sempre un occhio attento e vigile a quanto sta accadendo sui mercati. Soprattutto dietro le quinte, ovvero in quella colossale sala trading che risponde al nome di Bce. Ieri, per la prima volta, le varie Banche centrali dell’eurosistema hanno infatti reso noti i bond che hanno comprato all’interno del programma Cspp, quello legato agli acquisti di obbligazioni corporate. Con lavoro certosino, Barnaby Martin di Bank of America si è messo a spulciare tutti i dati, ma si è fermato a controllare con particolare attenzione proprio gli acquisti compiuti in quota parte dall’Eurotower e ciò che è emerso è stupefacente: se l’Europa, intesa come aziende che ne compongono l’economia e necessitano di finanziarsi emettendo debito, sta ancora in piedi è soltanto per la Bce. Punto. 

In solo poco più di un mese di Corporate Sector Purchase Programme, l’istituto di Francoforte ha comprato 458 distinti bonds, di fatto acquistando tutto ciò che è acquistabile e anche di più, perché in alcuni casi è stato violato il principio della capital key non solo per il rendimento ma anche per il rating. Stiamo viaggiando verso il mark di 8,5 miliardi di controvalore mensile, un qualcosa che è semplicemente troppo grande, troppo potente e troppo bullish per gli spread. Insomma, la Bce ha comprato praticamente tutto. Ha comprato credito cosiddetto topic, come i bond di Volkswagen, Glencore ed EdF, ma anche ad alto rendimento come Telecom Italia e Lufthansa e persino estero, come Bunge e Schlumberger (Usa) e Nestle e ABB (Svizzera). Inoltre, ha comprato bond a lunga scadenza, fino a un massimo del 2036 come maturity ma anche a breve, visto che il 35% del totale di obbligazioni acquistate ha rendimento negativo. 

E sapete qual è stata la Banca centrale più attiva? Guarda caso, Bankitalia, la quale ha comprato il 43% di tutto l’universo di bond eligibili, (55 su 127 obbligazioni), mentre la Banque de France si è fermata al 29% (115 su 399 bonds), evitando tra l’altro di comprare emittenti come Alstom e Legrand. Inoltre, la Bce è stata operativa sul primario, acquistando le emissioni di Bunge, Repsol, Asml, Iberdrola, Tennet, Total e Air Liquid. Ironicamente, il nome più popolare sembra quello di Deutsche Bahn, la quale ha visto ben 12 suoi bond acquistati, questo nonostante l’emittente abbia alcuni dei rendimenti più negativi di tutto il mercato investment-grade europeo. Insomma, come vi ho detto, hanno comprato tutto le Banche centrali, il mercato non esiste di fatto più: siamo all’Unione Sovietica obbligazionaria e state certi che quando i bond cominceranno a scarseggiare e i mercati a traballare, si comincerà ad acquistare Etf e poi titoli azionari. Ce lo chiede l’Europa. Per sopravvivere. 

Dall’8 di giugno, la Bce ha comprato 440 bond corporate, circa il 35% della platea di eligibile, da 158 differenti aziende. In testa la già citata Deutsche Banh, seguita da Telefonica (11 bonds), Bmw (10 bonds), Daimler (9 bonds), Eni (9 bonds), Orange (9 bonds), Air Liquuide (8 bonds), Engie (8 bonds), Iberdrola (8 bonds), Total (7bonds) ed Enel (7 bonds). Questo in termini assoluti, ma in termini relativi scopriamo che la Bce ha comprato più bond di altre aziende, con in testa la nostra Snam (7 bonds comprati su 10 eligibili), Deutsche Post (5 su 8), Repsol (5 su 8), Telefonica (11 su 19), Edp (5 su 9), Rwe (5 su 9) e Deutsche Banh (12 su 24). 

Per capire meglio la portata di quanto sta facendo la Bce, giova ricordare che alcuni dei titoli più acquistati – Vw, Glencore, Edf e Repsol – sono bollati come bonds con evento di rischio correlato, mentre altri hanno rating BBB3, come ad esempio Rwe, Metro, Edp, Renault, A2A, Pernod e Ren, tanto che il 55% di tutti gli acquisti ha riguardato bonds con rating nei notches del BBB. Utilizzando le filiali domiciliate in Olanda, come anticipato, anche emittenti extra-Ue hanno goduto degli acquisti della Bce, come gli svizzeri Nestle, Novartis e Adecco, la neo-extracomunitaria Unilever (UK) e le statunitensi Schlumberger e Bunge. 

