FINANZA/ Così la giostra impazzita dell’euro ci farà fallire

- Giovanni Passali

Wall Street continua a far segnare nuovi record, così come il debito pubblico dell’Italia. Per GIOVANNI PASSALI si tratta del risultato di politiche monetarie più che discutibili

Euro_SimboloR439 LaPresse

La scorsa settimana l’indice Usa S&P 500 ha sfiorato quota 2.200 punti, il record di sempre. E cos’ha consigliato Jeffrey Gundlach, fondatore della società di investimento Doubleline Capital, definito dalla rivista finanziaria Barron’s come il “re dei Bond”? “Vendete tutto”. Come mai? Così si è espresso in un’intervista telefonica concessa a Reuters: “Vendete la casa, l’auto e i bambini. Non c’è nulla che sembri in buono stato. L’azionario dovrebbe essere in pesante calo e invece è come se gli investitori fossero ipnotizzati, convinti che nulla possa andare storto”. E come dargli torto? Il pil Usa era previsto al +2,6%, invece risulta essere a un misero +1,2%. E questo nonostante la droga del denaro facile promosso dalla Fed e dal suo attuale governatore, Janet Yellen. Questo finora ha permesso la crescita sconsiderata dei prezzi sui mercati finanziari, nonostante il perdurare della crisi da ormai nove lunghi anni. Ma ha anche abbattuto i rendimenti finanziari, a partire dai titoli di stato.

Questa è una conseguenza naturale della violazione di uno dei principi fondamentali dell’economia monetaria: se si stampa denaro ma la produzione rimane stagnante, il valore del denaro si deprezza. Questo vuol dire che il denaro vale meno e quindi il valore dei beni, anche finanziari, sale. Ma complice la crisi economica, il valore dei beni reali non riesce a salire. E allora sale dovunque il valore dei beni finanziari. E in questa mentalità deformata oggi dominante, nessuno si chiede se la salita delle borse sia vero benessere o piuttosto inflazione, una pesante inflazione.

Tutti i media hanno gioito in questi anni al salire dei mercati finanziari, ma la menzogna non è destinata a durare molto. Siccome l’andamento dei mercati è guidato ormai unicamente dal profitto di chi ci opera, quando tutti si renderanno conto che non si guadagna più a puntare sulla salita dei mercati, allora punteranno sulla discesa e si metteranno a vendere, tutti insieme. E sarà la catastrofe, poiché la massa di denaro in circolazione, grazie alle banche centrali, è enorme e quindi il crollo sarà catastrofico.

Ho detto che se si stampa denaro senza crescita effettiva, il denaro si deprezza. Ed è proprio quello che sta accadendo al dollaro, in costante calo sullo yen giapponese da circa un anno. Nessuno ne parla, ma questa è la fredda realtà dei numeri: dai 125 yen per dollaro dell’agosto 2015 ai 100 di questi giorni, mentre il prezzo dell’oro è passato da 1080 a 1350 dollari per oncia e il prezzo dell’argento è passato da 14,5 a 19,5, sempre nell’ultimo anno, con un aumento di oltre il 34%.

E come mai, con il dollaro così debole, il cambio con l’euro è abbastanza stabile? Semplice. Perché pure la zona Euro soffre di una crisi terribile e perché pure la Bce ha adottato una politica di espansione monetaria estrema, con il famoso bazooka di Draghi e gli 80 miliardi di euro al mese impiegati per l’acquisto di titoli finanziari. Una politica monetaria folle che doveva terminare, nelle intenzioni iniziali, a settembre, ma della quale in realtà ora non si vede la fine.

E il motivo è semplice: la droga monetaria, come ogni droga, porta i suoi effetti collaterali, che nel tempo diventano quelli più significativi. Se ora la Bce si fermasse, vi sarebbe il crollo dei mercati finanziari, il fallimento di tutte le banche (perché se ne fallisce una grossa poi a catena falliscono tutte) e l’apocalisse economica. Con l’euro siamo saliti su una giostra impazzita che nessuno può fermare. E il modello monetario che la Bce di Draghi sta seguendo è quello americano, quindi la fine sarà la stessa. Lo ha chiarito anche il presidente Renzi, proprio un anno fa, durante la sua visita al Meeting di Rimini, affermando che “noi abbiamo un faro, gli Usa”.

A proposito del Meeting di Rimini, il titolo di quest’anno è stato “Tu sei un bene per me”. Pure questo titolo ci richiama al fatto che, tradotto in termini economici, l’altro è un bene per me, un bene pure economico, poiché posso avere uno scambio economico che porti a uno sviluppo per entrambi. Ma se questa è la realtà, allora non ha senso che il mezzo principale per concludere lo scambio economico, cioè la moneta, sia un debito. Oggi questa è la nostra situazione, poiché tutta la moneta in circolazione nasce dalle banche centrali, le quali sono le prime a segnarla nei loro bilanci come un passivo. E loro risolvono questo passivo nel loro bilanci acquistando con quella moneta titoli di stato (e altri titoli), cioè mettendo a posto il loro bilancio, ma trasferendo questo debito a chi prende la loro moneta. Ovviamente la moneta prestata dovrebbe tornare indietro arricchita di un certo tasso di interesse, per quanto modesto. Ma tale interesse non esiste e non può esistere, perché le banche centrali non lo hanno creato e chi prende moneta a prestito per legge non può creare denaro. Il risultato è che chi prende denaro a prestito non può far altro che aumentare il debito (o fallire).

A proposito. Recentemente la Banca d’Italia ci ha fatto sapere che il debito è ancora aumentato, battendo il suo record storico, arrivando a 2.200 e rotti miliardi. Chissà perché. Comunque rimane l’evidenza del fallimento di tutte le politiche economiche e fiscali di tutti gli ultimi governi, perché se non si risolve il problema della moneta debito alla radice (tornando a una moneta nazionale, per esempio), il debito è destinato a crescere inesorabilmente.

“Tu sei un bene per me”: allora la moneta, quando rappresenta questa relazione in senso economico, non può essere un debito.







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