FRANCIA CONTRO ITALIA/ Lo schiaffo a Fincantieri: per loro contiamo meno dei coreani…

- Paolo Annoni

Macron vuole rimettere in discussione gli accordi presi da Hollande con Fincantieri riguardo Stx. PAOLO ANNONI ci spiega il perché di questo atteggiamento del Governo francese

Fincantieri_Nave_Lapresse (LaPresse)

Fincantieri ha chiuso ieri una giornata da dimenticare iniziata con una sospensione per eccesso di ribasso e finita con un calo dell’8,7%. La ragione di questa debacle è una sola: il ministro dell’Economia francese ha dichiarato che o Fincantieri accetta una quota paritetica, al 50%, con il governo francese in Stx France oppure lo Stato eserciterà la propria prelazione sulla società. Tradotto: o accettate le nostre richieste oppure statalizziamo la società e voi italiani non vedete neanche un’azione. La richiesta del governo francese impone, unilateralmente, la cancellazione dell’accordo che era stato concordato con il precedente governo Hollande. L’accordo cancellato tutelava in modo sostanziale lo Stato francese che rimaneva socio al 33% mentre Fincantieri avrebbe avuto il 48% di Stx con le restante azioni divise tra la francese Dcns, al 12%, e la Fondazione CR Trieste al 7%. La Francia ha stracciato un accordo semplicemente perché gli azionisti italiani avrebbero avuto un po’ più del 50%; il principio è che non deve esistere che i francesi perdano il controllo delle loro aziende.

Questi sviluppi sono talmente incredibili che ieri l’amministratore delegato di Fincantieri ha dichiarato: “Siamo italiani, siamo europei, e su Stx France non possiamo accettare di essere trattati meno dei coreani”. Ma è proprio questo il punto. I coreani verranno sempre trattati meglio dai francesi degli italiani per la semplice ragione che non sono loro diretti concorrenti. L’acquisto da parte di una società asiatica di una europea in ottica di tutela degli investimenti e dell’occupazione sarà sempre un’opzione migliore perché una società coreana avrà per forza bisogno di un minimo di centro direzionale e di “testa” in un mercato così diverso e distante. È lo stesso motivo per cui la Grecia preferisce parlare con i cinesi sui porti che con i tedeschi che sono i loro diretti concorrenti; ma in questo caso l’Europa si muove per impedire l’affare per tutelare gli interessi tedeschi che sono in contrasto con quelli greci. Invece nessuno in Europa si muoverà per impedire alla Francia di stracciare un accordo già firmato con l’unico scopo di impedire che un’azienda italiana abbia più del 50% di un’azienda francese.

Questo avviene mentre a un raider francese, Bollorè (Vivendi), è concesso di diventare il primo azionista di Telecom Italia dando il ben servito all’ad italiano, e di tentare una scalata a Mediaset. Ultimi episodi di una lunghissima serie di fatti che vedono un’ad francese a capo della prima banca e della prima assicurazione italiana oppure aziende francesi lanciare offerte su società “strategiche” (il “food” è un prodotto nazionale) come Parmalat mentre la Francia dichiarava strategica Danone. Poi ci sono gli acquisti del secondo operatore energetico, Edison, di banche, Bnl e Cariparma, di risparmio gestito, Pioneer, e di molto altro.

In questi stessi giorni la Francia incassa pubblicamente i dividendi della vittoria della guerra in Libia fatta con l’unico obiettivo di scalzare Eni e rovinare l’Italia. Diventa ogni giorno più evidente che le istituzioni europee non sono altro che uno strumento con cui i Paesi più forti danno legnate a quelli più deboli per i quali le regole europee sono solo una gabbia. Nessuno in Europa dirà nulla contro una nazionalizzazione fatta dalla Francia esclusivamente per impedire che un’azienda italiana prendesse il controllo. Anche in Italia non si dice nulla. Siamo rimasti gli unici a pensare che esista “l’Europa” e a non accorgersi che in realtà ognuno fa quello che vuole in misura del proprio potere all’interno dell’Unione europea mentre ancora festeggiamo la vittoria del “salvatore dell’Europa” Macron.

Ammettere che certe narrazioni sull’Europa siano e siano sempre state illusioni sarebbe il primo inizio di qualsiasi ricostruzione.







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