SPY FINANZA/ Balla sovranista: spacciare per miracolo una Cassa del Mezzogiorno globale

- Mauro Bottarelli

Nei vari Paesi in cui sono state applicate le soluzioni tanto care ai keynesiani non hanno avuto effetti sul Pil. Mentre hanno gonfiato di profitti le élite finanziarie. MAURO BOTTARELLI

donald_trump_15_davos_lapresse_2018 Donald Trump (LaPresse)

Non so se ieri avete letto l’intervista al professor Rinaldi pubblicata dal Sussidiario. Se non lo avete fatto, fatelo ora: è davvero istruttiva. Primo, vi spiega cosa vi aspetta. Secondo, è la plastica dimostrazione di come i cosiddetti sovranisti, una volta diventati forza dominante, abbiano assunto le sembianze di quel mainstream che per trimestri e trimestri hanno criticato, caricandolo di ogni nefandezza possibile ed esponendolo al pubblico ludibrio.

Non entro nella questione del debito italiano e della disperata operazione da piazzisti di pentole anti-aderenti in atto fra Conte, Savona e Tria rispetto alle piste statunitensi, russe e cinesi, perché vi ho già detto che ormai la linea di governo è quella delineata in tempi non sospetti da Giancarlo Giorgetti: pregare che la Bce prosegua in qualche maniera e sotto qualche altra forma, vedi lo swap sulle scadenze dei titoli di Stato che ha in pancia, il Qe. Non lo escludo affatto, perché temo che occorrerà presto “immunità di gregge” per l’Europa, stante la campagna anti-tedesca portata avanti da Donald Trump e che vede negli intellettuali come Rinaldi delle valide quinte colonne in seno alla Ue.

Contenti loro, non sarò certo io a stracciarmi le vesti, se vorranno suicidarsi politicamente ed economicamente: il mio conto corrente non arriva quasi mai al traguardo delle tre cifre di fronte alla somma depositata prima della virgola dei centesimi e non ho mai investito nulla in vita mia. Quindi, egoisticamente sono il classico personaggio che di certo non teme l’arrivo della Troika: paradossalmente, anzi, una bella opera di pulizia di sprechi e privilegi potrebbe solo giovarmi, certamente non arrecarmi danno più di quanto il mondo statalizzato dei vari Rinaldi non abbia già procurato finora. Quando interrogato sulla ricetta per rilanciare il Paese, il professore non ha dubbi: “Investimenti pubblici e privati che portino crescita… Gli Usa, del resto, come sono usciti dalla crisi? Investendo!”. Balle, professor Rinaldi. Gli Usa sono usciti dalla crisi, se si può definire uscito dalla crisi un Paese che si vanta di avere l’economia più forte del mondo e contemporaneamente oltre 40 milioni di cittadini che godono dei sussidi alimentari (Food stamps), grazie a sussidi statali e federali, ancora oggi in atto, come mostra il grafico qui sotto.

Una politica che Obama ha varato come emergenziale verso il settore strategico delle automobili e che poi, lentamente ma inesorabilmente, è diventata la norma per l’intera economia: ecco la patria del libero mercato! Un Paese dove, in ossequio a questa logica, trovate stazioni di polizia di paesotti dell’Idaho con sei agenti e nove auto di servizio, nemmeno in Csi!

Ecco la grande ricetta di Rinaldi e di Trump, dei sovranisti, la famosa buca di Keynes da scavare e poi ricoprire, tanto per far credere alla gente di avergli trovato un lavoro: spacciare per miracolo economico un’enorme Cassa del Mezzogiorno globale. La quale, oltretutto, essendo fallace di principio, per fingere di funzionare ha bisogno del sostegno parallelo di operazioni di stimolo monetario come i vari Qe succedutisi dalla crisi Lehman in poi, ovvero un’inondazione di dollari a costo zero che ha avuto come unico risultato concreto sapete cosa? Questo.

Ovvero permettere alle élite finanziarie di Wall Street di fare vagonate di soldi con rialzi dei corsi azionari pressoché assicurati e automatici, non a caso l’S&P 500 ha appena festeggiato il mercato del Toro più lungo di sempre e il Nasdaq ha sfondato per la prima volta quota 8mila punti, mentre guardate il Pil dei vari Paesi che hanno applicato le ricette tanto care ai keynesiani e sovranisti alla Rinaldi dove è: a zero, praticamente, a fronte della messe di denaro pubblico buttata al vento e finita per ingrassare bilanci di banche e multinazionali.

