FINANZA E TERRORISMO/ Il Piano Marshall per combattere l’Isis

- int. Mario Baldassarri

Per MARIO BALDASSARRI, serve un grande piano Marshall per il Nord Africa basato su grandi opere infrastrutturali, in modo da spazzare via il brodo di coltura nel quale prospera l’Isis

siria_guerra_aleppoR439 Immagine d'archivio (LaPresse)

«Serve un grande piano Marshall per il Nord Africa basato su grandi opere infrastrutturali, in modo da spazzare via il brodo di coltura nel quale prospera l’Isis». È la proposta dell’economista Mario Baldassarri, ex viceministro dell’Economia e delle Finanze e senatore per due legislature. I recenti attentati, da Orlando a Nizza, da Monaco ad Ansbach, fino a quello avvenuto ieri a Rouen, dove un anziano sacerdote è stato sgozzato, stanno creando molta incertezza in tutto il mondo. Difficile quantificarne le conseguenze sul piano economico, anche se è evidente che turismo e commercio ne risentiranno.

Professor Baldassarri, secondo lei quanto incidono gli attentati terroristici sull’economia?

Gli attacchi terroristici agiscono sulle aspettative, rendono tutti più prudenti e quindi frenano l’economia. L’obiettivo dell’Isis è diffondere l’idea che non si possa essere sicuri da nessuna parte. Gli effetti su commercio e turismo sono negativi, anche se è impossibile quantificarli, e dal punto di vista dei consumi le famiglie stanno più attente. Ancora più grave dell’effetto degli attentati è però la totale mancanza di una risposta da parte dell’Unione Europea. L’Ue dovrebbe fare un salto di qualità dal punto di vista politico, e invece torna indietro come un gambero facendo il gioco dell’Isis.

Di quale risposta ci sarebbe bisogno?

Ci sarebbe bisogno di una risposta europea seria anche a livello di politica economica. Per capitalizzare appieno l’”effetto Draghi”, ci vorrebbe un piano europeo di rilancio degli investimenti e della domanda interna. Un Paese come la Germania che ha un surplus della bilancia commerciale del 7% deve azzerarlo, rilanciando la domanda interna.

Su che cosa si basa l’economia del terrore?

Dal punto di vista economico, il terrorismo si basa su due grandi ipocrisie: l’Occidente compra sotto banco il petrolio all’Isis e gli vende le armi. La conseguenza è che ci sono alcuni “furbi” che stanno guadagnando miliardi di dollari. Non si tratta ovviamente dei governi ma di singoli operatori che vivono nei Paesi occidentali o in quelli alleati degli occidentali, i quali palesemente comprano il petrolio di contrabbando dall’Isis e gli vendono le armi. Il terrorismo e la deriva islamica sono alimentati dall’Occidente. Se si interrompessero i flussi di petrolio e armi l’Isis non durerebbe più di sei mesi. Ma c’è poi un altro effetto collaterale …

Quale?

La guerra in Siria e Iraq aumenta il numero degli immigrati che arrivano in Europa, su cui gli stessi soggetti speculano guadagnandoci una terza volta. Quella che è emersa con Mafia capitale è soltanto la punta dell’iceberg degli affari che si fanno sui migranti.

Come fa il flusso di armi ad aggirare il blocco?

Un’azienda europea fa una commessa diretta a un Paese che apparentemente non c’entra nulla, come il Brasile, e da qui le armi raggiungono la Siria.

 

Sono coinvolte anche aziende italiane?

Questo non lo so, se lo sapessi sarei un mago.

 

Dal punto di vista economico, come si combatte il terrorismo?

Servirebbe un grande Piano Marshall per il Nord Africa basato su opere vere. Per realizzarlo occorrerebbe un allargamento dell’Ue, con un’associazione di tutti i Paesi dal Marocco alla Turchia, passando per Israele e Palestina.

 

Di fatto come funzionerebbe questo allargamento?

L’Europa deve essere costruita a cerchi concentrici. Ci deve essere un nocciolo duro al centro, cioè gli Stati Uniti d’Europa, i quali condividano cinque ambiti al cui interno non esista più la sovranità nazionale. Questi ambiti devono essere: difesa e sicurezza, politica estera, grandi infrastrutture, tecnologia e ricerca, formazione. La scelta di aderire agli Stati Uniti d’Europa deve essere lasciata alla discrezione dei singoli Paesi.

 

E chi non aderisce?

Resta comunque in funzione l’attuale Unione Europea a 27. Quindi ci deve essere un cerchio allargato, cioè l’area di cooperazione economico-finanziaria di Europa e Nord Africa. E’ nell’ambito di quest’area che vanno lanciati i progetti del Piano Marshall per il Nord Africa, che devono riguardare infrastrutture, elettrificazione, formazione, educazione, sanità.

 

(Pietro Vernizzi)





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