SCUOLA/ Ecco come un bambino (non) diventa premio Nobel

- Manuela Cervi, Federico Corni

La scuola italiana divide ciò che è unito, separando la conoscenza formale da quella emotiva. Grave errore. L’esempio della fisica. MANUELA CERVI e FEDERICO CORNI

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Una ragione che si allarghi, che non riduca se stessa entro confini esclusivamente elaborativi e astrattivi (razionali in senso moderno), ha ripercussioni non soltanto – come abbiamo visto – sulla capacità politica, o su quella educativa, ma anche su quella di insegnare e di imparare, cioè di fare scuola.

A titolo esemplificativo vediamolo a proposito della comprensione dei fenomeni fisici. In Italia infatti la Fisica costituisce una disciplina curricolare appannaggio della scuola secondaria superiore, proprio perché se ne concepisce la comprensione nei soli termini delle sue definizioni, dei suoi modelli e delle sue teorie scientifiche, prescindendo da facoltà come l’immaginazione, la creatività, l’ispirazione, la curiosità, il fascino, la passione, lo stupore, l’entusiasmo, ecc., che hanno permesso allo scienziato di formularle, e che permettono al bambino di acquisirle, quando ripercorre in maniera originale la medesima strada della scoperta realizzata da chi lo ha preceduto.

Consideriamo ad esempio il tema dell’acqua come fluido, il suo accumularsi e il suo fluire, fino a quello che viene definito il “principio dei vasi comunicanti” (è già improprio chiamare “principio” alla base di un sistema di pensiero ciò che è solamente un fatto sperimentale limitato ai fluidi, neppure generalizzabile, perché quando si è in presenza di capillari, i livelli non tornano; inoltre il “principio” rimanda a una causa prima – “per il principio dei vasi comunicanti accade che…” – che è fuorviante, perché non è la natura ad obbedire ai nostri principi, siamo noi a tentare di conoscerla).

Durante il periodo prescolare e il primo ciclo della primaria (3-7 anni) un bambino entra nella realtà con una capacità conoscitiva prioritariamente affettiva e con un bagaglio di schemi preconcettuali universali, che gli derivano dall’esperienza che egli fa del mondo attraverso il proprio corpo (strumenti di pensiero elementari che non hanno nulla da invidiare agli strumenti concettuali della scienza; la differenza consiste nella loro formalizzazione e sistematizzazione). E poi, insieme alla lingua che egli eredita, un bambino eredita anche una modalità culturalmente definita di espressione di quegli schemi preconcettuali. È quindi importante che un bambino provi la gioia di fare esperienza dell’acqua con contenitori semplici, con contenitori con fori, con i travasi, accompagnando l’esperienza alla sua espressione linguistica, grafica, motoria, musicale, di finzione e di rappresentazione, ecc. In questa fase la mediazione educativa dell’insegnante sarà tanto più significativa quanto più il bambino si divertirà, gusterà, gioirà degli zampilli dell’acqua, e quanto più riuscirà a esprimere ciò che pensa riguardo alle sostanze fluide, ai contenitori, all’intensità degli zampilli, alla quantità dell’acqua, quanto più cioè riuscirà a farsi intendere, prima ancora di imparare a utilizzare termini lessicali corretti.

Poi nel secondo ciclo della primaria (8-10 anni) il bambino può cominciare a esplorare il mondo utilizzando i primi strumenti dell’alfabetizzazione, messi a disposizione di una capacità conoscitiva ancora largamente affettiva. Le medesime esperienze già vissute da piccolo ora possono essere riguardate attraverso liste, tabelle di misurazione dei livelli dell’acqua, schemi delle gittate degli zampilli, grafici, mappe, disegnando con precisione contenitori, livelli dell’acqua e zampilli, ma in virtù di una didattica che si faccia strumento di un’esperienza estetica e olistica, che arrivi cioè a far percepire il senso di meraviglia per il mistero dell’universo (cfr. Loren Eisley, Kieran Egan, Richard Dawkins, Albert Einstein, Richard Feynmann, Pavel Florenskij, ecc.), come l’esplorazione, la narrazione, piuttosto che l’eroicità dei personaggi. In questa fase la mediazione educativa sarà tanto più significativa, quanto più consentirà al bambino di sperimentare il senso di meraviglia per un fenomeno quotidiano, e di imparare a riflettere sulle relazioni (tra quantità d’acqua e livello raggiunto in diversi contenitori, o tra gittata degli zampilli e livelli dell’acqua rispetto al foro d’uscita, ecc.).

