SCUOLA/ Agli italiani è piaciuta la riforma dei licei?
17 maggio 2010 Luisa RibolziFoto: Imagoeconomica
Da ultimo, non è possibile dire se e in che misura, al momento delle iscrizioni, in tutte le località fossero effettivamente disponibili tutte le opzioni, e questo condizionerebbe una quota di scelte, inquinando la “popolarità” di determinati indirizzi, soprattutto interni (non cioè tra licei e istituti tecnici, ma fra i diversi indirizzi degli uni e degli altri). Ciò posto, e rinviando quindi ai dati che saranno disponibili in ottobre per un confronto “sovrapponibile”, è però possibile individuare alcune tendenze:
Il riordino dei licei ha avuto effetti positivi: nel complesso aumentano del 3,4%, con variazioni interne più apparenti che reali. Il liceo delle scienze umane perde nella versione tradizionale, ma aumenta nell’opzione economico sociale, restando quasi invariato (+0,2%); il liceo scientifico complessivamente guadagna, perché compensa le ridotte perdite della versione tradizionale (-0,5%) con l’aumento dell’opzione scienze applicate (+1,7%), che probabilmente riduce la popolarità degli istituti tecnici tecnologici, sostanzialmente stabili (-0,1%); crescono il linguistico e il classico, di pochissimo l’artistico, mentre la quota dei licei coreutici e musicali è fissata dal numero chiuso;
Tra gli istituti tecnici cala il settore economico, benché sia quello su cui è più elevata la domanda delle imprese, ma come si è visto è in forte crescita il liceo delle scienze umane a opzione economico sociale. Ci si chiede se ci sono anche ragioni strutturali, oltre al fascino a quanto pare immarcescibile della parola “liceo”. Il settore tecnologico conserva le sue posizioni, con un ridottissimo calo dello 0,1% ampiamente compensato dal liceo scientifico delle scienze applicate. Una disaggregazione territoriale per i filoni scientifico e tecnologico (includendo quindi sia istituti tecnici che licei) mostra che cresce sul totale degli iscritti in tutto il paese, con la sola limitata eccezione del Centro, dove resta stabile, e delle Isole, dove diminuisce di mezzo punto percentuale.
Calano gli istituti professionali, dello 0,6% nel settore dell’industria e artigianato e dell’1,6% nei servizi: questo dato richiederebbe un’analisi ben più approfondita, perché andrebbe esaminato per capire che cosa è successo nelle diverse regioni, qual è il ruolo della maggiore visibilità degli istituti tecnici, quanto viene influenzato dalla debolezza dell’istruzione tecnica superiore. Bisogna però aggiungere che gli istituti professionali sono i destinatari maggiori dei flussi di décalage provenienti da ritiri e bocciature, in cui il numero di studenti iscritti in provenienza da altri tipi di scuola è più elevato, e in cui maggiore è la presenza di ripetenti, per cui il dato di confronto mi pare il meno affidabile di tutti.
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Sono assolutamente d'accordo con quanto scrive Maranzana. Che valore significativo, oltre il puro dato statistico, possono avere scelte che definire fatte al buio è un eufemismo? Sarebbe utile che si riflettesse sulla circostanza che la flessione verso tecnici e professionali avviene in un settore dove certamente il lavoro di riordino è stato più lungo ed organico a fronte di un riordino dei licei che definire affrettato e confuso è, anche qui, usare un eufemismo. Basti ricordare la vicenda dei licei musicali (a giugno, forse, si saprà quanti saranno e nel frattempo per le iscrizioni raccolte che risultassero non accoglibili che si fa?Scende in campo Bruschi a parlare con le famiglie?) o anche il balletto sul Liceo prima scientifico-tecnologico poi delle Scienze applicate per capire che le famiglie hanno scelto denominazioni accattivanti più che indirizzi nuovi di cui si potesse capire realmente natura e sbocchi. Ne riparliamo , perciò, l'anno prossimo. Sempre che la confusione non aumenti.... La vicenda delle adozioni, a questo proposito è assai illuminante: quando un alto dirigente del MIUR, in un'intervista al Corriere, arriva a definire "tentativo di scoop" la richiesta delle Case Editrici di indicazioni necessarie per la programmazione editoriale, è evidente che siamo veramente alla pura propaganda. Nel 2011, si dice, ci saranno i libri digitali. E nel 2010, anno di avvio del riordino cosa usiamo? I manoscritti, le cinquecentine o gli appunti del buon tempo antico?
Non mi appassiona la gara statistica tra i vari percorsi dell'istruzione. Ma Luisa Ribolzi ha condotto la sua analisi con tatto e punta di penna, fuori dai funesti "strilli" giornalistici. L'unica analisi che mi interessa è quella "qualitativa", cioè il numero degli studenti che, dopo il primo anno, confermerebbero la loro scelta, al di là delle difficoltà incontrate. Cosa che ci direbbe molto dell'efficacia o inefficacia dell'orientamento...
Quali sono i criteri in base ai quali sono state fatte le preiscrizioni? In una scuola autonoma, che si caratterizza per la "progettazione formativa, educativa dell'insegnamento", i POF forniscono le informazioni su cui fondare le decisioni, informazioni tuttora assenti nei piani delle scuole, non rielaborati in funzione del riordino. Perché non é stata focalizzata tale inadempienza? Riflettere sui numeri delle iscrizioni altro non è che un sondaggio di mercato che, incurante della qualità del prodotto, ne misura il grado di accoglimento.