SIRIA/ Mille morti in una settimana, i ribelli pronti alla resa

- La Redazione

Il governo di Damasco rifiuta il cessate il fuoco del prossimo 10 aprile mentre i ribelli si dicono pronti a deporre le armi. Repressione di violenza inaudita: mille morti in una settimana

Siria_Homs_CarriArmatiR400 Carri armati siriani. Foto Infophoto

Il massacro siriano a una svolta? L’Onu ha denunciato quella che ha definito una escalation delle violenze terribile. Secondo fonti provenienti dalla Siria negli ultimi giorni la repressione delle forze armate fedeli al regime di Assad avrebbe causato oltre mille morti. A cui si aggiungono le migliaia di morti da quando è iniziato la ribellione. Una repressione così sanguinaria e violenta che secondo altre fonti gli stessi ribelli avrebbero dichiarato di essere pronti ad arrendersi. Sarebbe dunque questa la svolta a oltre un anno dall’inizio dell’unica rivolta araba a essere soffocata nel sangue, a differenza di quanto successo in Egitto, Libia e Tunisia. Il portavoce dei ribelli avrebbe comunicato l’intenzione di deporre le armi entro il 10 aprile che è poi la data inserita nel piano di pace a cura dell’ONU e della Lega araba, ma sarebbe un deporre le armi unilaterale in quanto il regime non ha nessuna intenzione di fare altrettanto. Il governo di Damasco chiede una garanzia scritta da parte dei ribelli: i gruppi terroristi armati dice una nota del ministero degli esteri devono mettere per scritto che deporranno le armi. Nella stessa nota la dichiarazione che il governo avrebbe ritirato le proprie forze armate era in realtà una spiegazione sbagliata. L’inviato speciale dell’ONU in Siria Annan aveva invece fatto sapere che anche il regime avrebbe applicato il cessate il fuoco e avrebbe ritirato le proprie truppe dai centri abitati il 10 aprile. Il portavoce del ministero degli esteri spiega questa decisione con il fatto che lo scorso gennaio su medesima proposta internazionale il governo aveva ritirato le proprie truppe mentre i ribelli prendevano possesso delle zone lasciate dall’esercito. Un errore, viene detto, che questa volta non si ripeterà. La Francia ha già fatto sapere che quanto deciso dal regime è inaccettabile. Intanto il conto dei morti ha toccato cifre da tragedia. La città di Homs, sotto attacco da settimane, è quella che sta pagando il prezzo più alto. Secondo le fonti dei ribelli, solo nell’ultima settimana sarebbero rimasti uccisi nei bombardamenti da parte dell’esercito oltre mille persone, così tante che non si sa più dove seppellirle. Mentre oltre duecento attivisti sono stati arrestati nelle ultime ore. Inutili tutte le richieste di un cessate il fuoco che sono giunti nel giorno di Pasqua anche dal Papa e dal nostro capo del governo che si trova in visita in Medio Oriente proprio in questi giorni. 

La repressione nel sangue sembra aver dato ragione al dittatore siriano che applicando una violenza senza quartiere e approfittando di qualunque intervento militare dall’estero sta piegando la ribellione nel massacro. 





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