CINA/ Mauro: vi spiego l’occasione perduta del “comunismo capitalista”

- Mario Mauro

Il partito comunista cinese ha concluso il proprio congresso senza eccessive polemiche, come il movimento di un ingranaggio ben oliato. Ma è una occasione persa. MARIO MAURO

partito_comunista_sala Foto Infophoto

Mai nella storia il Congresso del Partito comunista cinese ha interessato direttamente l’occidente e l’Europa come quello che si è appena concluso. Come ampiamente preventivato alla vigilia, sarà Xi Jinping ad assumere la guida del Pcc e dell’esercito al posto dell’attuale Presidente Hu Jintao. Nel decennio di Hu Jintao la Cina ha avuto un enorme sviluppo economico, diventando la seconda economia del mondo, davanti a paesi come la Germania e il Giappone. Da qualche tempo tutti noi sappiamo di dover fare i conti con il gigante asiatico. La potenza economica della Cina ci costringe ad affrontare i nostri timori verso un Paese di cui si conosce relativamente poco.

L’Unione europea considera la Cina un partner ideale con il quale sta cercando di sviluppare una profonda alleanza in molteplici ambiti. I rapporti commerciali costituiscono l’asse portante della relazione fra Ue e Cina. Dopo le riforme che ha intrapreso negli anni ottanta, la Cina è diventata una potenza economica mondiale ed il secondo partner commerciale dell’Ue, dopo gli Stati Uniti. Per la Cina è invece l’Europa il primo partner commerciale. L’Ue è il primo fornitore di tecnologie della Cina e uno dei maggiori investitori esteri. L’Unione europea e la Cina stanno rafforzando la loro collaborazione anche nell’ambito della ricerca e dell’innovazione.

Per queste ragioni dobbiamo essere preoccupati dell’evoluzione cinese. Dobbiamo dire con chiarezza quale Cina vogliamo. Quali devono essere i passi avanti di Pechino, non solo economici, per poter diventare a tutti gli effetti una grande potenza che sia una risorsa e non un esempio negativo per il mondo. 

L’Europa, forte di questo rapporto privilegiato, può costituire un interlocutore importante sul piano della democrazia e dei diritti umani. Nonostante le dichiarazioni dei membri del Governo, la Cina non sembra voler cambiare atteggiamento. Lo squilibrio di ricchezza, ad esempio, è impressionante: la Cina si trova in testa alla classifica per la differenza di reddito tra ricchi e poveri. Negli ultimi 10 anni il Pil cinese si è elevato da poco più di 1.100 dollari a quasi 5.500 dollari a persona, ma almeno 110 milioni di persone vivono con poco più di un dollaro al giorno, ben al di sotto della soglia della povertà. Gli alti membri del partito sono invece tutti miliardari.

Sarebbe stato un segnale molto positivo se il Congresso che si è appena concluso fosse stato un evento aperto al pubblico e ai media, anche occidentali. I meccanismi che hanno portato all’elezione del segretario nei 18 congressi sinora avvenuti sono sempre stati oscuri. E’ evidente che i membri del Comitato permanente del Politburo siano coinvolti in trattative segrete, con un livello di corruzione altissimo. E’ molto difficile che il nuovo presidente modificherà spontaneamente la linea di Hu Jintao, che è stata incentrata su un solido primato del Partito comunista e su un controllo capillare della società, senza mai prevedere aggiustamenti all’occidentale.

La repressione sistematica di ogni tipo di opposizione, la negazione della libertà religiosa e la censura che si fa ogni giorno più severa costituiscono una finta soluzione ai problemi: mai potrà essere totalmente assopito, ad esempio, il desiderio di professare la propria fede, o la convinzione che la democrazia sia la strada giusta. Al contrario, la repressione non fa che rendere più viva questa sete di libertà. 

E’ tempo di far comprendere a Pechino che il mancato riconoscimento dei diritti umani e la conservazione del potere con metodi da puro regime stalinista rischiano di mettere a repentaglio anche lo sviluppo economico. La democrazia e la libertà sono infatti l’unica base su cui la Cina potrà costruire uno sviluppo equilibrato, rispettoso della persona e della società.







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