TURCHIA/ Jadallah (giornalista): per noi palestinesi Erdogan non è un modello da seguire

- int. Jamal Jadallah

Per JAMAL JADALLAH, l’Anp di Abu Mazen sta lavorando per la stabilità interna della società palestinese mentre la Turchia privilegia i suoi interessi rispetto alla sicurezza in Medio Oriente

tayyip_erdogan Immagine di archivio

Un altro funzionario dell’Autorità Nazionale Palestinese ha fatto sapere che Ramallah è contraria alla visita del premier turco Recep Tayyip Erdogan nella Striscia di Gaza. La scorsa settimana durante un comizio il presidente del consiglio di Ankara si era detto intenzionato a visitare sia la Cisgiordania, controllata da Fatah, sia Gaza, dove le ultime elezioni del 2006 sono state vinte da Hamas. Ilsussidiario.net ha intervistato Jamal Jadallah, corrispondente da Roma per Wafa, l’agenzia di stampa dello Stato di Palestina.

Per quale motivo l’Anp ha fatto sapere di non gradire la visita di Erdogan?

Il motivo è che l’Autorità di Ramallah sta lavorando per la stabilità interna della società palestinese, mentre i turchi hanno una visione completamente diversa. Il loro obiettivo è perseguire una strategia che privilegia gli interessi di Ankara rispetto alla sicurezza del Medio Oriente. Per l’Anp la priorità è abolire l’embargo cui è sottoposta Gaza, per riunificare le diverse fazioni palestinesi. La nostra visione è quindi ovviamente diversa da quella turca.

Nella striscia di Gaza di recente si sono recati sia l’Emiro del Qatar sia il presidente egiziano Mohamed Morsi. Perché con Erdogan è diverso?

Tra il presidente Abu Mazen e l’emiro del Qatar c’è stato un accordo, in quanto c’è un progetto di Doha per la ricostruzione di Gaza. Anche con l’Egitto stiamo collaborando da tempo. Con la Turchia al contrario non c’è ancora una posizione ufficiale da parte dell’Autorità palestinese, in quanto non c’è una richiesta ufficiale da parte turca.

La visita di Erdogan rischia di dividere anziché di unire?

I commenti sono diversi e le opinioni anche. Alcuni credono che la visita a Gaza darà maggiore credibilità ad Hamas. Per l’Anp invece la visita deve essere a favore della popolazione, e non deve quindi limitarsi a perseguire un obiettivo politico. Il presidente Abu Mazen si muove di comune accordo con la presidenza egiziana, e stiamo parlando con tutti i Paesi arabi per potere alleggerire il blocco israeliano e aiutare chi vive a Gaza. Gli atti politici quindi non ci servono, in quanto abbiamo bisogno solo di gesti di solidarietà nei confronti dei palestinesi che soffrono per l’embargo.

Intende dire che lo scopo di Erdogan è soltanto quello di farsi pubblicità?

La Turchia sta lavorando prima di tutto per avere una nuova spinta nel mondo arabo. Erdogan vede nella visita a Gaza un modo per accontentare la maggioranza musulmana del suo Paese. Tutto deve essere ancora pianificato con la presidenza palestinese, in quanto i rapporti ufficiali devono avvenire tra Erdogan e Abu Mazen.

 

Eppure è stata Hamas a vincere le ultime elezioni democratiche a Gaza?

Non basta vincere le elezioni democratiche, occorre anche essere in grado di governare. L’Anp ha accettato il risultato elettorale, ma poi Hamas ha costruito un governo che è stato boicottato da tutti gli Stati europei. Quella di Gaza del resto è una società che vive sotto l’occupazione israeliana, ed è quindi fragile, condizionata a livello politico sia dal mondo arabo sia da Europa e Stati Uniti. Ogni frazione o divisione vengono ingigantite, più di qualsiasi altro atto, con il solo scopo di non parlare dell’occupazione israeliana.

 

Quindi non è vero che i palestinesi sono divisi al loro interno? 

In tutti gli Stati ci sono una destra e una sinistra, degli integralisti e dei partiti laici, ma questo non equivale alla perdita dell’identità di un popolo. La Lega nord per esempio rivendica l’autonomia da Roma, ma non per questo dobbiamo considerare l’Italia divisa. Quando in un Paese ci sono delle tensioni, a farne le spese è la popolazione, ma ciò non deve arrivare a influenzarne la politica estera.

 

Abu Mazen ha dichiarato che non inizierà i negoziati di pace con Israele senza alcune precondizioni. Non sarebbe meglio trattare senza pregiudizi?

Noi sappiamo che la politica israeliana è molto impegnata nel costruire nuovi insediamenti sui territori palestinesi. E’ il segno del fatto che manca una sincera voglia di dialogare e di arrivare a un accordo. La nostra terra subisce ogni giorno un dolore immenso per carri armati e bulldozer, che distruggono e ricostruiscono obbedendo a un progetto di persone che non hanno niente a che fare con il nostro popolo. L’unico principio su cui si può basare la pace tra le due parti è la creazione di due Stati. Qualsiasi etica politica dovrebbe prendere in considerazione questo principio, se viene a mancare è la dimostrazione del fatto che Israele non ha nessuna intenzione di mettersi intorno a un tavolo.

 

(Pietro Vernizzi)





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