SCUOLA/ Se il Tar promuove una bambina che la famiglia chiede di bocciare

- Gianfranco Lauretano

Un caso di scuola totalitaria a Civitanova Marche: la famiglia prega di bocciare la figlia in prima elementare per i suoi gravi ritardi. Niente da fare: promossa. GIANFRANCO LAURETANO

scuola_asilo_bambina_2_lapresse_2016 LaPresse

È una storia particolare quella accaduta una scuola primaria a Civitanova Marche alla fine dello scorso anno scolastico. Una bambina di classe prima con difficoltà di apprendimento e di attenzione indicata come Bes (una delle assurde sigle inutili che infestano la scuola, che significa Bisogni Educativi Specali), viene promossa alla classe seconda nonostante il parere contrario dei genitori, supportato da psicologi ed esperti. I genitori ricorrono contro la promozione al Tar, che dà però ragione alla scuola: niente da fare, la bimba resta promossa in seconda. 

La storia è particolare perché di solito accade l’esatto contrario, con genitori che ricorrono contro le bocciature dei figli, assumendo spesso il ruolo di avvocati difensori di figli fannulloni e viziati. Stavolta il contrario: è successo che in corso d’anno la bimba rivela difficoltà di apprendimento fino alle strumentazioni di base, come l’ortografia elementare, e anche la scolarizzazione è debole, per iperattività e scarsa capacità d’attenzione. I genitori fanno il loro percorso di indagine e decidono, non da soli, che è meglio dare alla figlia un anno in più perché possa, per così dire, riallinearsi ai compagni. La scuola intanto appronta un Pdp (altro acronimo, in questa fiera delle sigle scolastiche: Piano Didattico Personalizzato) concordato con la famiglia in tempi non proprio tempestivi: il 26 aprile scorso, a poco più di un mese dalla fine della scuola. 

Lo so che questa teoria di sigla fa venire il mal di testa a chi non è dentro la scuola (e anche a chi c’è): tradotto per gli esterni, significa che si individuano degli obiettivi ridotti rispetto allo standard e dei metodi facilitati per poter valutare e promuovere anche gli alunni Bes, appunto. Fattosi forte di questo e del carattere di “estrema eccezionalità” che la legge prevede per la bocciatura dei bambini, la scuola si è impuntata per la promozione, ottenendone anche la conferma dal Tar.

Come spesso accade nelle situazioni di scuola, la vicenda ha aspetti kafkiani. È vero, la bocciatura di un bambino di scuola primaria deve avvenire solo per casi estremamente eccezionali e rarissimi; essa non può essere una sanzione per lo scarso apprendimento e neppure per lo scarso impegno, deve invece avere un carattere pedagogico ed educativo. Ma proprio queste caratteristiche tornano nel caso presente: l’unico, vero motivo per cui è meglio bocciare che promuovere sta nella necessità verificata di concedere al bambino più tempo per maturare e raggiungere un livello psicologico adeguato al percorso che deve affrontare. Si aggiunga che non si boccia mai contro il parere della famiglia. Proprio per questo risulta misterioso l’incaponimento della scuola per una promozione che, a dir la verità, il Tribunale amministrativo a rigor di legge non ha potuto far altro che confermare. 

L’appello al Pdp, oltre che tardivo (che diavolo di Piano Personalizzato avranno mai potuto attuare in un mese?), smaschera inoltre una grossa ipocrisia: tutte queste diagnosi, queste sigle, queste valutazioni di cui ormai la scuola è ingolfata, servono solo a rimuovere i problemi senza risolverli. È come se si dicesse: sei un Bes? Bene, ti insegno di meno e ti promuovo lo stesso. Si sappia infatti che la scuola primaria ha ormai risorse scarsissime, orarie e umane, che rendono impossibile realizzare Piani personalizzati, progetti di recupero, integrazioni e tutto ciò di cui dirigenti arrivisti (dal ministro in giù) si riempiono la bocca tutti i giorni e che sarebbero meritorie, certo, se non fosse come voler fare le nozze coi fichi secchi. 

Infine c’è da segnalare la prevaricazione gravissima fatta dalla scuola su una famiglia, con l’ignorare spudoratamente una richiesta educativa espressa con tanto coraggio e addirittura in controtendenza. Armato di un autoritarismo che si espande di pari passo con la sua inefficienza lo Stato dice, non solo in questo caso, che conosce il bene di un figliolo molto meglio della sua famiglia, per poi costringerlo a continuare disarmato un percorso troppo arduo in una scuola che non ha risorse per attrezzarlo.





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