Nel periodo della scuola secondaria di primo grado (11-13 anni) nasce nei ragazzi l’interesse per il mondo in quanto tale, accompagnato dal controllo sui primi semplici strumenti formali (rappresentazione iconica, linguaggio matematico, ecc.), che consentono loro di progettare (e non subire) i primi esperimenti. Il classico esperimento degli zampilli della bottiglia può essere propedeutico a quello in cui un contenitore pieno d’acqua è collegato tramite un tubo a un contenitore vuoto (le diverse intensità degli zampilli suggeriscono le diverse intensità della corrente d’acqua che fluisce nel tubo; la differenza di livello fra i due contenitori è ciò che determina l’intensità del flusso in un senso o nell’altro). In questa fase la mediazione educativa è tanto più significativa, quanto più i ragazzi vengono aiutati a percepire un’oggettività del reale, focalizzando i concetti chiave dell’esperimento e rappresentandolo schematicamente (volume e livello dell’acqua in un contenitore in relazione alla sezione del contenitore stesso, spinta dell’acqua ad uscire data dal livello, intensità della corrente data dalla differenza di livello e regolata dalle caratteristiche del collegamento fra i due contenitori, equilibrio dato dall’uguaglianza fra due spinte).

Solo alla fine, negli anni della scuola superiore (14-18 anni), i ragazzi arrivano progressivamente a una capacità di pensiero critico, prioritariamente elaborativo e astrattivo, e quindi alla formalizzazione e decontestualizzazione degli strumenti concettuali appresi, e alla loro generalizzazione a contesti diversi. L’esperimento dei vasi comunicanti può essere svolto utilizzando strumenti di misura più sofisticati come i sensori on-line, in modo da mettere in evidenza come avvengono i processi nel tempo, attraverso grafici orari ecc. 

Utilizzando strumenti informatici di modellizzazione dinamica con cui rappresentare le quantità in gioco e le loro relazioni, i livelli e i flussi dati dalle differenze di livello, i ragazzi possono uscire dal contesto dei fluidi e riconoscere le analogie e le differenze tra fenomeni in diversi contesti scientifici. In questa fase della crescita la mediazione educativa sarà tanto più significativa quanto più costruirà una capacità critica, diversificando le occasioni in cui utilizzare gli strumenti concettuali a disposizione, e riconoscendo l’analogia concettuale tra l’evoluzione all’equilibrio di vasi comunicanti e corpi a contatto a diversa temperatura, o corpi carichi a contatto a diverso potenziale, o oggetti in movimento che subiscono urti anelastici, ecc.

In sintesi solo il movimento conoscitivo di una ragione che gradualmente si allarga nella scoperta sempre nuova, sempre entusiasmante, sempre stupefacente di un fenomeno è capace di rispettare l’intero processo di maturazione conoscitiva dell’uomo, che inizia ad esempio dal primo contraccolpo divertente e gioioso dell’esserci dell’acqua per arrivare a una robusta capacità critica, che decontestualizza gli strumenti concettuali acquisiti e li generalizza, consentendo così di comprendere il mondo. E imparando a conoscere l’acqua, i ragazzi impareranno un modo di conoscere ogni fenomeno, un modo di conoscere tutto. Non rimane molto spazio al disinteresse e alla noia.





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