AFGHANISTAN/ Morto un militare italiano a Herat. Altri due in gravissime condizioni

- La Redazione

L’Italia piange ancora un suo militare, caduto in Afghanistan. E’ morto oggi un soldato italiano, a Herat, in un incidente automobilistico, mentre altri due sono in condizioni gravissime.

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L’Italia piange ancora un suo militare, caduto in Afghanistan. E’ morto oggi un soldato italiano, mentre altri due sono in condizioni gravissime. E’ il bilancio dell’incidente che ha coinvolto una pattuglia di un nostro contingente impegnato nella missione Isaf della Nato. Inizialmente si era parlato di tre soldati morti. L’incidente sarebbe di natura automobilistica e sarebbe avvenuto ad Herat nel corso di uno spostamento. Lo ha reso noto un comunicato dell’Isaf che ha specificato come i nomi dei soldati coinvolti «presso le Omlt, le unità preposte all’addestramento dei soldati afghani, saranno resi noti non appena le famiglie saranno state informate». Si tratta del settimo militare italiano morto, nel paese, da inizio 2011, del 42esimo dal 2004. Un triste episodio a pochi giorno dal decimo anniversario dell’inizio del conflitto. Ricorre, infatti, il 7 ottobre prossimo il decennale dell’invasione del Paese.

Il 7 ottobre del 2011 gli Stati Uniti e la Nato attaccarono l’Afghanistan con l’operazione militare denominata Enduring Freedom. Si trattò della risposta, quanto mai repentina e con un immenso dispiegamento di mezzi in pochissimo tempo (tanto che alcuni ventilarono l’ipotesi che l’attacco fosse stato preparato da tempo) agli attentati terroristici dell’11 settembre. Allora, quando la matrice dell’attacco venne identificata nel terrorismo islamista e in Al Qaeda la regia dell’attentato, gli Usa chiesero al regime talebano dell’Afghanistan di consegnare immediatamente l’allora numero uno dell’associazione terroristica, Osama Bin Laden.

Dal ’96, infatti, intratteneva con gli estremisti islamici alla guida del paese rapporti di collaborazione, specie nell’addestramento militare. Gli Stati Uniti posero alcune condizioni inderogabili: i talebani, oltre a consegnare Bin Laden avrebbero dovuto liberare i cittadini stranieri prigionieri, proteggere i giornalisti e i volontari internazionali, chiudere i campi di addestramento terroristi e consentire all’America il libero accesso perché potesse verificare che, effettivamente, erano stati chiusi. I talebani, inizialmente, non risposero direttamente all’America, per non subire l’onta di interloquire con un Paese non islamico; fece da tramite l’ambasciata pakistana.

Risposero che, anche laddove si fosse dimostrato che fosse stato Bin Laden artefice degli attacchi, al limite lo avrebbero processato loro stessi in Afghanistan. A quel punto, l’amministrazione Bush decise di attaccare. L’offensiva iniziale fu sferrata dall’Alleanza del nord ostile dai talebani. Inizialmente gli Usa diedero supporto logistico e aereo. Dopo la conquista di Kabul si intensificò anche il coinvolgimento della Comunità internazionale. Bin Laden, infine, venne ucciso il 2 maggio 2011 da un commando di forze speciali Usa; fu trovato in un rifugio ad  Abbottabad, cittadina residenziale a pochi chilometri da Islamabad, capitale del Pakistan.  

 





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