SCUOLA/ Invalsi ed esame di Stato, gli studenti (forse) sono più intelligenti di M5s

- Tiziana Pedrizzi

Il Milleproproghe ha spostato di un anno l'obbligatorietà del test Invalsi per l'accesso all'esame di Stato. Una mossa che potrebbe giovare all'Invalsi e nuocere a M5s. TIZIANA PEDRIZZI

bufale maturità 2022 (LaPresse)

Un fulmine a ciel sereno, ha definito Tuttoscuola il colpo di mano dei parlamentari 5 Stelle che ha infilato nel decreto Milleproroghe il rinvio di un anno dell’obbligatorietà delle prove Invalsi per l’accesso all’esame di Stato di secondaria superiore.

E’ proprio così? Leggere il programma dei 5 Stelle sulla scuola in proposito dimostra purtroppo il contrario: un insieme di punti di vista ed istanze che negli anni precedenti sono sempre stati portati avanti dalle organizzazioni e dagli insegnanti più radicalmente avversi. Insieme con la richiesta di ogni tipo di provvedimento utile a garantire assunzioni a go-go possibilmente sotto casa, abolizione dell’alternanza scuola-lavoro, etc. Insomma, un paniere di opzioni piuttosto chiaramente connotato, anche dal punto di vista territoriale.

Il fulmine a ciel sereno è piuttosto che la Lega si sia accodata. Non è questo certamente il solo terreno sul quale i due programmi ed i due elettorati stanno sempre più divergendo per l’ottima ragione che rappresentano realtà sociali diverse. Non che la Lega si sia mai sbracciata per le prove Invalsi. Ma non bisogna dimenticare che esse nacquero con il ministro Moratti e che i governi di centrodestra le hanno sostenute, come del resto i governi di centrosinistra, dopo le incertezze del ministero Fioroni che cercò di depotenziarle, ma per una sola annualità. E che al Nord esse non hanno mai registrato un’opposizione significativa e per converso hanno generato forme, magari differenziate, di utilizzo. 

Questione anche di buon senso. Da un lato non c’è paese minimamente avanzato in cui non ci sia qualche forma di valutazione standardizzata esterna, dall’altro fino ad oggi queste prove non hanno avuto un impatto sui destini dei singoli e delle scuole minimamente paragonabile a quello che si registra in particolare nei paesi anglosassoni.

Che questo sia un terreno scottante su cui avanzare lo dimostra del resto la sostanziale limitatezza del provvedimento: l’obbligatorietà viene rinviata, ma rimane il fatto che si tratta di attività ordinaria di istituto e che perciò gli insegnanti vi siano tenuti, che l’impianto ne rimane invariato e soprattutto che il risultato verrà registrato sul curricolo dello studente. Un provvedimento-simbolo insomma, un contentino al proprio (dei 5 Stelle) elettorato nell’attesa di registrare le reazioni e se possibile spingersi verso l’abolizione. La povera scuola sembra proprio ostaggio dei suoi settori più arretrati, come ha giustamente notato il nuovo presidente dell’Anp.

Peraltro gli estensori del provvedimento non hanno forse valutato che esso ha un’ altra faccia. Il rinvio dell’obbligatorietà infatti potrebbe anche essere fruttuoso per consolidare le prove. Non bisogna dimenticare che si tratta del posizionamento più delicato, anche per la possibile ricaduta sulla carriera lavorativa e di studi, che Invalsi opera in un contesto di avanguardia poiché per le prove dopo i 15 anni non esistono — tranne che in parte per la matematica con Timss Advanced — framework internazionali consolidati ed autorevoli. E siamo poi sicuri che questa “licenza di bigiare” riscuoterà un grande successo? I diciannovenni italiani non sono poi così sprovveduti e forse intuiscono che l’assenza dei risultati delle prove Invalsi nel loro Cv forse parlerà di loro da sola e non proprio in senso positivo.







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