Ma guai a dirlo, altrimenti sei un servo della Merkel o, peggio, un seguace della Scuola austriaca, quella che a detta dei Rinaldi nemmeno esiste. Signori, svegliatevi, perché questi vi portano dritti alla rovina. E, come dimostra il secondo grafico, le élite che dicono a parole di combattere sono ben felici della piega che hanno preso le cose con la crisi del 2008, perché ha garantito loro profitti massimi con il minimo sindacale di sforzo.

Ovviamente, un quadro di distorsione simile ha bisogno di un forte principio fondante di do ut des per funzionare ed essere accettato socialmente e politicamente: quale? Semplice, quello che nei fatti sta invocando il “governo del cambiamento” attraverso gli interventi e le interviste di Giancarlo Giorgetti: calmierare artificialmente lo spread sovrano, sopprimere a colpi di doping delle Banche centrali il concetto di rischio connesso al debito pubblico. La “garanzia”, come la chiama un sodale di Rinaldi, il buon Claudio Borghi. Che dire, non vi paiono personaggi usciti da quello spot pubblicitario in cui si imputa al protagonista di voler “vincere facile”?

E cosa ha portato questa ricetta, applicata a livello globale a partire dal 2009 in poi? A nulla, solo all’arricchimento dei soliti noti attraverso lo schema Ponzi di un mercato azionario completamente in bolla e dominato da manipolazioni e circoli viziosi come quello fra emissioni obbligazionarie con il badile, tutte ovviamente assorbite dalle Banche centrali a qualsiasi prezzo e con qualsiasi rating di credito, i cui proventi vengono poi utilizzati per buy backs di titoli, in modo da tenere alte le valutazioni degli stessi, abbassare il flottante e, cosa più importante di tutti, staccare dividendi e bonus.

Ma si sa, il nemico mortale, il veleno che sta uccidendo l’Europa contro cui questo governo si scaglia quotidianamente, senza nemmeno sapere di cosa sta parlando (e di quanti soldi dia e riceva in realtà), è il surplus tedesco e la loro ossessione weimariana per l’inflazione. In tal senso, lascio che parli questo straordinario articolo del professor Enrico Colombatto, docente di Economia all’Università di Torino, pubblicato l’altro giorno su Il Sole 24 Ore: leggetelo, attentamente. Poi provate a riflettere sulla vostra quotidianità e su quella di chi, ogni giorno, combatte per mantenere in vita e prosperare una piccola o media impresa che non può beneficiare dei soldi facili dei vari Qe delle Banche centrali, ma che è costretto a fare i conti con l’aggravio che quelle politiche hanno finora comportato, come ci ha mostrato il grafico. Ovvero, tutto guadagno finanziario e zero per le economie reali. Poi ditemi se la ricetta è quella del professor Rinaldi o se avanti di questo passo non stiamo soltanto lastricando le porte per l’inferno economico.

È semplice, basta ragionare e provare a mettersi nei panni di chi lavora, invece che perdersi in elucubrazioni economico-intellettuali da salotto tv. E poi vi chiedete perché in due mesi chi investe il suo denaro ha scaricato 72 miliardi di controvalore in BTp? Voi cosa fareste, di fronte alla prospettiva del reddito di cittadinanza o di una flat tax talmente flat da prevedere, già oggi, tre scaglioni di aliquota?

Ve lo ripeto, io da perdere non ho niente, perché arrivo giusto giusto a fine mese con quello che guadagno. Quindi, ciò che vi dico non è viziato in alcun modo da interesse di parte, tantomeno politico, visto che il 4 marzo scorso nemmeno ho votato. Pensateci su, io mi prendo qualche giorno di vacanza, perché il mese di agosto è stato massacrante e, come molti di voi sapranno, il mio 2018 nel complesso decisamente impegnativo. Ci risentiamo attorno al 10 settembre, statemi bene. E attenti alla propaganda facile di chi ha ricette prêt-a-porter: solitamente, hanno il trucco. E, soprattutto, la fregatura incorporata. Ad maiora.





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