SCUOLA/ La vera “autonomia”? Puntare sull’umanità degli studenti…

- La Redazione

Se ci si ferma all’immagine che dei giovani d’oggi danno le statistiche è inevitabile affidarsi a programmi prefabbricati e a un’educazione conformista. Ma, spiega GIANNI MEREGHETTI, la questione educativa consiste nel far emergere allo studente un’autentica passione per la realtà

scuola_alunni_aulaR375_25ago08 Immagine d'archivio

Il documento della CDO “Una scuola che parla al futuro” ha tanti punti di forza sui quali si può ragionevolmente costruire una scuola che sappia rispondere all’emergenza educativa di cui tanto si è parlato in questi anni. Tra questi punti di forza ve n’è uno che è decisivo, è la scelta di puntare sui giovani. Infatti nel documento si legge: «i giovani europei tra i 15 e i 25 anni sono diversi da come appaiono. Uno sguardo appassionato alla loro umanità permette di sorprendere, nelle forme talvolta contraddittorie con cui si esprimono, la tensione impetuosa e bruciante verso la comprensione delle cose, il desiderio di capire il rapporto tra la loro vita e la totalità che li circonda». È questa la prima rivoluzione da cui prende già forma oggi una scuola nuova e che è quindi uno dei pilastri su cui edificare il nuovo, è che i giovani non sono quanto le statiche descrivono, ma sono il loro desiderio di infinito, la loro tensione a trovare un attacco positivo al reale, la loro spinta al perché che rende tutto degno di essere vissuto.

La scuola del futuro è possibile solo puntando su questa ricchezza umana che ogni giovane porta dentro di sé. Che questa non sia una nuova ideologia, che questa non sia l’ennesima illusione di chi non vuole omologarsi al pensiero dominante non è una statistica più sofisticata a dirlo né un’indagine più seria, perché lo si può dire solo in forza di un’esperienza. È quello che accade ogni giorno a scuola a rendere ragione dell’affermazione contenuta nel documento della CDO e che invita a guardare positivamente i giovani. Che cosa accade ogni giorno a scuola? Una cosa molto semplice, che quando uno studente si trova davanti un insegnante che punta su di lui, che lo sfida ad essere libero, che prende sul serio la sua umanità, prova lui stesso un sussulto, come se gli accadesse qualcosa di non previsto, di non-normale, e comincia ad avere a cuore il suo “io”, comincia a prendere coscienza del desiderio che lo costituisce. Questo accade, come del resto accade un abbruttimento dell’umano, un decadere lento nella noia, laddove uno studente si trovi davanti o degli insegnanti che vogliono solo dei bravi ripetitori delle loro conoscenze o degli insegnanti che non danno nulla. La realtà non è quella che le statistiche descrivono, la realtà sta in quello che accade, e il mondo della scuola evidenzia la presenza di un’esplosione dell’umano a segno che questa tensione in ogni giovane c’è, chiede solo di essere colta, riconosciuta, tirata letteralmente fuori dalle macerie sotto cui soffoca. Macerie provocate dalla disintegrazione dell’io che il relativismo dominante ha prodotto, fino ad attentare al compito stesso dell’educazione. La scuola del futuro è allora la scuola che si costruisce a partire da questa esplosione dell’umano, puntando su questa umanità che c’è. E la strada è una sola, è la stessa che permette oggi di sorprendere in tanta desolazione un sussulto di verità, un impeto di bellezza, una energia di dedizione al bene: è la presenza di adulti che per la loro umanità guardano i giovani, uno ad uno, con una “simpatia totale”. Si realizza così quanto auspicato da Benedetto XVI nell’Enciclica “Caritas in veritate”. In merito all’educazione il Papa ha infatti scritto. «Una solidarietà più ampia a livello internazionale si esprime innanzitutto nel continuare a promuovere, anche in condizioni di crisi economica, un maggiore accesso all’educazione, la quale, d’altro canto, è condizione essenziale per l’efficacia della stessa cooperazione internazionale. Con il termine “educazione” non ci si riferisce solo all’istruzione o alla formazione al lavoro, entrambe cause importanti di sviluppo, ma alla formazione completa della persona. A questo proposito va sottolineato un aspetto problematico: per educare bisogna sapere chi è la persona umana, conoscerne la natura. L’affermarsi di una visione relativistica di tale natura pone seri problemi all’educazione, soprattutto all’educazione morale, pregiudicandone l’estensione a livello universale. Cedendo ad un simile relativismo, si diventa tutti più poveri, con conseguenze negative anche sull’efficacia dell’aiuto alle popolazioni più bisognose, le quali non hanno solo necessità di mezzi economici o tecnici, ma anche di vie e di mezzi pedagogici che assecondino le persone nella loro piena realizzazione umana». Adulti che sanno chi è la persona umana, che conoscono fino in fondo il suo bisogno, chi condividono le esigenze costitutive dell’uomo, è di questo che i giovani hanno bisogno per ritrovare il loro “io”. Sulla certezza che l’umano sia snidato dall’umano si fonda allora la scelta di una scuola dell’autonomia, perché l’autonomia è semplicemente la scelta di costruire la scuola non su una immagine perfetta che se ne ha, ma sull’esplosione umana che accade dentro una classe, dentro il legame che si crea tra un insegnante e i suoi studenti, dentro un’ora di lezione, dentro un gruppo di insegnanti che ha a cuore la professione, dentro la domanda di un genitore. Questa è l’autonomia, che si cominci a puntare sull’umano e sulla libertà che lo costituisce

(Gianni Mereghetti)







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