IRAN/ Teheran, scienziato ucciso in un attentato. Lavorava al programma nucleare

- La Redazione

Stamane Mustafa Ahmadi Roshan ha perso la vita in un attentato a Teheran. Era uno scienziato iraniano che stava lavorando al sito di arricchimento nucleare di Natanz.

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Stamane Mustafa Ahmadi Roshan ha perso la vita in un attentato a Teheran. Era uno scienziato iraniano che stava lavorando al sito di arricchimento nucleare di Natanz. L’uomo stava attraversando in automobile un quartiere situato nella parte nord della capitale, nei pressi dell’università, quando gli attentatori, apparsi all’improvviso in moto, gli si sono affiancati, e hanno posto sulla carrozzeria della vettura un ordigno magnetico, che è esploso all’istante. L’attentato è stato fatto attorno alle 6.00, le 8.30 circa, in Italia. Oltre allo scienziato ha perso la vita un passante, mentre altre due persone che si trovavano all’interno dell’auto sono rimaste ferite. Poi, i due individui in moto si sono dileguati nel nulla. Le due persone a bordo sono state trasportate in due ospedali differenti della città. L’uomo insegnava industria del petrolio e, nell’ambito del progetto di arricchimento di uranio, supervisionava un dipartimento presso l’impianto. Laureatosi circa 10 anni fa in Chimica degli Idrocarburi presso una delle università di Teheran, l’Università Tecnologica “Sharif”, aveva 32 anni. Immediate le accuse contro Israele, in particolare da parte del vice governatore della provincia di Teheran, Safar Ali Baratloo, che per primo l’ha individuata come mandante dell’omicidio: «La bomba magnetica era dello stesso tipo di quelle già utilizzate in precedenza per gli assassinii di altri scienziati, ed è opera dei sionisti». Il 23 luglio scorso era stato ucciso, sempre nella Capitale della Repubblica islamica, un altro scienziato, Daryoush Rezaie, 35 anni, freddato a colpi di pistola, di fronte a casa sua, da due persone in moto. Insegnava all’università e lavorava presso l’agenzia atomica iraniana. Il 29 novembre 2010, inoltre, Majid Shahriari e Ferydoun Abbassi Davani, due degli addetti al programma di proliferazione nucleare, furono fatti saltare in aria con un ordigno situato nei pressi dell’auto in cui si trovavano. Il primo morì. Il secondo rimase leggermente ferito. E, da febbraio, è diventato il nuovo direttore dell’Agenzia atomica iraniana. In molti vedono nell’attentato di stamattina l’ennesimo episodio di una guerra strisciante e segreta tra stati che si sta consumando, probabilmente, per impedirne una alla luce del sole. Da tempo, infatti, la tensione tra il regime degli Ayatollah e le nazioni occidentali è alle stelle. Pochi mesi fa, furono individuati i sicari mandati dall’Iran che, in terra americana, avrebbero dovuto assassinare l’ambasciatore saudita a Washington.

L’Agenzia internazionale atomica, dopo anni di ricerche e verifiche, ha inoltre redatto un dossier in cui afferma che sono concreti i rischi di finalità belliche legate al programma di arricchimento nucleare iraniano. Tra gli ultimi fattori di destabilizzazione, la minaccia iraniana di chiudere lo stretto di Hormuz, attraverso il quale transita un quinto della produzione mondiale di petrolio.





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