VENEZUELA/ Il risultato elettorale mostra che il Paese è di tutti, non solo di Chávez. Ora serve un’alternativa al Presidente

- La Redazione

Come racconta LUIS UGALDE, i risultati delle elezioni dimostrano che non è stata sconfitta la maggioranza dei candidati governativi, ma lo è stata la pretesa di Chávez di polverizzare, far sparire gli avversari politici, imporsi con i carri armati nelle strade, mettere in prigione gli oppositori e di mantenersi al potere

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«Ora il Venezuela è di tutti» è stato uno degli slogan di successo del chavismo da alcuni anni. Ma adesso, al colmo del potere, Chávez è impegnato a proclamare in tono minaccioso che il Venezuela è suo e questo non viene accettato dai cani traditori o venduti all’Impero.

 

Nonostante la brutalità della campagna elettorale, con l’opportunismo più svergognato e anticostituzionale, e l’uso sconsiderato di risorse pubbliche per la corruzione e la minaccia, il risultato elettorale è stato molto buono per il Venezuela, poiché dice con chiarezza che questo Paese non è di un caporale, né di un partito, né dei militari, ma è di tutti.

I risultati dimostrano che non è stata sconfitta la maggioranza dei candidati governativi, ma lo è stata la pretesa di Chávez di polverizzare, far sparire gli avversari politici, imporsi con i carri armati nelle strade, mettere in prigione gli oppositori e di mantenersi al potere.

Non sono i media europei e nordamericani a far di lui un autocrata – come invece sostiene angustiato -, ma le barbare minacce che lui stesso pronuncia e che vengono trasmesse dai media. La maggioranza dei suoi seguaci e il mondo rimangono sconvolti da ogni serie di insulti, squalificazioni, minacce, abusi di potere e di denaro pubblico.

Il risultato elettorale non è stato brutto per Chávez, ma lo è stato per le sue note propensioni autocratiche. Aveva detto che perdere tre governatorati sarebbe stata una sconfitta per il Governo, per questo perderne cinque, oltre all’amministrazione principale di Caracas, è stato uno schiaffo alla concentrazione del potere e una grande speranza per la democrazia. Chávez ha ottenuto la metà dei voti venezuelani, che vanno bene per governare, ma non per continuare a tenere concentrato il potere; per questo si è sentito sconfitto; senza diffamazioni, brogli e minacce, avrebbe preso il 30-35%, che è comunque molto.

Il Venezuela ha dimostrato di essere più saggio del suo Presidente e di voler vivere in pace, scegliere i migliori delle diversi squadre per avere giustizia sociale e sviluppo, senza perdere libertà e spirito di tolleranza. C’è una buona base per costruire con tutti una società democratica e sociale, e per respingere le scontate intenzioni di tornare alla carica con proposte anticostituzionali di concentrazione del potere e di perpetuazione personale.

Sarebbe bene che il presidente si unisse alla costruzione dell’alternativa democratica, ma non sembra purtroppo possibile. Gli restano quattro anni di governo e il Paese vuole che siano molto diversi dall’insensata e aggressiva campagna elettorale. Con la crisi economico-sociale mondiale e nazionale e lo schiaffo elettorale subito, è il Governo che più ha bisogno di dialogo e riconciliazione per amministrare in un modo accettabile. Il Presidente deve ripetere, e anche accettare, che «ora il Venezuela è di tutti» e solamente lavorando tutti insieme possiamo uscire al meglio da questa tappa finale della sua lunga presidenza (14 anni).

Anche per i politici democratici la sfida non è meno impegnativa, perché se è visibile il successo conseguente alla loro strategia politica ed elettorale, altrettanto visibile è la irresponsabilità e immaturità di molti.

Il Venezuela ha bisogno di pace, dialogo e riconciliazione costruiti intorno a un’alternativa sociale forte nel grande vuoto attuale. Il Governo non può ignorare né opporsi a questa alternativa e gli oppositori democratici devono considerare questo Governo come una realtà dei prossimi anni. Un’alternativa valida per tutti in una situazione così complessa richiede senza dubbio il concorso di esperti. Ma richiede principalmente che questi ultimi e i leader politici ascoltino la voce dei venezuelani, specialmente di quelli emarginati socialmente o politicamente: centinaia di migliaia che sono in esilio all’estero, e milioni che vivono un’esilio nel proprio Paese, nascosti per non perdere il proprio lavoro o la possibilità di sviluppare le proprie iniziative culturali, educative o imprenditoriali, autonome dal Governo; e gli esclusi sono anche, con brutalità e decisioni di parte, le centinaia di interdetti e prigionieri politici senza processo.

Insieme, solo insieme, possiamo affrontare la situazione molto dura del 2009 e andare verso alternative percorribili ed esperienze di successo nella gestione di municipi e governatorati.

Ora il Venezuela è di tutti, non è rosso, ma multicolore e la sua speranza è percorribile solamente con il concorso di tutti, come ha dimostrato la brillante giornata elettorale del 23 novembre.

(Luis Uglade)





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