E attenzione, perché archiviato il caos Brexit, ora proprio le Banche centrali tornano al centro della scena dei mercati e oggi tocca alla Bce, la quale si riunirà per decidere sulle eventuali nuove mosse di politica monetaria che il presidente Mario Draghi potrebbe annunciare. Anche se l’opinione prevalente è che sia tutto rimandato all’incontro di settembre: «È indubbiamente diminuita la probabilità che inflazione dell’Eurozona raggiunga il target del 2% posto dalla Bce nel medio termine e il Consiglio direttivo sta prendendo in considerazione alcune modifiche alla sua configurazione politica mentre ci avviciniamo alla riunione di settembre», ha affermato Adrian Hilton, gestore obbligazionario di Columbia Threadneedle Investments, parlando con Cnbc. Che aggiunge: «Nella conferenza stampa di giovedì (oggi, ndr), c’è attesa per eventuali segnali di un possibile taglio dei tassi di rifinanziamento e sul fatto che la Bce potrebbe modificare il suo programma di acquisto di asset alla luce della diminuzione dei titoli di stato tedeschi disponibili per l’acquisto». Ovvero ciò di cui vi avevo già parlato la scorsa settimana. 

Anche per gli esperti di BofA-Merrill Lynch, i segnali di difficoltà dei mercati dopo la Brexit non sono di tale portata da giustificare subito nuove azioni da parte della Bce: «Mercati che dopo la Brexit hanno dato prova di resistenza daranno alla Bce soltanto lo spunto per accennare a nuovi stimoli che pensiamo arriveranno a settembre. Ulteriori tagli dei tassi e la rimozione del floor del depo sono improbabili». Sono d’accordo anch’io, dubito che oggi Draghi intervenga, ma resta il fatto che il mercato sia conscio di due cose: primo, il cambio delle regole del Qe, la capital key, per ridurre l’effetto scarsità sui titoli acquistabili è un argomento serio. Secondo, anche al netto di un intervento sul floor in negativo per poter continuare a comprare bonds nonostante i rendimenti in calo, quanto potrà andare avanti questa faccenda? Quanto potranno caricare a bilancio la Bce e le varie Banche centrali dell’eurozona prima che l’economia reale possa stare in piedi da sola, al netto di tassi ormai sottozero ovunque? Vogliamo un mondo con il mercato pianificato, senza price discovery e fair value? Spiacente, non è possibile. Almeno, non per sempre. 

Tanto più che, al netto del metadone monetario e dei tassi a zero, la ripresa a livello globale non esiste. Tanto che martedì il Fmi ha incluso l’effetto Brexit nelle sue stime e ha tagliato ulteriormente le previsioni di crescita delle principali economie mondiali. Stando ai dati contenuti in un parziale aggiornamento del World Economic Outlook, la cui stesura originaria era stata diramata in aprile, «nonostante una performance migliore del previsto a inizio anno», la crescita globale per quest’anno e il prossimo è destinata a rallentare sulla scia del referendum in Gran Bretagna che «ha sorpreso i mercati finanziari globali». L’istituto di Washington si aspetta per quest’anno un +3,1% globale, lo 0,1% in meno rispetto ai calcoli di primavera (nel 2015 c’era stato un +3,1% e nel 2014 un +3,4%), mentre nel 2017 è attesa un’espansione del 3,4% e non più del 3,5%. E, come sapete, il Fmi è sempre ottimistico anche quando taglia le stime, quelle percentuali possiamo scordarcele, con l’America pronta a entrare in una nuova recessione e con l’instabilità del voto presidenziale fino a novembre. Per l’eurozona, poi, non scordiamoci eventi di rischio come il voto amministrativo in Germania a settembre e la data clou del 2 ottobre, quando andranno alle urne gli austriaci per il ballotaggio delle presidenziali e gli ungheresi per il referendum sulle quote di migranti e i ricollocamenti. 

Per tutto questo, ritengo che la riunione di oggi del board della Bce sia una delle più importanti di sempre. La reazione dei mercati, infatti, ci dirà molto, moltissimo su quanto ci attende in autunno. 





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