Dalai Lama: «Pronto a dimettermi»

- La Redazione

Secondo Wen Jiabao i suoi sostenitori «vogliono sabotare le olimpiadi»

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Pechino – Il primo ministro cinese Wen Jiabao ha dichiarato oggi che le violenze che agitano il Tibet da quattro giorni hanno causato pesanti perdite umane ed economiche e punta il dito sulla responsabilità dei sostenitori del Dalai Lama. Wen Jiabao ha detto in occasione di una conferenza stampa che le autorità cinesi hanno agito con la più grande moderazione di fronte ai manifestanti, desiderose di rassicurare la comunità internazionale a soltanto cinque mesi dai Giochi Olimpici di Pechino sui quali pendono minacce di boicottaggio; il primo ministro ha inoltre accusato i tibetani di vole sabotare gli sforzi di Pechino nell’organizzare l’evento sportivo planetario.

Dalai Lama: «Pronto a dimettermi» – Il Dalai Lama, leader spirituale dei tibetani, ha dichiarato di essere pronto a lasciare il suo ruolo di guida se le violenze in Tibet andranno fuori controllo. Lo ha detto oggi durante un incontro con i giornalisti a Dharmsala, nel nord dell’India. Il premio Nobel per la Pace ha invitato oggi i manifestanti alla moderazione ma «se le cose diventeranno incontrollabili, l’unica soluzione sarà quella di dimettermi del tutto», ha detto.

Solo un «forse» per l’accesso ai giornalisti – Il premier Wen Jiabao ha detto inoltre che i giornalisti stranieri potranno recarsi in Tibet «per costatare la situazione» dopo le proteste, ma non ha specificato quando. «Studieremo la possibilità per i media stranieri di recarsi sul posto per costatare la situazione» ha detto il premier senza dare altre precisazioni. Il Tibet è talvolta accessibile ai giornalisti stranieri con un permesso speciale, ma dall’inizio delle manifestazioni, una settimana fa, è scattato il divieto di accesso nel paese.

Testimoni parlano di prigionieri ammanettati – Decine di prigionieri tibetani, ammanettati e con la testa fasciata, sono stati fatti sfilare su autocarri militari per le strade di Lhasa, la capitale del Tibet. Stando a quanto riferito da alcuni testimoni citati dal Times, quattro autocarri con a bordo circa 40 persone, perlopiù giovani uomini e donne tibetani, hanno percorso le principali strade della città, mentre gli altoparlanti rilanciavano l’appello alla resa a quanti hanno partecipato alle proteste di venerdì scorso. Ancora incerto il bilancio delle vittime, con il governo tibetano in esilio che riferisce di centinaia di vittime, mentre per Pechino i morti sono 16.







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