LE PAURE DELL’UE/ “Gli anti-europeisti non sono M5s e Lega ma certi burocrati…”

- int. Antonio Maria Rinaldi

In Europa cresce la preoccupazione. Ma la stagione dei diktat e degli zero virgola, dice ANTONIO MARIA RINALDI, è finita. Più condivisione è utile a tutta la Ue e l'Italia deve dire la sua

jeanclaude_juncker_ue_bandiera_lapresse_2017 Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea (LaPresse)

Lo spread e Piazza Affari sull’ottovolante; l’agenzia di rating Fitch che boccia il contratto di governo Lega-M5s con Premier Giuseppe Conte; il leader dei Popolari europei, Manfred Weber, che avvisa “State giocando col fuoco visto l’elevato indebitamento del Paese”; il numero due della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, che invita l’Italia a “mantenere una politica di bilancio ragionevole”; la commissaria Ue al Commercio, Cecilia Malmstroem, che con il nuovo governo pentaleghista alle porte “intravede sul commercio elementi preoccupanti”; Parigi che avverte: “L’Italia rispetti gli impegni europei”; Berlino che spera in un “governo italiano pro-europeo”; i grandi giornali che titolano sui “barbari alle porte” e sul “governo giallo-verde come Weimar”. Non c’è dubbio, la “corona di spine” degli allarmi e degli ammonimenti di cancellerie, istituzioni e media internazionali, preoccupati dal possibile nuovo governo e dal ticket Salvini-Di Maio, fa impressione, tanto è ampia e assillante.

Ma per Antonio Maria Rinaldi, professore di Finanza aziendale all’Università Gabriele D’Annunzio di Pescara, è il segno evidente che la Ue “continua purtroppo a riproporre un copione sbagliato e pericoloso per le sorti stesse dell’Europa”, che sulla sua governance ha invece “bisogno di fare un bel tagliando”. Va bene, ma come si possono tranquillizzare Bruxelles e le altre capitali europee? “L’Italia chiede di essere ascoltata in maniera costruttiva per poter arrivare a modificare regole vecchie di 26 anni, inadatte a fotografare la reale forza di un Paese, e che hanno creato sempre più disagio ai cittadini, non solo italiani”.

Professore, negli ultimi giorni l’Europa ha mostrato crescente preoccupazione sul possibile nuovo governo Lega-M5s. Cosa temono di più: il deragliamento dei conti pubblici, il cambio di politiche europee, la marcia indietro sulle grandi riforme, l’inesperienza del possibile futuro premier?

Mantenendo il suo atteggiamento fatto solo di rimbrotti, la Ue continua a riproporre un copione sbagliato. Lo si capisce dal fatto che proprio per effetto di questo status sono sorti problemi politici e aspre critiche sulla governance europea. Succede ora in Italia, ma è già accaduto prima in Austria, in Francia, in Ungheria o in Polonia, per non parlare della Gran Bretagna, che ha addirittura scelto di lasciare l’Unione. L’insorgere di queste critiche sta a significare che qualcosa non va.

E allora cosa dovrebbe fare l’Europa?

Invece di fare un’analisi seria e anche un po’ di mea culpa, la Ue pensa ancora di presentarsi con la frusta in mano, ma così sbaglia un’altra volta. Le persone sono stanche dei diktat. Oggi il discorso europeo va più orientato verso la solidarietà, la revisione delle regole, perché è il momento di fare un bel tagliando a tutto il percorso di costruzione europea.

Su questo step sono tutti d’accordo?

Sì. E se è vero che l’Italia ha bisogno della Ue, è anche vero che la Ue ha bisogno dell’Italia. Dunque è venuto il momento di sederci al tavolo, di non stare più in cucina o in anticamera, ma di partecipare al dibattito con pari dignità, il che è nell’interesse di tutti i 27 Paesi. L’insofferenza ai diktat viene percepita dai burocrati Ue come una forma di anti-europeismo; in realtà, è la loro cecità rispetto a queste esigenze il vero anti-europeismo.

Negli ultimi giorni si sono susseguiti gli allarmi anche dei grandi giornali stranieri. Per il Financial Times “i nuovi barbari sono alle porte” e “il governo giallo-verde come Weimar”, tanto per citare gli ultimi. Come vanno interpretati questi titoli?

Hanno semplicemente fatto il copia-e-incolla dei titoli già pubblicati nel 2011, senza neppure un minimo sforzo di fantasia. Non hanno capito la lezione, fanno del terrorismo mediatico che non fa che aumentare il disagio. Come per la Ue, non si può andare avanti solo con gli ammonimenti e le minacce. Ripeto: vediamo dove è possibile intervenire per far crescere la condivisione tra gli Stati membri o per modificare tutti quei punti che non hanno saputo tenere insieme i paesi Ue. Perché intestardirsi sullo status quo senza fare nulla per aggiornarlo? Così ci giochiamo il futuro dell’Europa.

Salvini ha cercato di rassicurare Ue e mercati: “Nessuno ha niente da temere”. Come tranquillizzarli?

