SCENARIO/ Il “suicidio” energetico dell’Italia

- int. Gabriele Albertini

Per GABRIELE ALBERTINI, abbandonando il nucleare, l’Italia ha adottato una strategia energetica suicida che risulta penalizzante dal punto di vista economico e priva di vantaggi ecologici

centrale-nucleare Una centrale nucleare (Infophoto)

«Abbandonando il nucleare, l’Italia ha scelto di adottare una strategia energetica suicida. Attraverso due referendum dal forte contenuto demagogico, nel 1987 e nel 2011, è stato imposto il no alle centrali atomiche che risulta fortemente penalizzante dal punto di vista economico e privo di qualsiasi vantaggio ecologico». Gabriele Albertini, parlamentare europeo e membro della commissione Energia dell’Ue, commenta così la situazione italiana nel contesto della strategia energetica europea. Secondo l’eurodeputato, «la Francia ha il grande vantaggio di vendere l’energia elettrica a un prezzo più competitivo del nostro perché la produce attraverso le centrali nucleari e non invece attraverso i combustibili fossili come l’Italia».

Il tema dell’energia ricorre sovente nel Parlamento Ue. Quali sono le questioni più dibattute?

Il centro di tutta la strategia energetica europea risale al 15 dicembre 2011, quando la Commissione Ue ha pubblicato la “Energy Road Map 2050” che rappresenta il testo base di tutta la strategia energetica europea. Il documento delinea una visione a lungo termine che ha lo scopo di “decarbonizzare” il sistema energetico europeo, cioè di azzerare le emissioni di anidride carbonica nella produzione di energia entro il 2050. Una particolare attenzione rivestono gli obiettivi di sicurezza degli approvvigionamenti e di competitività dei costi nella produzione e consumo di energia. Tutte le opzioni tecnologiche sono considerate strumenti fondamentali per raggiungere questi obiettivi di lungo termine.

Perché i divari tra i prezzi energetici dei vari Paesi Ue sono ancora così elevati?

La “Energy Road Map” sottolinea la necessità di una maggiore integrazione nella distribuzione di elettricità. Ciò non riguarda soltanto l’elemento tecnologico delle reti fisse, ma anche le reti commerciali. Se l’energia costa diversamente in un Paese piuttosto che in un altro, è molto più difficile trasferirla in una rete a mercato unico interno. E quindi l’armonizzazione tra costi, vendite e prezzi di energia è uno degli obiettivi fondamentali del piano Ue. Ciò può avvenire facendo in modo che i paesi europei acquistino materie prime combustibili in un’unica modalità, in modo che queste ultime abbiano lo stesso valore per tutti, producendo e diffondendo energia con gli stessi parametri economici.

Come hanno reagito i vari paesi Ue, Francia in testa, alla richiesta di stress test sulle centrali atomiche?

La Francia ha reagito con maggiore attenzione rispetto ad altri, perché quasi l’80% della sua produzione di energia elettrica dipende da fonti nucleari. E quindi a maggior ragione ha interesse a seguire con attenzione queste verifiche della normativa di sicurezza. Al di là di questo elemento problematico, la Francia ha il grande vantaggio di vendere l’energia elettrica a un prezzo competitivo proprio perché ha questa condizione di produzione molto più efficiente rispetto a quella a combustibili fossili. Un kilowattora prodotto con l’energia nucleare costa circa la metà di uno prodotto da combustibili fossili. Quindi il vantaggio economico è palese.

 

In Italia manca una strategia energetica da oltre un quarto di secolo. Qual è la sua posizione a riguardo?

 

Più che mancare una strategia energetica, ne è stata adottata una che definirei come “suicida”. Per due volte, nel 1987 e nel 2011, è stato imposto attraverso un demagogico referendum l’allontanamento dall’energia nucleare, che al contrario negli ultimi anni era stata una delle priorità del governo Berlusconi. Questo comporta il fatto che noi paghiamo l’elettricità il doppio della Francia, che ce la vende per l’equivalente della produzione di otto centrali nucleari, quelle che mancano all’Italia, guadagnandoci sulla differenza tra costo e prezzo. Oltre a ciò l’Italia è dipendente dai valori elevati del costo dell’energia per l’acquisto di combustibili fossili dai paesi che li producono. E soprattutto, è soggetta a tutti i vincoli di stabilità politica che derivano dalla Russia e dai Paesi del Medio Oriente.

 

Le motivazioni del no al nucleare non sono però economiche, ma ecologiche …

Il no al nucleare non comporta nessun vantaggio ecologico, perché l’inquinamento che deriva dalla produzione di energia attraverso combustibili fossili, che sono quelli che veramente inquinano l’atmosfera, rimane invariato. E come se non bastasse il nostro Paese è circondato da centrali nucleari negli Stati confinanti.

 

L’industria europea è in grado di competere con quella di altre nazioni per le tecnologie energetiche?

 

L’investimento in tecnologie per la produzione di energia a costi economici positivi e a danni ecologici contenuti è uno dei grandi scenari del futuro per cui tutte le comunità scientifiche dei paesi del mondo, le elite economiche, i capitali disponibili si stanno impegnando. Tutti i paesi industrializzati competono per la vittoria in questa competizione globale. Per quanto riguarda l’energia nucleare l’Europa non è seconda a nessuno, purtroppo con l’esclusione del nostro Paese, che ha scelto di non cuocere la carne perché nella grotta vicina c’è stato un incendio. E così non avendo scelto l’energia nucleare ci siamo condannati a mangiare la carne cruda.

 

(Pietro Vernizzi)







© RIPRODUZIONE RISERVATA

I commenti dei lettori

Ultime notizie

Ultime notizie