Finchè l’Italia è “una Repubblica fondata sul lavoro e la sovranità appartiene al popolo” chiunque deve rispettare la volontà degli italiani. Quando l’articolo 1 della nostra Costituzione cambierà, dicendo che “la sovranità appartiene ai mercati finanziari”, cambieremo opinione. Ma lei si immagina cosa succederebbe se qualche esponente politico italiano commentasse l’esito delle elezioni in Germania o in Francia? Ecco perché condivido la posizione del governo austriaco, che ha dichiarato: aspettiamo di vedere prima di giudicare. Anche perché, fino a questo momento, un governo nel pieno dei suoi poteri ancora non c’è e non sappiamo se riuscirà a raccogliere una maggioranza parlamentare. E poi, mi lasci ricordare che l’Italia chiede agli altri partner pari dignità, oggi ampiamente disattesa, e un cambio di paradigma perché non solo è tra i Paesi fondatori dell’Unione, ma è anche la seconda potenza manifatturiera dell’Europa ed è contributore netto per le casse della Ue. Non possiamo più essere considerati di serie B da un’Europa matrigna.

Converrà però che nella bozza del programma Lega-M5s sono previste spese eccessive che possono mettere a repentaglio l’equilibrio dei conti pubblici. Secondo l’ex commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, a fronte di uscite per oltre 100 miliardi sono previste coperture per appena 500 milioni…

Contesto i calcoli di Cottarelli, che sembra dimenticare l’effetto dei moltiplicatori. Se abbandoniamo le politiche di austerità finora seguite e da oggi puntiamo con più decisione sulla crescita, sul rilancio dei consumi interni, lasciando maggiori risorse a cittadini e imprese, tutto questo si rifletterà in un aumento del Pil e del gettito fiscale.

Restano comunque forti dubbi sul rispetto dei parametri di Maastricht, o no?

I parametri del deficit al 3% e del debito al 60% sul Pil, fissati 26 anni fa in maniera aleatoria, sono assolutamente da rivedere. Perché dobbiamo rimanere inchiodati a una fotografia che ritrae una parte, e pure la più brutta, del nostro Paese? Oggi bisogna inserire nel computo anche i debiti privati. Se lo si facesse, la Francia arriverebbe a un debito complessivo pari a circa il 400% sul Pil, ai livelli cioè della Grecia. La forza di una nazione oggi va valutata con altri parametri che non siano il 3% del deficit, il 60% del debito pubblico sul Pil e l’ossessiva insistenza sugli zero virgola.

A preoccupare sono anche le annunciate marce indietro su riforme importanti come la legge Fornero e il Jobs act. Sulla necessità delle riforme insiste anche il presidente della Bce, Mario Draghi. Come non giustificare questi allarmi?

Intanto va premesso che bisogna sempre distinguere tra programmi elettorali delle forze politiche e loro attuazione una volta chiamate a esercitare l’azione di governo. Secondo me, è però giustissimo arrivare a superare, con le opportune correzioni, l’enorme errore compiuto con la legge Fornero. E poi, da che pulpito vien la predica, visto che nelle maggiori istituzioni europee e internazionali si può andare in pensione a 55 anni, e non a 67, come previsto da noi?

Di Maio ha detto: “Lasciateci partire, poi magari ci criticherete”. Secondo lei, la Ue sceglierà la linea del dialogo, per mettere alla prova il governo pentaleghista, o la linea del rigore, per metterlo subito in riga?

La Ue è già proiettata sulle elezioni del 2019 e io mi auguro che, con lungimiranza e intelligenza, scelga fin da subito la via del dialogo, rimettendo al centro le esigenze dei cittadini, altrimenti rischia il disastro. Se non lo capiscono ora, i burocrati di Bruxelles lo capiranno tra un anno. Ma non vorrei che alle prossime elezioni europee i cittadini della Ue arrivassero a scegliere una via rivoluzionaria, perché ciò rischierebbe di buttare a mare tutto ciò che di buono ha comunque garantito la costruzione europea.

Oggi la Commissione Ue presenterà le raccomandazioni ai 27 Paesi e il rapporto sul debito. Che cosa deve aspettarsi l’Italia?

Sicuramente molto peggio di quel che ragionevolmente dobbiamo aspettarci. La linea al momento mi sembra quella. Ma è miope, perché se l’Italia può giocare un ruolo forte, così come le compete, la prima ad avvantaggiarsi sarà proprio tutta la Ue. Non possiamo sempre fare la parte del bocciato permanente, è una situazione mortificante, meritiamo di più. E una nuova governance europea è nell’interesse di tutti i 27 Paesi.

Con quale atteggiamento il nuovo governo gillo-verde dovrà presentarsi ai colloqui e agli appuntamenti con l’Europa?

Il nostro dovrà essere un atteggiamento costruttivo, improntato all’estrema collaborazione, alla sincerità e alla massima trasparenza. Non chiediamo la luna, ma con fermezza e disponibilità al confronto dobbiamo portare al tavolo dell’Europa esigenze che sono più che legittime.

(Marco Biscella)





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